ECONOMIA MONDO/BRASILE - L'alternativa è possibile?
di Aldo Zanchetta
Il modello attuale è insostenibile per la società
brasiliana, ed essa è sufficientemente solida per non
lasciarsi distruggere. D'altra parte, venuto meno il
dinamismo economico del passato, le transizioni
controllate da élites conservatrici non sono più
efficaci. Per questo, secondo alcuni studiosi
brasiliani, si avvicina il tempo di grandi mutamenti
È possibile progettare per il Brasile un modello di
sviluppo diverso da quello neoliberista in atto,
concordato fra il governo di Fernando Henrique Cardoso
e il Fondo Monetario Internazionale nel 1994 e
riconfermato nel 1997 alla vigilia del rinnovo del suo
secondo mandato presidenziale?
La domanda non è accademica per chi si interroga su
come si possa superare il capitalismo neoliberista di
cui il Brasile, fra le prime 10 potenze industriali
del mondo ma al secondo posto nella scala delle
disuguglianze sociali, rappresenta un esempio
significativo e drammatico.
L'ECONOMIA BRASILIANA NEGLI ANNI SETTANTA-OTTANTA
Da sempre subalterno al sistema capitalista mondiale,
con allentamenti del vincolo nel corso delle due
guerre mondiali, il Brasile riuscì a conciliare tale
collocazione con "una forma tortuosa di costruzione
nazionale fino al termine del ciclo di sviluppo che si
concluse intorno al 1980" (A opçao brasileira, Ed.
Contraponto, Sao Paulo 1998).
All'inizio degli anni Settanta il Brasile aveva
approfittato dell'eccesso di liquidità del sistema
bancario internazionale - che offriva capitali
abbondanti e a basso tasso - per finanziare gli
ambiziosi progetti industriali disegnati più di un
decennio prima nel "plano de metas" da Jucelino
Kubitschek, mitico fondatore di Brasilia, e
successivamente ripresi dal governo militare salito al
potere nel 1964 dopo i falliti tentativi di riforma
agraria di Janio Quadros e Joao Goulart.
Negli anni Ottanta la situazione si capovolse a causa
della grande attrazione di capitali verso gli Stati
Uniti, del conseguente aumento del dollaro, giunto a
raddoppiare il proprio valore di cambio, nonché dei
tassi di interesse sopratutto relativi a quei capitali
presi a prestito a breve termine e rinegoziati da
posizioni di debolezza. Il debito, a causa delle
condizioni ora assai più gravose del suo "servizio"
(eufemismo che significa più banalmente il "tasso
d'interesse"), crebbe vorticosamente e il Brasile
dovette compiere grossi sforzi per accrescere le
esportazioni sia per questa ragione che per compensare
la massiccia uscita di capitali.
LA DEPRESSIONE DEGLI ANNI NOVANTA
Agli inizi degli anni Novanta un nuovo capovolgimento:
la depressione economica mondiale ha riproposto una
eccedenza di capitali e quindi un eccesso di
liquidità, e il Brasile si è trovato, volente o
nolente, ad aprire le frontiere a questi capitali,
senza però questa volta poterli investire in attività
produttive come negli anni Settanta.
"Questo fatto si deve totalmente all'ingegnosità degli
strateghi finanziari internazionali. Furono loro che
imbastirono le operazioni di rinegoziazione dei vecchi
debiti rendendo possibili nuovi prestiti nei nostri
paesi...che forzarono la deregolamentazione dei
mercati locali, eliminando le barriere all'entrata e
all'uscita degli investitori... e che infine
intermediarono lo spostamento di immensi flussi di
capitali a breve termine - ora in eccesso sul mercato
internazionale - nella direzione di questi paesi [del
'sud', N.d.R.], indipendentemente dalla capacità di
assorbimento da parte della base produttiva locale.
Così essi resero possibile sostenere temporaneamente
una combinazione esplosiva - irrealizzabile a cose
normali - della sopravvalutazione del cambio e
dell'apertura commerciale - che costituì una àncora
efficace contro l'inflazione" (A opçao brasileira,
cit.)
IL "PLANO REAL" BLOCCA L'INFLAZIONE
Strumento di questa politica fu in Brasile il "plano
real" (dal nome della nuova moneta allora introdotta)
di Fernando Henrique Cardoso.
Cardoso si era fatto da giovane fama di progressista
sostenendo la cosidetta teoria della "dipendenza",
secondo la quale i paesi del Sud avrebbero potuto
trovare proprie politiche di sviluppo solo tagliando i
legami organici con i paesi del Nord. Nel 1992 era a
capo di una piccola formazione politica sedicente di
sinistra e vicepresidente nel governo
liberal-conservatore di Collor del Mello, cui successe
dopo l'empeachment di quest'ultimo per corruzione.
Il "plano real", varato negli ultimi mesi di vita del
governo Collor, legava in parità fissa garantita, anzi
con un leggero sopravalore, il real al dollaro,
ripetendo in parte l'esperienza argentina. Questo
meccanismo, insieme ad altri provvedimenti, permise di
bloccare l'inflazione, male endemico del paese, dando
una boccata di ossigeno specie alle classi medie e
rendendo credibile la promessa di un nuovo corso
dell'economia. L'effetto psicologico, oltre a quello
reale, fu forte e Cardoso sconfisse nelle elezioni del
1994 il leader della sinistra Lula Ignacio da Silva,
dato per sicuro vincitore, portando al governo uno
schieramento di centro-destra che egli promise di
controllare "da sinistra"...
GLI EFFETTI A MEDIO TERMINE
Ma, a medio termine, gli effetti del "plano real" si
sono rivelati nefasti: la perdita di autonomia della
moneta nazionale, legata al dollaro, era la
conseguenza più prevedibile ma anche la più grave,
avendo eliminato la flessibilità nelle decisioni
economiche via via necessarie. Il real sopravalutato
doveva inevitabilmente nel tempo penalizzare le
esportazioni e rendeva necessario compensare il minor
introito di valuta attirandone altra dai mercati
finanziari tramite l'applicazione di alti tassi di
interesse (fino al 40%).
Questi ultimi, necessariamente applicati anche ai
prestiti interni, hanno penalizzato l'industria
nazionale, già in difficoltà per le accresciute
importazioni di merci facilitate dall'artificiosamente
alto valore del real. Le industrie in crisi sono state
così facili prede di imprese straniere interessate a
entrare sul mercato brasiliano. Chiudere o vendere
industrie nazionali, importare prodotti stranieri,
attirare capitali a breve termine, pagando tassi di
interessi elevati, sono stati una catena negativa
autoalimentantesi e della quale non si intravede la
fine. Per attenuarla si sono dovuti vendere grosse
imprese statali (Compagnia mineraria Vale do Rio Doce,
la maggiore del mondo, Telebras e prossimamente
Petrobras e Eletrobras); e tale vendita, d'altra
parte, per le finanze statali è solo un paliativo,
destinato a esaurirsi con l'esaurirsi dei beni
disponibili.
QUALCHE CIFRA
I tanto decantati successi esibiti da Cardoso nei suoi
due viaggi in Italia, il secondo dei quali a Firenze
per l'ambito ``riconoscimento'' dei G7 nel novembre
1999, amplificati da una stampa nazionale incapace di
analisi proprie, sono racchiusi in alcuni dati
essenziali che si possono vedere nella tabella
sottostante (e altri ne potrebbero essere riportati).
- 1994-99 debito estero da 96 a 212 miliardi (md)
di dollari usa (usd)
- 1994-98 debito interno da 64 a 314 md di reais
federale (quintuplicato)
- 1994-97 debito interno da 153 a 306 md di reais
pubblico totale
- 1994-97 deficit bilancia da 1,7 a 35 md usd
dei pagamenti (dallo 0,3 al 4,2% del Pil)
- 1994-98 importazione da 1 a 8 md usd (da esportatore,
il paese
prodotti agricoli è diventato
importatore di cocco, cacao,
cotone, riso, fagioli...)
- 1993-97 utili riesportati da 3 a 6,8 md usd
nel paese da
società straniere
- 1994-99 disoccupazione dal 3 all'8% (ma almeno doppia
se misurata con criteri europei)
DUE "LETTURE" DELLA CRISI
Di fronte a queste cifre la crescita di 10 miliardi di
dollari Usa di riserve valutarie è insignificante.
Anche il decantato aumento degli investimenti esteri
da 2 a 23 miliardi va letta come valuta affluita in
gran parte per acquistare le aziende pubbliche
privatizzate o quelle private in crisi (quindi
assolutamente ininfluente su nuovi investimenti
produttivi ma significativa della "esterizzazione"
della capacità produttiva del paese) e per la parte
restante per finanziare i consumi tramite prestiti ai
privati.
Da notare che il deficit accumulato nella voce servizi
è assai più preoccupante di quello della bilancia
commerciale perché mentre quest'ultimo potrà essere
combattuto con misure recessive, il primo, legato in
gran parte a interessi da pagare, è in crescita
inarrestabile.
Questi dati, estremamente negativi dal punto di vista
interno, sono letti naturalmente in modo rovesciato
dai paesi che beneficiano di questo stato di cose
perché incrementano le loro esportazioni, possono
operare acquisizioni a prezzi di assoluta convenienza
e riscuotono alti tassi sui capitali prestati. Solo
così si spiega come i giornali economici
internazionali guardino con occhio benevolo l'economia
del Brasile.
L'OPZIONE BRASILIANA
D'altra parte, con le dovute specificità, questa è la
situazione di molti paesi soggetti ai diktat del Fmi e
della Bm. Essa conferma la inconsistenza del credo
neoliberista, se lo si guardi dal punto di vista delle
vittime e non da quello dei pochi beneficiari.
Proprio partendo da tali considerazioni gli autori
dell'opera collettiva A opçao brasileira , già prima
citata, giudicano probabile una grave crisi del
sistema attuale, forse anche a tempi brevi, e
prospettano la necessità di un percorso alternativo,
nonostante le tre minacce agitate da chi vi si oppone:
ripresa di un'inflazione galoppante, pericolo di un
"golpe" militare, isolamento internazionale.
A opçao brasileira non è un testo distaccato di
economia, ma un testo militante che vuole alimentare
la discussione all'interno dei movimenti che hanno
dato vita al progetto della Consulta Popular (Sem
Terra, Pastorale della Terra e altre associazioni) e
mobilitare sul progetto stesso un ampio arco di forze.
Rimandando ad esso per un'analisi approfondita del
percorso alternativo e di come evitare i pericoli
sopracitati, ci limitiamo qui a indicare alcune
posizioni che sono al centro dell'opera.
UN MODELLO SOSTENIBILE E SOLIDALE
La prima affermazione, eticamente forte, è che un
modello alternativo deve basarsi su un'ipotesi di
"sviluppo" sostenibile, non penalizzante per alcuna
parte sociale interna né per alcun paese esterno né
infine per le generazioni future. E quindi solidale.
Nessuna promessa mirabolante di standard di vita
insostenibili a livello planetario, che facciano
gravare su altri popoli il prezzo della loro
realizzazione, come invece è insito nel modello
neoliberista e capitalista in genere. "Se ci venisse
chiesto se il modello che stiamo elaborando è di
natura socialista, risponderemmo si. Il socialismo
burocratico è morto. Ma non l'idea che la solidarietà
può essere il principio organizzatore della vita
sociale."
Tutto ciò richiede un forte impegno per la sovranità
nazionale e per una reale democrazia ampliata a molti
settori oggi esclusi dalla vera cittadinanza. Questi
valori di riferimento sono visti come legati fra loro
e inscindibili dal progetto stesso.
CRESCITA INTERNA CONTRO ESPORTAZIONI
Un'altra affermazione centrale è che lo sviluppo deve
essere alimentato dalla crescita dell'economia interna
e non dalla priorità delle esportazioni.
Il Brasile ha un grande mercato interno potenziale
(160 milioni di persone delle quali forse due terzi
oggi ne sono escluse), un rapporto
popolazione-territorio-risorse naturali fra i più
favorevoli al mondo. Il paese non necessita di
tecnologie di punta per sviluppare il mercato interno
ma deve potenziare i tre settori dell'alimentazione,
dell'abbigliamento, dell'abitazione; e ha riserve
produttive e capacità tecnologiche sufficienti per
farlo. Positivo è anche il fatto che la "bomba
demografica" sia stata disinnescata passando da una
crescita del 3% a una dell'1,3% con una previsione di
230 milioni di persone nel 2030, compatibile con le
risorse.
Ridistribuire ricchezza, oltre che produrne di nuova,
è la prima urgenza.
UNO SVILUPPO IN ARMONIA CON L'AMBIENTE
Riforma agraria incentrata sull'eliminazione del
latifondo parassitario con distribuzione di terre ai 4
milioni di famiglie in attesa e diversa utilizzazione
per il 35% di Amazzonia già disboscato sono le due
frontiere capaci di fornire grandi risorse
agroalimentari.
Vi è una crescente richiesta internazionale di
utilizzare in una prospettiva nuova ed ecologica
l'immensa ricchezza biologica del paese, che conta il
36% di tutte le residue foreste tropicali del mondo.
Si tratta dell'ecosistema più vasto esistente, che può
essere "fonte di un modello di occupazione adattato ad
esso, moltiplicabile e capace di combinare
sostenibilità ecologica e realizzabilità economica...
L'alternativa più promettente è lo sviluppo di
categorie di microrganismi capaci di realizzare la
fissazione biologica dell'azoto atmosferico eliminando
la necessità di fertilizzanti azotati. In questo il
Brasile può divenire laeder mondiale [come dimostra il
fatto che] le varietà di soia qui selezionate sono
uniche al mondo per elevata produttività senza
necessità di uso di fertilizzanti azotati..." (A opçao
brasileira).
SU CHI CONTARE?
Ma esistono forze sociali dotate di consenso, capacità
e volontà per realizzare questo percorso?
Forse il 90% dei partecipanti all'incontro
intercontinentale di Belem del dicembre scorso (v.
"G&P", n. 66) erano brasiliani. Un mese prima oltre
mille sem terra avevano concluso la marcia di 4 mesi
da Rio de Janeiro a Brasilia, che ha animato dovunque
dibattiti e manifestazioni. È in corso la marcia degli
afrobrasiliani su Porto Seguro per contromanifestare
nel 500° anniversario dell'arrivo dei portoghesi. A
dicembre si era tenuto a Caxias il convegno di
"Nuestra America" con oltre 600 partecipanti.
L'iniziativa del grito dos escluidos realizzata con
altri paesi latino americani, le manifestazioni per un
outro Brasil, la prevista partecipazione di molti
brasiliani alla marcia interamericana su Tijuana, al
confine fra Messico e Usa in preparazione, il
coinvolgimento popolare nel progetto A opçao
brasileira denotano che le politiche neoliberiste
hanno per il popolo brasiliano un prezzo alto, forse
troppo per non produrre sovvertimenti.
Questa è la scommessa dell'opçao brasileira. Sarà
vinta? Intanto è importante che in tempi di
omologazione al progetto neoliberista, cui la sinistra
europea soggiace, altrove forze popolari non abbiano
rinunciato a lottare per alternative possibili.