IL NOSTRO BRASILE
di Joao Pedro Stedile
Quando questo articolo verrà pubblicato, il Forum
Sociale Mondiale di Porto Alegre sarà già terminato.
Il significato del Forum va molto al di là della
semplice realizzazione di un evento. Significa, prima
di tutto, continuità del lungo cammino che stiamo
percorrendo intorno alla necessità di creare
meccanismi di collegamento tra i popoli.
La fine del secolo passato ci ha rivelato molte cose.
Tra queste il fallimento delle organizzazioni
internazionali dei governi. Chi può in buona fede
ritenere che l'Organizzazione delle Nazioni unite
rappresenti di fatto gli interessi di pace
dell'umanità? O aver fiducia nell'Organizzazione
mondiale del commercio? Nella Fao, nel Pnud, nella
Nato?
Ora, quello che è diventato chiaro, in questa
fine di secolo, è che gli organismi internazionali
composti dai governi non rappresentano gli interessi
dei popoli. Al contrario, la maggioranza di questi
organismi sono soltanto ostaggio degli interessi del
G7, ossia del gruppo dei governi dei paesi più ricchi
del mondo. Nel G7, che è comunque un gruppo di paesi
molto piccolo, non sono neanche rappresentati i veri
interessi dei popoli che vivono nei paesi che ne fanno
parte. In realtà, al di sopra di tutto, tanto il G7
come gli altri organismi internazionali governativi,
rappresentano oggi solo gli interessi
dell'accumulazione del capitale delle grandi imprese
oligopolisitiche trasnazionali e del capitale
finanziario internazionale.
L'umanità non è mai stata come oggi totalmente alle
dipendenze del profitto e della speculazione
finanziaria. I grandi temi dell'umanità sono stati
letteralmente abbandonati sia nella grande stampa che
nelle riflessioni accademiche, nella ricerca
scientifica, nei dibattiti internazionali,
semplicemente perché non producono profitto per chi
domina ed egemonizza il mondo. Qualche organismo
internazionale governativo è seriamente interessato a
risolvere il problema della fame? I problemi
dell'esclusione sociale dei popoli dell'Africa? I
problemi della salute pubblica e dell'Aids? I problemi
della mancanza di lavoro per più della metà
dell'umanità? Il problema della concentrazione della
ricchezza e dell'aumento della disuguaglianza sociale?
Qualcuno è preoccupato per la manipolazione delle
informazioni delle grandi agenzie di notizie?
I temi delle organizzazioni internazionali sono: tassi
di interesse, tariffe doganali, libero commercio,
narcotraffico [purché non si tocchino i loro depositi
nelle grandi banche], interventi nei paesi che non si
subordinano alla loro logica di dominio, controllo
delle fonti energetiche.
Ma il mondo è di fronte a grandi dilemmi.
Molti dei nostri problemi locali si risolveranno
soltanto con rivolte popolari contro i nostri governi,
per costruire regimi politici di vera democrazia
popolare, che abbiano il coraggio di riorganizzare
l'economia [intendendo per economia la produzione e
non la speculazione], volgendola a rispondere agli
interessi della popolazione.
Altri problemi internazionali si risolveranno soltanto
se riusciremo, nei prossimi anni, a portare avanti
meccanismi di organizzazione che costruiscano, a
livello internazionale, alleanze tra i popoli, non più
tra i governi.
Le esperienze di mobilitazioni di massa a Seattle,
Praga e in altre località nelle quali hanno
manifestato, simbolicamente, persone provenienti da
tutto il mondo, sono sintomi importanti del fatto che
è possibile costruire alleanze senza i governi, contro
i governi e il capitale. La nostra aspettativa è che
il Forum sociale realizzato a Porto Alegre
contribuisca in questo cammino di costruzione di
organismi internazionali realmente rappresentativi dei
popoli. Certamente il cammino sarà lungo, poiché
dipende dalle risorse economiche, dipende
dall'identificare la vera rappresentatività sociale e
non solamente formale o di sigla di ciascuno. Dipende
dall'esercizio della pluralità ideologica, etnica,
culturale, dalla tolleranza politica e dalla capacità
di mettere in agenda i veri problemi che l'umanità
affronta.
Per questo, il nostro movimento continuerà a
sviluppare tutti gli sforzi possibili, nelle sue
relazioni internazionali, per costruire questa grande
alleanza tra i popoli. Seattle, Praga, Porto Alegre,
sono punti di incontro e riflessione. Sono momenti
simbolici di manifestazione, ma non sono sufficienti.
A Porto Alegre non sono confluite tutte le forze
popolari rappresentative. C'è ancora molto «turismo di
classe media», molte organizzazioni, dette Ong, che
rappresentano poco. C'è ancora una scarsa
rappresentatività popolare.
Ma è una parte del cammino. I temi in programma sono
importanti e le riflessioni che ne scaturiranno
contribuiranno a far compiere passi avanti.
A Porto Alegre, i movimenti contadini di tutto il
mondo hanno alzato la bandiera della democratizzazione
dei semi. Abbiamo iniziato la campagna internazionale
contro i transgenici e per il diritto di ogni
agricoltore a coltivare i propri semi. I semi sono un
patrimonio dell'umanità. E non devono essere posti
sotto sequestro e usati come fonte di lucro da parte
di alcune, poche, imprese transnazionali. Per questo
siamo contro i transgenici perché, al di là dei
pericoli per la salute pubblica e per l'ambiente,
consentono il controllo monopolistico dei semi e
pongono un'ipoteca sul diritto di coltivare.
Anche questa iniziativa del movimento degli
agricoltori, per quanto importante, non è tuttavia
sufficiente. Dobbiamo costruire una grande alleanza
internazionale tra organismi rappresentativi di base
dei nostri popoli, capace di dar vita a una nuova
interconnessione di forze a livello nazionale e
internazionale che ci permetta di fronteggiare
l'impero del capitale finanziario, del profitto, del
militarismo, del neocolonialismo, della imposizione
culturale.
Un nuovo soggetto internazionale rappresentativo, che
riesca a collocare sul tavolo i veri problemi
dell'umanità, a partire dal problema fondamentale che
è garantire ad ogni persona il diritto al lavoro [è il
lavoro che ci distingue dagli animali!], che discuta
le soluzioni ai problemi di sopravvivenza delle
persone, come la fame o una abitazione degna [problema
che riguarda più di un miliardo di persone], che
rifletta sul diritto delle persone ad accedere alle
conoscenze, all'educazione e alla cultura. La scienza,
la ricerca, l'intelligenza umana devono essere al
servizio delle necessità dell'uomo e non delle nuove
armi biologiche, stellari, dei transgenici... e di
altri meccanismi che fanno solo in modo che il
capitale mantenga il suo tasso di profitto.
L'umanità non resisterà ad un altro secolo di dominio
del capitale. Dobbiamo unirci, organizzarci nei nostri
paesi per costruire regimi politici atti ad
indirizzare la produzione di beni in funzione di
necessità reali. Per costruire una società realmente
fondata sull'uguaglianza, la solidarietà e la
giustizia sociale.
Come dice un testo teatrale in Brasile, «per quanto il
regno del capitale si senta molto forte, il re è
nudo!»