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Le mega-antenne di Radio Vaticana finiscono sotto processo. Cinquantasette tralicci alti cento metri, un tasso di leucemie sei volte superiore alla media. Succede a Santa Maria in Galeria, nella campagna romana. Ma l'elettrosmog stavolta è extraterritoriale: anzi extraterreno, visto che le radiazioni vengono dagli impianti che trasmettono la voce della chiesa cattolica romana nel mondo. La Santa Sede non riconosce la giurisdizione italiana e si rifiuta di consegnare le citazioni ai tre responsabili dell'emittente. Il processo slitta a settembre, ma si farà.
di ELLA BAFFONI
Il cancello sulla Braccianense sembra uno dei tanti
cancelli delle tenute agricole fuori Roma, a Santa Maria in
Galeria. Ma le enormi antenne che s'intravedono dietro le sbarre,
tra le colline verdi, smentiscono ogni speranza bucolica: 57
tralicci alti 100 metri. Sono loro, quelle antenne e i loro
festoni di fili, che il tribunale di Roma sta mettendo sotto
giudizio: ieri, alla prima udienza il giudice Andrea Calabria ha
dichiarato nulla per vizio di notifica la citazione in giudizio
di padre Roberto Borgomeo (direttore generale di Radio Vaticana),
padre Roberto Tucci (presidente del comitato di gestione
dell'emittente), e l'ingegner Costantino Pacifici (vicedirettore
tecnico), fissando le prossime udienze tra sei mesi.
In discussione, un'antica discussione, c'è la forza delle
emissioni di quelle antenne, che da Santa Maria in Galeria
irradiano tutto il mondo. E le conseguenze dirette che quelle
emissioni hanno su chi ci abita vicino. Nel raggio di tre
chilometri da quell'impianto - sostengono gli abitanti - le luci
si accendono improvvisamente (come del resto radio, tv e gli
altri impianti elettrici) anche se il contatore è staccato, e i
citofoni trasmettono pezzi di trasmissioni impazzite. Un
poltergeist maligno, se è percentualmente molto più alto
il numero degli ammalati di leucemia nella zona. "Abbiamo un
figlio leucemico, e un livello altissimo di elettrosmog in casa.
Non siamo noi a dover stabilire il nesso di causa-effetto - dice
Maria Angelone, del comitato "Bambini senza onde" di Cesano -
Abbiamo fiducia nella giustizia, vogliamo che qualcosa si muova:
con questi livelli di elettrosmog, è come se vivessimo in un
forno a microonde". L'azienda epidemiologica del Lazio ha
accertato un tasso di leucemia 6,6 volte superiore alla media di
Roma, 40 morti nel raggio di 10 chilometri. Ma in zona ci sono
anche i radar dell'Aeronautica militare.
Gli impianti
extraterritoriali
Per il principio di precauzione, dunque, sarebbe giusto che le
antenne di Radio Vaticana venissero spostate, o depotenziate. Ma
il tribunale di Roma - che pure è intervenuto per ordinare lo
spostamento di altri ripetitori pericolosi, non può farlo: una
legge dell'8 ottobre del '51, raccogliendo un accordo bilaterale
tra Italia e Vaticano, ha esteso agli impianti di Santa Maria in
Galeria la stessa extraterritorialità di cui gode Città del
Vaticano. Per ridiscuterla, c'è bisogno di un tavolo bilaterale,
di una sede diplomatica che se ne faccia carico. Tempi
lentissimi. E allora? Per poter istruire la causa, i giudici
hanno trovato un escamotage. E i tre responsabili vaticani
dovranno rispondere del reato previsto dall'articolo 674, "getto
pericoloso di cose", intendendo per "cose" anche l'invisibile
emissione elettromagnetica.
Un escamotage, certo: gli uomini del Vaticano non rischiano più
di una multa salata. E' un po' come se da un'ambasciata
(extraterritoriale) un funzionario buttasse dalla finestra una
cassaforte: in casa sua può far quel che vuole, ma non mettere a
rischio la vita e la salute altrui. E se il soglio di Pietro
venisse riconosciuto colpevole di aver creato danni, qualcosa
dovrebbe pur fare, a quegli impianti. Un "qualcosa" di difficile:
sei mesi fa, a detta di esperti, le emissioni delle antenne sono
state abbassate del 65%, e nonostante ciò le emissioni nelle case
sono restate altissime, intollerabili. Dunque, bisognerebbe
radicalmente ripensare tutto il sistema di ripetitori della
propaganda cattolica.
L'ostinata sordità oltretevere
Tutto è bizzarro, in questa storia. All'escamotage del tribunale
il Vaticano ha risposto con un trucco. Le citazioni per i tre
imputati - cittadini italiani, residenti in Italia, ma in quanto
responsabili della radio Vaticana lavoratori all'estero - hanno
seguito la via diplomatica. Ma il Vaticano, non riconoscendo la
giurisdizione italiana in merito, si è ben guardato
dall'inoltrare le citazioni ai tre responsabili. Di qui lo
slittamento del processo a settembre. "Un buon risultato - dice
il pm Gianfranco Amendola - innanzitutto perché il giudice ha
accettato la competenza: il processo si farà, si può fare, in
Italia. E poi perché ha indicato la strada corretta: inoltreremo
le citazioni come se gli imputati fossero residenti all'estero,
tramite cancelleria. E andremo avanti".
Il ministro sarà parte civile
Il ministro dell'ambiente Willer Bordon si costituirà parte
civile perché, ha detto, "ritengo che in questo modo si affermi
al massimo livello il ruolo del ministro dell'ambiente, vigilante
e difensore dell'interesse pubblico in materia di elettrosmog e
delle possibili conseguenze sulla salute umana e sull'ambiente".
La Santa Sede non commenta. Ma, ricorda il direttore dei
programmi della radio incriminata, Federico Lombardi, "la
questione rientra tra gli argomenti di interesse bilaterale,
oggetto di negoziato tra i due stati. Riteniamo debba essere
affrontata a questo livello".
Se il processo prosegue, i comitati che riuniscono i cittadini di
Cesano, Santa Maria delle Mole, Osteria nuova, La Storta, non
nascondono la loro delusione, né intendono aspettare altri sei
mesi. Fanno fatica a capire perché gli uomini del signore
rifiutino di occuparsi delle loro pecorelle più vicine.
Affiancati dalle associazioni ambientaliste e dai verdi, hanno
organizzato recentemente fiaccolate e sit-in sulla Braccianese,
davanti a quel cancello. Il Codacons ha presentato un esposto
contro la santa Sede per "favoreggiamento", Cittadinanzattiva si
costituirà parte civile. Ma "per non incunearsi nei meandri dei
cavilli formali - dice il consigliere regionale verde Angelo
Bonelli - porteremo la questione, insieme alle associazioni a
Bruxelles, davanti al commissario europeo per l'ambiente
Wallström. E' grave che il Vaticano si nasconda dietro
l'extraterritorialità, come se in gioco non ci fosse la tutela
della salute dei cittadini".
Ascoltaci, chiedono anche i cittadini che abitano a fianco degli impianti di trasmissione di Radio vaticana, a trenta chilometri da Roma. "Quelle cinquantotto antenne sono un pericolo per la salute pubblica" sostiene il ministro dell'ambiente Bordon.
di FRANCESCA COLESANTI
Si sono rivolti anche al Santo padre, con una lettera umile, accorata, da fedeli. Genitori, alunni, cittadini di Cesano hanno chiesto al rappresentante di Dio in terra perché il Signore avesse bisogno di far morire i loro figli per evangelizzare i popoli della terra. Dal Vaticano è stato risposto alla "gentile Signora" (madre di una bimba malata di leucemia), in data 4 luglio 2000, che "la situazione di codesta località (Cesano), in cui sono collocate le antenne della Radio Vaticana, ... è allo studio delle Autorità competenti. Cordiali saluti". Un muro di gomma, un muro vaticano, come quello che per chilometri segna il perimetro delle antenne alle porte di Cesano. Con quelle antenne gli abitanti convivono forzosamente ormai da decenni, sempre più consapevoli della loro ingombrante presenza. Se ne parla tra i genitori della scuola materna ed elementare Leonardo Angeletti, si formano comitati, si organizzano giornate di mobilitazione: "Sto pensando di andar via da qui", ci dice una mamma col pancione, all'uscita di scuola, con il primogenito per mano. E una maestra racconta dell'ultimo teatrino organizzato coi bambini per spiegar loro la situazione: "Si faceva un gioco dei ruoli, da una parte bambini-antenne, dall'altra bambini-abitanti".
Il problema è chiarissimo, dice il ministro dell'ambiente Willer Bordon che si costituirà parte civile a fianco degli abitanti di Cesano, Osteria nuova, Santa Maria di Galeria. Chiarissimo: "le antenne di Radio vaticana sono una palese violazione a una legge della repubblica, un pericolo per la salute pubblica. E' mio dovere fare il possibile perché la violazione sia rimossa". La legge sull'elettrosmog va applicata, continua il ministro: a Pescara il colpevole era un ripetore Rai, alla periferia di Roma la Radio vaticana.
Le cifre sono preoccupanti, i casi di leucemia tra i bambini sono sei volte superiori alla media. "Perché il Vaticano chiude occhi e orecchie? La sacralità della vita, di cui il papa innalza continuamente la bandiera, non vale anche a Cesano? Fosse in pericolo anche solo un bambino, quelle antenne andrebbero rimosse".
di RICCARDO BARENGHI
Uno non ci crede quando gliela racconti, bisogna
ripetergliela, giurare che è vera. E' la storia delle antenne del
Vaticano, quelle che trasmettono il messaggio di Dio nel mondo e
che in quel piccolo mondo che vive lì sotto, a due passi da Roma,
lo trasformano, quel messaggio, in leucemie e tumori. Soprattutto
per i bambini, Dio pensa agli innocenti. Nel silenzio generale,
della politica come dei giornali (anche del nostro). Forse perché
di fronte a Dio uno si sente impotente, forse perché quel muro
protegge uno stato estero ma spirituale al quale non è gentile
dichiarare guerra, forse perché abbiamo altro a cui pensare, il
risanamento, l'Europa, Berlusconi e D'Alema, Amato o Rutelli. E
poi il papa ha sempre ragione anche quando ha torto.
Il papa, che fa il papa? Lo sa, il papa, che le sue antenne sono
accusate di uccidere esseri umani? Non si vergogna, il papa, di
tuonare contro l'aborto, di predicare la vita mentre le sue
antenne seminano morte? Perché non le fa abbattere lui, quelle
antenne? Perché se ne frega, il papa?
Ma lasciamolo stare, il papa fa il suo mestiere come quasi tutti
i suoi simili hanno fatto prima di lui. Quanti papi, nella
secolare storia della Chiesa romana, si sono sul serio
preoccupati di salvare vite umane?
Pensiamo a noi altri, cittadini italiani e laici, moderni e
intelligenti, addirittura ambientalisti (come Chicco Testa, che
marciava contro le antenne e oggi è seduto in cima all'antenna
più alta del reame), noi che non sopportiamo le ingerenze del
Vaticano nella nostra vita, noi che usiamo il preservativo e
prendiamo la pillola del giorno prima e anche di quello dopo, che
non arriviamo illibati al matrimonio, che non andiamo a messa o
anche se ci andiamo poi viviamo come più ci piace, noi
democratici di sinistra e di destra, che facciamo? Finta di
niente, tanto che ci frega: mica viviamo a Cesano o a Santa Maria
di Galeria.
Forse è un'esagerazione, in fondo non è "provato" che le leucemie
dei bambini siano frutto delle antenne di Dio, magari è tutta una
coincidenza, un problema genetico dei cesanesi, gente con scarse
difese immunitarie. E poi, diciamocelo, di quanti morti parliamo,
cinque, dieci, cinquanta? Non scherziamo, ragazzi, occupiamoci di
cose serie, questo è un problema che si risolverà con "i
parametri europei" (lo ha detto Rutelli in persona, proprio
ieri).
Eppure, chissà perché, questa storia delle antenne che diffondono
la parola di Dio ma che sono ormai un flagello (forse non di Dio)
che semina morte e distruzione è una storia che grida vendetta (a
Dio o a chi per lui). Se mandassimo le ruspe a buttare giù quei
tralicci, cosa accadrebbe? il Vaticano ci farebbe la guerra? ma
quante divisioni ha il papa?
A trenta chilometri da Roma e dalla Santa sede, sotto i tralicci che irradiano la voce della chiesa cattolica nel mondo, la vita (e la morte) in un campo elettrico fuori legge.
di FRANCESCA COLESANTI - MARA GUALERZI
A Cesano persino le insegne pubblicitarie dei ristoranti e
delle autofficine hanno come supporto dei tralicci. Ce ne sono
ovunque, alternati alle antenne, disseminati nei campi, sui
marciapiedi, tra le case. Nel cielo, i cavi disegnano figure
geometriche di ogni tipo, poi lo sguardo si abbassa e compaiono
le antenne: una, due, dieci, 58. Sono quelle di Radio vaticana.
Se si ha un po' di pazienza si può assistere anche allo
spettacolo della loro rotazione. Raggiungono tutto il mondo,
anche l'angolo più remoto dell'Africa o dell'Indonesia, e proprio
perché vogliono arrivare ovunque, "coprire" tutto il creato, non
possono usufruire dei satelliti, ma solo delle onde radio.
Potentissime. Lo si capisce dalla dimensione delle antenne, dalla
loro altezza. Dal fatto che percorrendo in macchina il perimetro
esterno delle mura vaticane di Cesano l'autoradio è
disturbata, il cellulare anche. Pazienza. In macchina si va
oltre.
Ma a Cesano, trenta chilometri da Roma e dalla Santa sede, vi è
chi risiede. Magari per propria scelta, per vivere in campagna,
all'aria aperta. Peccato che le case, le villette (per lo più
abusive, poi condonate, come quasi tutto a Cesano) e i loro
abitanti, siano immersi in un "ambiente" poco rurale, poco
autoctono, molto degradato. Tra le caserme (scuole di fanteria e
di artiglieria), il centro radio Santa Rosa dell'aeronautica, i
tralicci della centrale Enel sulla strada principale, la nuova
stazione ferroviaria (utilissima quanto devastante, dal punto di
vista dell'impatto ambientale), il Centro ricerche dell'Enea
(ente nazionale energie alternative) a qualche centinaio di
metri, anch'esso con i suoi tralicci, reti di delimitazione e
fili spinati. Ma su tutto e su tutti si stagliano e irradiano le
antenne di Radio Vaticana.
Non sono una novità per Cesano, non sono lì da ieri. Hanno
imparato a conviverci. Ma ogni giorno che passa, tutti, sono
sempre più convinti che di lì devono andarsene. I loro citofoni
cantano l'Alleluja, i loro telefoni captano le liturgie, i loro
mal di testa aumentano. I loro bambini muoiono, di leucemia.
Quasi ogni famiglia piange un morto di tumore. E' la radio, non è
la radio? Arduo dimostrarlo. Ma dimostrato è, dati alla mano e in
base ai rilevamenti condotti nel '99 in alcune aree contigue alle
antenne, che i valori di campo elettrico oltrepassavano di gran
lunga i 6 volt/metro previsti dalla normativa. Ugualmente, è
stato verificato dallo studio epidemiologico condotto
dall'Agenzia di sanità pubblica del Lazio, che nella zona
compresa tra Cesano, Olgiata, Anguillara il tasso di leucemia
infantile è 6,6 volte superiore a quello medio di Roma.
Fin qui cifre, documenti, carte. Altro è trovarsi di fronte agli
occhi di una madre con una bimba malata di leucemia. Che sta
combattendo per salvarla e che riceve dalla Segreteria di Stato
della Santa sede la seguente missiva: "Ben comprendendo lo stato
d'animo da Lei esposto e ringraziandoLa per la segnalazione,
desidero InformarLa che la questione è allo studio delle Autorità
competenti. Profitto della circostanza per porgerle cordiali
saluti". E' così, il Santo padre profitta della
circostanza per salutarla. La figlia di Maria Angeloni, grazie ad
una diagnosi precoce, peraltro del tutto casuale, è in via di
guarigione, è tornata all'asilo. "Un suo coetaneo, malato di
leucemia da quando aveva meno di un anno - ci racconta - è
scomparso nel maggio 2000. Un'altra bambina, che abitava a La
Storta, è morta a dieci anni, e un altro bambino se ne è andato
nell'autunno scorso". Maria Angeloni parla prima degli altri, che
di sua figlia e della sua famiglia. E' esausta dal ritmo e dagli
avvenimenti di questi ultimi giorni, dall'apertura del processo,
dall'attenzione dei media, dal continuo squillo del telefono di
casa e del cellulare. Ciò nonostante ci accoglie, racconta, fa
uno sforzo enorme per "tenere", cosciente che la battaglia contro
l'indifferenza e la sopraffazione divina va combattuta fino
all'ultimo proprio adesso. Mentre parliamo, i bambini suoi e di
alcuni vicini giocano nel giardino della casa, con vista sulle
antenne. "Penso di farla schermare - ci spiega - così almeno
quando siamo dentro casa, la notte, saremo protetti. E'
soprattutto durante la notte che le antenne irradiano la propria
potenza, per raggiungere l'altro emisfero, dove è giorno". Non
intende lasciare quella casa - come invece prevedono di fare i
suoi vicini - comprata e sistemata quando erano ignari di tutto,
quando anche il numero e la potenza delle antenne era inferiore.
"E poi a chi venderla? a una famiglia, con dei figli? magari
senza dir loro a cosa vanno incontro?". Forse potrebbe avvisarli
il Santo padre, per citofono.
Intervista al ministro Willer Bordon, che si costituirà parte civile a fianco dei cittadini contro Radio Vaticana
di DARIA LUCCA
"Non è vero che il problema è complicato, io direi
viceversa che il problema è chiarissimo: le antenne di Radio
Vaticana sono una palese violazione a una legge della repubblica
ed è mio dovere, poiché il reato contestato tocca l'ambiente e la
salute, fare il possibile perché la violazione sia rimossa". Il
ministro Willer Bordon si costituirà parte civile al processo che
vede (anzi vedrà, poiché il vizio riscontrato nelle citazioni lo
ha fatto rinviare a settembre) imputati tre dirigenti: padre
Roberto Borromeo, padre Roberto Tucci e l'ingegnere Costantino
Pacifici. In attesa che gli eventi legali facciano il loro corso,
non concede però attenuanti. Metaforicamente parlando.
Ministro, c'è molta confusione nell'etere: è giusto usare due
pesi e due misure processuali per lo stesso tipo di reati?
Non ho alcuna intenzione di mettere in discussione o di dubitare
della extraterritorialità avanzata dagli imputati. Nessuno dubita
che certi manufatti del Vaticano in Italia godano di questo
privilegio, né vogliamo mettere in discussione i trattati. Non
sono mosso da furori ideologici, interpreto laicamente il mio
ruolo di governo facendo applicare le leggi. E qui il problema è
semplicissimo.
E cioè?
Un impianto di proprietà vaticana è diventato un pericolo per la
salute pubblica. Vedete, il pericolo non si evidenzia
semplicemente perché le onde elettromagnetiche non sono verdi e
rosse, non puzzano e non bruciano. Se invece di questo si stesse
parlando di pallottole o di liquami, sono sicuro che il problema
sarebbe molto più chiaro a tutti. Dimenticando per un attimo che
la questione riguarda la Chiesa. Se un ambasciatore degli Stati
Uniti d'America comincia a buttare dalla finestra i suoi
frigoriferi, colpendo magari un cittadino italiano, commette o no
un reato? E se invece del frigo, l'ambasciatore di San Marino
spara dalla finestra, il suo gesto sarebbe considerato pericoloso
e perseguibile giudiziariamente o no?
Qui però vi si obietta che il reato non è certo.
So bene che molti hanno cominciato a far notare che forse la
nostra legislazione è eccessiva, che a ben vedere è la più
restrittiva di Europa e via discorrendo. Ma non ci sto. La legge
è stata discussa e approvata dal parlamento della repubblica e
come ministro del governo non posso che farla applicare. Non
posso certo essere accusato di essere stato tenero con altri e
duro in questa occasione. Basta ricordarsi di Pescara. Là il
ripetitore giudicato pericoloso apparteneva alla Rai. Un ente
pubblico. Posso io, come ministro, consentire che un ente
pubblico prosegua nella commissione di un reato, che peraltro
coinvolge la salute delle persone?
Ecco un altro punto dolente: chi resiste alla legge sostiene che
il danno alla salute non è provato.
Benissimo, allora bisogna ripetere agli increduli i dati
oggettivi. Nella zona dei ripetitori di Radio Vaticana le cifre
sono preoccupanti: i casi di leucemia tra i bambini sono sei
volte superiori alla media. Ora, io sono tenuto a proteggere la
salute di queste persone e se il dubbio riguardasse la sorte
anche di un solo bambino, agirei e mi impegnerei per evitare
altri danni. Ma a questo proposito vorrei introdurre un ulteriore
elemento.
Una aggravante?
Vorrei fermarmi a ragionare sul soggetto di questa discussione.
Non mi piace che il rifiuto ad applicare una norma di tutela
della salute venga da un privato, non mi piace che sia venuto
dalla Rai (la quale ha tentato di resistere facendo ricorso), ma
sono ancora più perplesso se viene da un'istituzione come la
Chiesa: non ho forse sentito mille volte dal Papa parole sulla
sacralità della vita? Lo dico con convinzione. Negli ultimi
tempi, è stato il pontefice a riflettere sui modelli di sviluppo
ponendo grande attenzione alla vita delle persone e alla difesa
dell'ambiente. Qui l'unica che pare non averlo sentito è proprio
Radio Vaticana. Non so quale danno esattamente provochino queste
antenne, ma ritengo che, per rispetto delle persone, chi lo
provoca dovrebbe correre a rimuoverne le cause anche se si
trattasse soltanto di stress diffuso causato dai disturbi
elettromagnetici sui citofoni.
Come si può rimediare, concretamente?
Non nascondo che la soluzione sarà complessa, ma vorrei fosse
chiaro che nessuno intende sottrarre al Vaticano la sua voce nel
mondo. Il punto è che, per riadattare gli impianti a norma di
legge, occorrono grandi investimenti. Molto denaro. Ma io credo
che non ci sia altra strada, citazioni degli imputati a parte,
poiché l'alternativa sarebbe una danno ancora più grave: la
perdita di credibilità dei messaggi del Papa.
Le "ragioni" del Vaticano: modificare o spostare le antenne costa. Ecco perché i vertici della chiesa si ostinano a minimizzare i rischi dell'elettrosmog per chi abita attorno agli impianti di trasmissione
di ELLA BAFFONI
Se la vita è sacra all'inizio e alla fine, perché non anche
durante? è la domanda provocatoria del ministro Bordon ai vertici
della chiesa. E perché dunque Radio Vaticana non sposta il centro
trasmissioni di Santa Maria di Galeria, di fronte alle dolorose e
circostanziate proteste degli abitanti? Perché, nonostante abbia
più che dimezzato le emissioni da febbraio, non sceglie -
nell'era delle comunicazioni - un'altra tecnologia di
trasmissioni? Qualche ragione c'è. Innanzitutto la Radio Vaticana
trasmette in onde corte, le uniche che possono fare il giro del
mondo: da Cesano la voce del papa raggiunge l'atollo più
sperduto, la duna deserta più desolata, i ghiacciai del polo e le
savane dell'Africa, la giungla del Borneo e la foresta
amazzonica. Tutti quei paesi con tecnologie precarie, senza
infrastrutture avanzate, insomma dove c'è povertà. Ma per
arrivare anche all'ultima radiolina a pile, la potenza di quelle
onde corte deve essere fortissima: deve appunto fare il giro del
mondo. Dunque, accanto alla selva di tralicci dell'impianto radio
di Santa Maria di Galeria, svettano le due maledette antenne
rotanti su coppie di tralicci alti fino a 130 metri, uniti tra
loro da una rete di cavi metallici.
Abbassare la potenza si può: già dieci anni fa, davanti alle
richieste dei propri dipendenti, Radio Vaticana abbassò le
frequenze. Lo ha fatto anche a febbraio scorso, grazie alla ferma
sollecitazione dei cittadini e della commissione bilaterale
Italia-Vaticano. Bisognerà ancora siglare un protocollo per
definire i rilevamenti e controllare che davvero le emissioni non
superino quelle consentite dalle leggi italiane.
Difficile che l'autoriduzione vaticana sia conforme alla legge
italiana. Che fare allora? Nel '99, dopo una campagna di
misurazioni delle emissioni durata da marzo a ottobre, la
relazione conclusiva del dipartimento ambiente e protezione
civile della Regione Lazio ha avanzato tre ipotesi: "Lo
spostamento in altro luogo della stazione radio. Lo spostamento
degli insediamenti abitativi. La modifica delle caratteristiche
emissive degli impianti".
Difficile trovare un'altra area analoga nel Lazio, 400 ettari di
terreno libero e lontano da insediamenti umani. La localizzazione
delle antenne è malvista ormai dovunque, e il piano di
coordinamento territoriale che prevede diciannove siti per
impianti di trasmissione è fermo, bloccato da questa o da quella
protesta. "Certo, quegli impianti potrebbero stare dovunque -
dice un tecnico del ministero dell'ambiente - basta un
collegamento a fibre ottiche, o via satellite, o un ponte radio
tra la redazione di Città del Vaticano e il nuovo centro
trasmissioni. Se padre Lombardi, il responsabile dei programmi
della radio, è così sicuro che gli impianti rispettino le norme
europee, perché non li trasferisce in Francia o in Germania, dove
sarebbero a norma di legge? Potrebbero restare a Cesano, invece,
se il Vaticano rinunciasse ad alcune aree di servizio, e
diminuisse drasticamente la potenza delle emissioni. L'unica
altra alternativa, altrimenti, è trasferire Cesano".
Trasferire Cesano, Osteria nuova, Olgiata, Formello, La Storta,
Isola Farnese, Santa Maria di Galeria? Non sarebbe più semplice
trovare un luogo deserto, dove quelle emissioni facciano il minor
danno possibile? O ancora, non sarebbe meglio rinunciare a
qualche area, creando lì impianti di trasmissione a breve
gittata? Già. Ma chi paga? Il motivo "tecnico" per cui attorno
alle antenne vaticane il 60% degli abitanti muore per cancro, e i
bambini si ammalano di leucemia, sembra proprio questo. Gli
impianti di trasmissione di Santa Maria in Galeria ci sono già, e
vanno ammortati. Difficile che uno stato governato dal piglio
temporale di un Camillo Ruini investa in altri impianti,
"superflui" dal punto di vista aziendale; non dissimile, in
questo, dagli imprenditori dell'Acna di Cengio, l'Agip di
Falconara, il Petrolchimico di Porto Marghera. Fine ultimo, di
qua, il profitto. Di là la propaganda fidae che male non
può fare, fidatevi bambini di Cesano.
di GABRIELE ROMAGNOLI
CESANO - L'appuntato Pantanella Riccardo montò la guardia per ventitremila ore, poi morì. Carabiniere dello Stato italiano, era stato assegnato in servizio a Cesano, alle porte di Roma, campagna e villette, un posto tranquillo. Tutto quello che doveva controllare erano tre antenne, la più grande, gialla, a forma di croce. Una stazione di Radio Vaticana: 430 ettari cintati da un muro grigio.
Intorno, un paese di poche migliaia di abitanti, che crebbero fino a diecimila perché la gente veniva a viverci volentieri, lontano dallo smog della capitale, ma a quaranta minuti di auto. Un buon posto per allevarci i bambini. Crescevano anche le antenne, però.
Quando l'appuntato Pantanella smise, dopo otto anni, di fare il piantone alla porta carraia e fu comandato, per altri tre, al giro di ronda del muro grigio, le ricontò ed erano diventate più di cinquanta. Oltre non andò. Lo uccise un cancro.
Accanto al suo letto, per stilare il certificato di morte, venne il medico condotto del paese, il dottor Santi. A Cesano tutti lo conoscevano e lui conosceva tutti.
Aveva visto nascere molti bambini e molti uomini aveva veduto morire. Con scansione che nulla aveva di regolare, sugli atti richiesti dalla legge scriveva, alla voce causa della morte: cancro. L'appuntato Pantanella lasciava una moglie, una figlia ancor giovane e un sospetto antico. Il dottor Santi lo portò via con sé nella borsa che custodiva ricettario, stetoscopio e una statistica che aggiornava continuamente. Aveva riguardato tutte le cartelle nel suo studio, controllato i dati, confrontato la media nazionale, era sicuro di non sbagliare: le morti per cancro a Cesano erano di gran lunga superiori, l'inquinamento atmosferico molto più basso.
Leucemia, neoplasia tiroidea, d'altro non si moriva. Perché? Tornando all'ambulatorio con l'auto costeggiò il muro grigio, guardò i quattro totem rotanti che irradiavano la parola del Signore in Paesi lontani. Ripensò. A Lorenzo Perla, coltivatore, che apriva il frigorifero e ci sentiva la radio, come anche al telefono e lungo la grondaia. Alle disposizioni della locale scuola militare di fanteria che consigliavano di non restare in terrazza per più mezz'ora. Ai casolari che sorgevano sul terreno della stazione, un tempo abitati da coloni e ora evacuati, senza che si sapesse il perché.
Gente, consapevole, andava; altra, ignara, veniva. Il dottor Santi aveva lasciato le consegne al figlio quando Flavia Rossi, di anni quattro, si ammalò. La sua famiglia si era trasferita da poco. Erano fuggiti dal caos e dallo smog della città. Avevano scelto una villetta a due piani, messo in giardino una casetta di plastica colorata e un'altalena, comprato un'auto gialla. Dalle finestre vedevano campi e alberi a perdita d'occhio. Più, un bosco di antenne. Quella con la croce gialla svettava nella selva. Maria, la mamma di Flavia, torturava un crocefisso quando il medico le comunicò la diagnosi per la bambina: leucemia. Si sentirono, lei e il marito, colpiti da un destino imprevedibile. Flavia fu ricoverata al Policlinico di Roma, ematologia, una cameretta con altre bambine della sua età. Soffriva, ma trovò un'amica, Giulia, nel letto accanto. Vittime della stessa sventura, i genitori si misero a parlare nel corridoio. E scoprirono di abitare nello stesso paese: Cesano, e di avere, alle finestre, un identico panorama.
Nessuno di loro aveva fatto ricerche, prima; nessuno sentito voci. Erano persone semplici, avevano cercato un posto tranquillo, l'avevano trovato e ci avevano portato la loro esistenza: lavoro, la sera in casa, saluti cortesi ai vicini, messa la domenica, amen. Nessuno conosceva le statistiche del dottor Santi. In quel corridoio, la coincidenza si fece indizio. Non passò molto e Federico, il fratello di Flavia, tornò a casa da scuola e raccontò: "C'è sempre un banco vuoto, in classe nostra". Nessuno ci badò, sulle prime. Federico aggiunse: "E' di un bambino che non viene mai, è malato". I genitori si guardarono e avevano la stessa domanda negli occhi. La risposta era: leucemia.
Augusto Rossi, il padre, uscì e andò dal panettiere. Poteva sembrare una reazione insensata, ma lui non era un organizzatore politico, né un agitatore, solo un padre con l'angoscia. Così andò dall'uomo che faceva il pane e domandò se poteva fargli, anche, un favore. Voleva organizzare una raccolta di firme, e di informazioni. Il pane lo compravano tutti, di lì sarebbero passati tutti, prima o poi. Se era successo ad altri, si sarebbe saputo. Se si fosse saputo, ci sarebbe stata una reazione. Il fornaio disse sì, le sue commesse dissero sì. Un foglio fu esposto sulla bacheca delle rosette. Venne a comprarle una donna che abitava in via Senio 25. Firmò e annotò: nel mio palazzo ci sono stati nove morti di cancro, tre nella stessa famiglia. Venne un uomo che stava in via Borgo di Sotto. Firmò e fece sapere: due ragazzi nella mia strada hanno avuto la leucemia, uno l'ha salvato un trapianto, l'altro no.
Poi arrivarono quelli che portavano le cartelle cliniche e le lasciavano al fornaio. Una, due, tre, quaranta. Neoplasia tiroidea, leucemia, neoplasia tiroidea, leucemia. Quaranta cartelle, sette di bambini. Due recavano date recenti, successive al giorno in cui Augusto Rossi era andato dal fornaio. Nacque un comitato in difesa dei bambini di Cesano, cambiò la vita nelle case del paese. La figlia dell'appuntato Pantanella era diventata madre di due bambini. Aveva dato loro la camera più bella della casa, luminosa, due finestre esposte a sud, vista sulle antenne. Con suo marito Walter comprarono un misuratore delle radiazioni elettromagnetiche: erano sei volte la soglia di rischio. Spostarono i figli in una cameretta più angusta, lì ci fecero un ripostiglio, luminoso. Lui fece mettere i doppi vetri a tutte le finestre e impose di abbassare le tapparelle sigillando la casa di notte, anche d'estate. Sarebbe bastato?
Se lo chiedevano spesso, alle riunioni del comitato, che si svolgevano nella tavernetta dei Rossi: un grande tavolo rotondo, una macchina per cucire Singer nell'angolo. Chiamarono i giornalisti. Venne Oliviero Beha. Il suo collegamento in diretta fu annunciato con largo anticipo, per le dodici in punto. Quando gli diedero la linea aveva il misuratore di radiazioni in mano. Disse: "Fino a due minuti fa segnava sessanta, vi giuro. Ora: zero". Chiesero di parlare con esponenti del Vaticano: mandarono tre radiotecnici. Dissero: "Se lo Stato italiano paga le spese della rimozione degli impianti se ne può parlare". E salutarono.
La mamma di Flavia suggerì: "Scriviamo al Papa in persona, lui ci tiene ai bambini". Impostò la lettera il 23 giugno 2000. Concludeva: "Come pellegrini che intraprendono un lungo viaggio, ma pieni di fede e speranza, rivolgiamo la nostra preghiera al Santo Padre, affinchè ci porti serenità e pace". La risposta non si fece attendere molto, arrivò dopo soli dieci giorni. Quando trovò nella cassetta della posta la busta con le insegne pontificie, l'aprì con emozione. Non le scriveva il Papa ma la Segreteria di Stato, nella persona di Monsignor Pedro Lopez Quintana. Le diceva: "Gentile Signora, con lettera del 23 giugno scorso e relativo allegato, Ella, unitamente a un gruppo di concittadini, si è rivolta al Santo Padre presentandoGli la situazione di codesta località, in cui sono collocate le antenne di Radio Vaticana. Ben comprendendo lo stato d'animo da Lei espresso e ringraziandoLa per la segnalazione, desidero informarLa che la questione è allo studio delle autorità competenti e approfitto per porgerLe cordiali saluti". Una lettera fotocopia ricevette la coordinatrice dei Verdi, Grazia Francescato. Anche lì Monsignor Quintana ben comprendeva, ringraziava e porgeva.
Il Comitato non si arrese. Nessuna rilevazione scientifica dimostrava in modo ineluttabile il rapporto di causa-effetto tra le antenne e le malattie, questo lo sapevano. Ma sapevano anche che nessun altro posto del mondo era un tale forno a micro-onde, né aveva le stesse statistiche rilevate dal dottor Santi. Solo il sospetto sarebbe dovuto, secondo loro, bastare a far spostare i ripetitori. Partì una causa giudiziaria, avessero avuto fondi avrebbero fatto ricorso alla Corte Europea per i diritti dell'uomo. Due giorni fa si presentarono in aula. Gli imputati non c'erano. Il processo fu rinviato di sei mesi per difetto di citazione.
Adesso stanno qui, nella tavernetta con il tavolo rotondo e la Singer. Si domandano che cosa fare. Sanno di combattere una battaglia più grande di loro, ma la figlia dell'appuntato dice: "I dati dimostrano che il rischio di leucemia qui è per un bambino sei volte superiore a Roma e allora come può un genitore dormire tranquillo? Come può arrendersi?". Che cosa altro può fare? Una risposta sarebbe: vendere la casa e andarsene altrove, dove non ci siano totem d'acciaio nei prati e i frigoriferi non trasmettano preghiere. Perché no?
La risposta la dà la mamma di Flavia: "Nessuno di noi ha miliardi in banca, per andare via dovremmo vendere queste case. Noi ci avevamo già pensato, avevamo messo un annuncio, qualcuno era venuto a vedere la villetta. Era una famiglia, sembravano bene impressionati: i due piani sopra, la tavernetta, tutto pareva di loro gradimento. Io e mio marito ci sentivamo alla fine di un incubo. Poi sono uscita in giardino, ho visto i loro figli che giocavano, ridevano e sullo sfondo c'erano quelle cinquantotto antenne. Non siamo ricchi, ma abbiamo una coscienza. Lei gliela venderebbe, a una famiglia serena, questa casa?".
Il ministro Bordon: "Via la luce al Vaticano. Ma non ora"
di MASSIMO GIANNETTI
La notizia tanto attesa non è arrivata. Il ministro
dell'ambiente, Willer Bordon, ieri in visita alla scuola "Giacomo
Leopardi" nel quartiere romano di Monte Mario, ha ribadito che
l'emittente del papa "deve rispettare la legge italiana". Ma
quanto all'ultimatum di "due settimane" - solennemente proclamato
il 16 marzo davanti ai cittadini di Cesano - secondo cui avrebbe
staccato l'energia elettrica agli inquinantissimi impianti di
Radio vaticana di Ponte Galeria, il ministro ora glissa.
Prende tempo. "Sì, è vero che avevo parlato di due settimane, ma
le intendevo come periodo tecnico, meglio: in senso tecnico",
dice negando che tra governo italiano e santa sede, come riferiva
ieri un quotidiano, sia in corso una trattativa di pace.
"La novità - spiega - è che il Vaticano si è reso disponibile a
fare una valutazione congiunta delle emissioni, il che consente
ai nostri tecnici di entrare per la prima volta nel suo impianto,
che è in zona extraterritoriale, per effettuare maggiori
controlli. Detto questo vorrei però chiarire un equivoco -
aggiunge il ministro - le leggi non le fanno rispettare i tavoli
bilaterali. La mia decisione di ordinare all'Enel di staccare la
corrente non dipenderà da questi controlli, che comunque è bene
farli per avere ulteriori elementi di valutazione. Non aspetterò
il mese di maggio. Farò il provvedimento di distacco della
corrente entro aprile. Anche perchè vorrei farlo in tempo utile
per poterlo difendere".
La scandeza elettorale, infatti, incombe. Passata questa, dio
solo sa cosa ne sarà della tempesta scatenata dal ministro
dell'ambiente contro le emissioni elettromagnetiche vaticane,
superiori ai limiti di legge del 300%, secondo le più recenti
misurazioni. Ma evidentemente i gravi danni alla salute subìti
dagli abitanti di Cesano - l'Osservatorio epidemilogico
del Lazio ha accertato un tasso di leucemie sei volte superiore
alla media romana - non sono ancora sufficienti per mettere in
riga sua emittenza radio vaticana.
Il voltafaccia del ministro
di RICCARDO BARENGHI
Domani o forse domenica scade l'ultimatum che lo stato
italiano ha dato allo stato vaticano. Ma domani o dopodomani o
l'anno venturo lo stato italiano non taglierà la sua corrente
allo stato vaticano, il quale continuerà a inviare nell'etere i
programmi della sua radio unitamente alle radiazioni cancerogene
o leucemiche. Il ministro Bordon, rappresentante ufficiale
dell'Italia in questa guerra etero-diplomatica col papa,
giustamente non ha rispettato il suo ultimatum, del resto chi ha
mai seriamente creduto che uno come lui avrebbe lasciato al buio
il Vaticano? Forse solo quei disgraziati che vivono e muoiono a
Cesano, tanto che per domenica hanno organizzato una
manifestazione per vedere le antenne che si spengono. Resteranno
delusi.
Per giustificare la sua mancata promessa, ora Bordon ci spiega
che quei 15 giorni, cioè il tempo dell'ultimatum, andavano
considerati come un "periodo tecnico". Non significa nulla
ovviamente, ma è comunque una risposta che fa riflettere. In
politica e nella vita, lascia aperte mille possibilità: d'ora in
poi, basterà invocare il periodo tecnico per giustificare
qualsiasi bugia, da un programma di governo non attuato a una
promessa di matrimonio non mantenuta. E' naturalmente un periodo
prorogabile, per le antenne di radio vaticana è infatti diventato
il prossimo mese. Entro aprile, o il papa abbassa la potenza o
resta senza radio, garantisce Bordon.
Povero Bordon, non è mica tutta colpa sua: anche lui ha da fare
la campagna elettorale, non ha neanche molti soldi da spendere
per manifesti e spot, come volete che li rimedi i voti se non
spara a salve di qua e di là in cambio di qualche titolo sui
giornali? Ieri ne ha sparata un'altra: è salito fin sulla cima di
Monte Mario, noto quartiere romano, dove c'è una scuola infestata
dalle antenne. E che ha detto? Che è una vergogna (parola
ripetuta tre volte), e che "quelle antenne le butteremo giù". Ci
sa indicare all'incirca una data? Periodo tecnico.
Un periodo che dura da anni e anni, bisogna infatti tornare con
la memoria alla giovinezza per ricordarsi la collina di monte
Mario senza quelle antenne. E' vero, la burocrazia impedisce di
rimuoverle (ma non ha impedito di costruirle), la giustizia
amministrativa deve ancora completare il suo corso, il ministero
dell'ambiente concordemente con quello delle poste e
telecomunicazione si sta adoperando per risolvere il problema una
volta per tutte. Anche a Milano si sta lavorando, lì c'è un
ospedale pediatrico dove non funzionano le apparecchiature per
colpa dell'antenna della Rai, o a Napoli dove le antenne della
Nato (quella dell'uranio) sono fuorilegge, o naturalmente a
Cesano dove il problema è ancora più complesso visto che qui non
siamo più in Italia ma all'estero.
Insomma ci sarebbe da preocuparsi eccome ma è meglio non farlo,
perché prima o poi i valori delle radiazioni torneranno per amore
o per forza sotto la soglia di rischio (ma chi la stabilisce la
soglia di rischio?), e se nel frattempo qualcun altro si ammalerà
e morirà non è detto che la colpa sarà stata delle antenne.
Magari quello lì era geneticamente predisposto, o forse si era
ammalato all'estero (ma non in Vaticano), comunque si dovrà
nominare una commissione scientifica come per i proiettili
impoveriti.
Nel frattempo godiamoci la campagna elettorale, c'è chi promette
milioni di posti di lavoro, chi garantisce che si pagheranno
poche tasse, chi è pronto a demolire le antenne che uccidono e
chi dice che sarà festa tutto l'anno.
La raccolta di materiale sulle radiazioni vaticane segue a pagina 2...