IL BILANCIO PARTECIPATO: L'ESPERIENZA DI PORTO ALEGRE
Spunti a cura di Nicola Nicolosi e Cristina Stefanini
Presentazione
All'inizio degli anni '90 il Bilancio Partecipato di
Porto Alegre si è proposto come un'esperienza riuscita
di partecipazione della popolazione alle decisioni
riguardanti la destinazione dei fondi pubblici
municipali. Dopo 12 anni consecutivi di esistenza, il
modello di partecipazione di Po. A. sta servendo di
ispirazione all'impianto di forme simili di gestione
dei bilanci pubblici in circa 90 città brasiliane di
varie ampiezze. (dati del 1999) Come frutto
dimostrativo delle possibilità di funzionamento della
democrazia partecipativa, il Bilancio Partecipato ha
promosso un intenso scambio nazionale ed
internazionale fra le municipalità di Po. A. e altri
governi locali, istituzioni pubbliche e private, ONG,
ricercatori ed intellettuali del Brasile e di altri
Paesi dell'America Latina, Stati Uniti, Europa e
Africa. A supporto di questo riconoscimento
internazionale Po. A. è stata selezionata dalle
Nazioni Uniti come uno dei 40 migliori interventi
urbani meritevoli di essere presentati alla seconda
Conferenza Mondiale sull'abitazione urbana, (Habitat
II) realizzata nel 1995 a Istanbul. La ripercussione
ottenuta dal Bilancio Partecipato di Po. A. non è
neppure passata inosservata alle istituzioni
multilaterali di finanziamento, come la Banca Mondiale
e la Banca Interamericana di Sviluppo, il cui
interesse verso forme di coinvolgimento delle
popolazioni nel controllo dei fondi pubblici si è
evidenziato durante gli incontri promossi da queste
istituzioni a Porto Alegre e negli Stati Uniti nel
1997 e nel 1999.
Inquadramento generale
Fra gli anni 1950 e 1980 il Brasile ha vissuto
profonde trasformazioni economiche, sociali e
politiche. In questo periodo, da che il Paese ha
smesso di essere agrari - esportatore per diventare
soprattutto urbano e industriale, responsabile
dell'ottavo PIL mondiale, la popolazione delle città
si è accresciuta di più di 60 milioni di persone, 29
milioni solo negli anni '80, e le aree urbane sono
passate a concentrare i 2/3 della popolazione
brasiliana. Questo straordinario processo migratorio,
uno dei maggiori del mondo contemporaneo, ha trovato
impulso nel modello della "modernizzazione
conservatrice" nato fra gli anni 30 e 50 e
intensificato dal regime militare a partire dal 1964.
Legata al mantenimento della secolare struttura
fondiaria nelle campagne, ereditata dal periodo
coloniale, la modernizzazione urbana e industriale ha
promosso un concentrazione di ricchezze, di rendita,
di terre urbane, di accesso selezionato alle
attrezzature e servizi pubblici senza precedenti nel
paese, facendo diventare poli dello sviluppo
capitalista brasiliano le capitali degli stati e le
loro regioni metropolitane, scenari emblematici della
situazione di diseguaglianza, di segregazione urbana,
degrado ambientale e aumento della violenza che
caratterizza l'apartheid sociale in cui è immersa la
società brasiliana in questo fine secolo, una delle
nazioni più diseguali al mondo, come evidenziano le
relazioni dell'ONU.
Questa situazione di crisi sociale si è aggravata con
l'esaurirsi del modello di "sviluppo autoritario" a
partire dalla crisi economica e dalla recessione dei
primi anni '80, rendendo più profondo il
deterioramento delle condizioni di vita della
maggioranza della popolazione brasiliana.
L'impoverimento a livelli record, il fallimento delle
politiche pubbliche nel campo della sanità,
dell'educazione e del finanziamento all'edilizia
popolare, la carenza delle infrastrutture urbane e dei
servizi il degrado dell'ambiente e l'aumento della
violenza si sono allargati negli anni '80.
Oltre che i fattori storici e strutturali della
formazione sociale brasiliana, anche i successivi
fallimenti dei governi di transizione e del periodo
post-transizione alla dittatura hanno contribuito alla
situazione di cronicità della crisi brasiliana.
Inoltre, le trasformazioni provocate dalla
globalizzazione e della ristrutturazione produttiva,
con la precarizzazione delle relazioni di lavoro, la
terziarizzazione e la proliferazione dell'economia
informale, accompagnate dallo smantellamento del
settore pubblico nazionale hanno accentuato il
processo di frammentazione partita negli anni '80, e
indicano che una parte considerevole della popolazione
starebbe passando da una situazione strutturale di
sfruttamento, ad una posizione strutturale di
irrilevanza sociale, ossia di esclusione sociale,
configurandosi così una nuova categoria di povertà
urbana le cui implicazioni sociali, politiche e
culturali sono imprevedibili.
Porto Alegre e la sua Regione metropolitana per quanto
rappresentino indicatori sociali che la distinguono in
positivo rispetto al altre regioni del paese, non sono
rimaste fuori dalle conseguenze prodottesi nelle
trasformazioni profonde della struttura socio
economica del Paese. Il flusso migratorio
dall'interno, alla ricerca di opportunità di lavoro e
di reddito, ha portato la regione metropolitana ad
aumentare la sua popolazione in rapporto al totale
degli abitanti del Rio Grande del Sud, dal 18,9% del
1960, al 31,5 del 1985 al 41,66% del 1991. Durante gli
anni '70 i tassi di incremento demografico della
Regione Metropolitana e della capitale sono stati ben
maggiori della media dello Stato del Rio Grande, vale
a dire del 45,8% e 27,1% rispettivamente, confronto ad
un tasso medio del 16,6% nello stato. Composta da 22
comuni che in gran parte compiono la funzione di
riproduzione della forza lavoro a basso costo, la
Regione Metropolitana ha ospitato la maggior parte
della popolazione arrivata dall'interno.
Origine e affermazione del Bilancio Partecipato
La genesi storica del Bilancio Partecipato rimanda
agli anni '70, quando sorsero nella sfera pubblica
locale nuovi attori popolari organizzati
principalmente intorno alle lotte per il
riconoscimento del diritto a possedere la casa e le
infrastrutture e i servizi di base nelle aree
periferiche della città. Le classi popolari, escluse
storicamente dal processo di modernizzazione
conservatrice soprattutto durante il regime militare,
avevano messo a punto nuove forme di azione collettiva
e di organizzazione comunitaria. A capo delle azioni
di lotta stavano soprattutto gli abitanti delle aree
di sottoabitazione, quelle cioè prive di ogni
infrastruttura di base, i quali lottavano allo stesso
tempo contro il marchio della marginalizzazione e per
ottenere dalle autorità pubbliche e dalla società in
generale di essere considerati portatori di diritti
universali nei confronti della città e della
cittadinanza. Benché settori del movimento comunitario
continuassero a relazionarsi con i governanti
attraverso pratiche divenute tradizionali, come
scambio di favori, influenza personale, interazioni
clandestine con i poteri Esecutivo e Legislativo,
emersero sulla scena pubblica locale attori popolari
che grazie alle loro associazioni libere e volontarie,
cominciarono ad adottare pratiche di denuncia e di
scontro con lo Stato, nella sua veste comunale e
regionale, facendo guadagnare alle loro richieste
risonanza negli organi di stampa. Queste azioni erano
state sviluppate principalmente per resistere ai
processi di sgombero ed espulsione da aree centrali o
ad interesse speculativo, ma anche per conquistare
accesso a beni e servizi di base. Le innumerevoli
mobilitazioni fatte nel periodo dal 1979 al 1984
portarono a pratiche di integrazione tra le diverse
aree della città e permisero alle Associazioni di
Residenti e altre Associazioni volontarie di
coordinarsi all'interno degli stessi spazi o sui
comuni problemi da affrontare. Sorsero in quel periodo
le Articolazioni regionali, le Unioni di quartieri e i
Consigli Popolari in aree della città ad alta
concentrazione di sottoabitazioni e con maggiore
capacità di mobilitazione.
La vittoria del Partito Democratico del Lavoro (PDT)
nelle elezioni del 1985, primo governo eletto dopo un
ventennio di dittatura, creò una grande aspettativa di
cambiamento nelle relazioni fra l'amministrazione
municipale ed i movimenti comunitari della città.
Come aveva promesso durante la campagna elettorale,
dopo il suo insediamento, il Governo di Alceu Collares
cominciò a promuovere riunioni con gli enti del
movimento popolare, con il fine di discutere una
proposta di partecipazione comunitaria al governo che
si sarebbe dovuta attuare attraverso dei Consigli
Popolari. Sulla natura e sul ruolo di tali Consigli si
aprirono presto polemiche e divergenze, tanto fra le
entità comunitarie (104 presenti alle prime riunione
fra cui 84 in rappresentanza delle associazioni di
residenti) quanto fra le entità e l'Amministrazione.
Le associazioni del movimento comunitario non
mostravano ancora una percezione chiara
dell'importanza centrale del tema del Bilancio per
trasformarlo, nella pratica, nell'obiettivo principale
della lotta per la democratizzazione del potere
locale. La gestione del Partito del Lavoro, dal canto
suo, rilevava i limiti del suo populismo ispiratore,
che pretendeva di costruire dall'alto, mediante le
Leggi, i termini di partecipazione, risolvendo
autoritariamente conflitti e divergenze. Durante la
campagna elettorale per il governo della città nel
1988, nacque con maggiore centralità l'idea del
Bilancio Partecipato fra i partiti che componevano il
Fronte Popolare in rappresentanza della sinistra
politica. Il programma di governo del Partito dei
Lavoratori (PT), proponeva di democratizzare le
decisioni di una nuova gestione, partendo ancora una
volta dai Consigli Popolari. L'obiettivo era di
permettere che ogni cittadino potesse interferire
nella creazione delle politiche pubbliche e nella
decisioni del Governo che avessero importanza per il
futuro delle città. Tuttavia, la proposta era
incentrata molto più su principi generali, nati dalla
Comune di Parigi e dai Soviet, piuttosto che da
esperienze colte nella realtà locale. La visione
dominante nel Partito dei Lavoratori e negli altri
partiti che sostennero la candidatura della sinistra,
in quel frangente, era di realizzare una specie di
trasferimento di potere verso la classe lavoratrice
organizzata. In questo modo sarebbe gradualmente stata
sostituita la rappresentazione politica tradizionale,
che era venuta dalle urne, con la democrazia diretta.
Era senza dubbio una visione progressista e positiva,
benché estremamente semplicista. Il programma di
governo non diceva come questo trasferimento di potere
si sarebbe attuato, come sarebbero sorte le nuove
istituzioni di potere popolare e come si sarebbe
risolta la stessa relazione con il Consiglio
Municipale, a cui è istituzionalmente attribuita una
enorme somma di competenze, oltre al fatto che si
tratta di un organismo con evidente legittimità
politica.
Nel 1988, dopo 220 anni di storia cittadina, il Fronte
Popolare vinse le elezioni con il 34% dei voti, e
Olivio Dutra del PT divenne il primo sindaco della
nuova Amministrazione Popolare.
Il primo anno del nuovo governo di sinistra registrò
una grande affluenza della popolazione a tutte le
riunioni assembleari indette dall'amministrazione
perché venissero decisi gli investimenti attesi da
decenni. Subito si prospettò un problema: tutti
volevano tutto allo stesso tempo. Esigevano che il
Governo rispettasse le promesse elettorali e iniziasse
immediatamente le opere destinate a migliorare la
qualità della vita in quelle aree della città
storicamente abbandonate dal potere pubblico
municipale. Il governo, però, non aveva fondi né un
adeguato piano progettuale di investimenti. Era
necessario prima fare una profonda riforma tributaria,
generare un risparmio locale per poter rispondere alle
richieste e creare un livello minimo di credibilità.
Era altresì necessario dialogare con la città, creare
condizioni politiche perchè i cittadini credessero nei
nuovi metodi di governo che, per la prima volta nella
storia della città, includevano i cittadini comuni.
Per mezzo di una difficile negoziazione con il
Consiglio Comunale, con grande partecipazione dei
delegati e rappresentanti del Bilancio Partecipato, si
realizzò la prima Riforma Tributaria. Altre modifiche
tributarie furono fatte durante i due successivi
governi del PT e del Fronte Popolare; l'aumento di
capacità di riscossione del municipio salì
gradatamente dal 25% dell'entrata totale (riscosso nel
primo anno, 1989) fino al 51% dell'entrata totale, nel
'96. Neppure il denaro in cassa, tuttavia, era in
grado di far fare immediatamente i lavori, perchè
prima era necessario pagare i conti pendenti del
governo anteriore. L'intensa partecipazione delle
comunità, avvenuta nel 1989, cadde considerevolmente
l'anno seguente; la delusione era grande e questo calo
di consenso rappresentò il primo serio segnale di
difficoltà per l'Amministrazione Popolare. La riforma
tributaria, proseguita dopo il primo anno di governo,
fece sortire i primi effetti sensibili, per la
popolazione a partire dal 1992. In quell'anno ebbe
inizio la maggior parte dei lavori decisi durante i
primi 2 anni del Bilancio Partecipato che, seppure
contraddistinti dalla scarsa partecipazione dei
cittadini, il comune aveva deciso di rispettare.
Quando nonostante il ritardo, gli investimenti ebbero
corso, cominciò a circolare nei quartieri popolari
dove abitavano e abitano i cittadini a più basso
reddito, il dato di fatto che " quei lavori erano
stati decisi con la partecipazione degli Enti
comunitari". Di fatto la natura ed il tipo di lavori
già esprimevano il grado di coscienza delle regioni
della città ed il livello di organizzazione raggiunto
dalle comunità in quel momento. La risposta concreta
alle richieste fatte dalla popolazione medesima ebbe
un effetto straordinario, e con le informazioni che
circolavano di bocca in bocca e con quelle veicolate
dal Programma televisivo orientato dal Coordinamento
Sociale del Municipio, le comunità cominciarono ad
essere coscienti che "valeva la pena partecipare al
Bilancio". La città cominciò ad essere cosciente che
il governo realmente riconosceva nei suoi cittadini la
fonte delle sue decisioni più importanti e che
qualcosa di nuovo nel modo di amministrare stava
effettivamente succedendo. Questo "qualcosa di nuovo"
cioè la realizzazione delle decisioni prese da una
base sociale povera e mobilitata unita alla
trasparenza nelle informazioni, cominciò a formare "un
nuovo immaginario popolare". Nella periferia della
città le figure di spicco più identificate con il
clientelismo e con l'esercizio di influenze personali
cominciarono a restare senza udienza o a modificare il
loro comportamento. Lungo tutta l'esperienza di
formazione del Bilancio Partecipato il governo fece
uno sforzo permanente per chiarire che non faceva
discriminazioni sulla presenza di alcun cittadino, né
per convinzioni ideologiche, né per interessi di
natura partitica. Sempre è stato reiterato il
principio che si tratta di un processo aperto , che
tutti erano uguali e potevano esercitare liberamente
la loro influenza e lottare perché venissero fatti gli
investimenti ritenuti necessari. Per questo bastava
che mostrassero capacità di mobilitazione e
proporzionassero la partecipazione attiva degli
interessati ai nuovi procedimenti decisionali. La
partecipazione dell'individuo nella condizione di
cittadino come soggetto per eccellenza del processo
del Bilancio Partecipato, non ha significato come
alcuni temevano nel movimento e nei partiti del Fronte
Popolare, un incentivo all'individualismo esarcebato
proprio dell'ideologia liberale; la legittimità delle
richieste e della rappresentanza comunitarie non
prescinde dai vincoli sociali degli individui con i
diversi gruppi che includono le istanze collettive di
base come le Associazioni dei Residenti e altre, o
quelle intermedie come le Articolazioni Regionali, le
Unioni di Zona e i Consigli Popolari. La presenza di
gruppi plurali della società, maggiormente
rappresentativi delle classi lavoratrici ma anche del
ceto medio, ha rappresentato un salto di qualità nel
processo di democratizzazione dell'amministrazione,
senza che questo abbia indebolito le organizzazioni
storiche dei residenti. Al contrario, non solo il
numero delle entità è andato aumentando, ma si è ancor
più stretto il vincolo associativo di quanti operano
dentro il processo del Bilancio Partecipato.
Modalità di funzionamento del processo del Bilancio
Partecipato
Le assemblee plenarie del Bilancio Partecipato sono
precedute da un insieme di informazioni trasmesse
dalle associazioni comunitarie, per mezzo dei giornali
di quartiere, dei bollettini degli enti e anche da
materiale a stampa redatto per l'occasione dal governo
municipale che convoca l'assemblea. La prima tappa
della plenaria è l'accreditamento dei singoli
partecipanti ognuno dei quali dà nome ed indirizzo
perché venga registrato il quorum, composto
esclusivamente da persone che risiedono nella area
dove si realizza l'assemblea. Perché la comunità non
si stanchi nell'attesa, come è facile che succeda in
riunioni di questo tipo, la Segreteria Municipale
della Cultura mette a punto un programma fatto
normalmente di rappresentazioni che informano la
comunità su questioni sociali del paese e della città:
si fa' per mezzo di spettacoli di burattini, musica e
piccole sceneggiate aventi a che fare con argomenti di
interesse cittadino. È anche normale che vengano
mostrati dei video che forniscono informazioni
sull'andamento del piano di investimento dove, oltre
che rappresentanti del governo, parlano anche
dirigenti dell'area urbana. Una plenaria è sempre
preceduta da una certa tensione politica, non solo
perché la presenza del sindaco e dei segretari
municipali eccita e stimola critiche e richieste, ma
anche perché esistono contraddizioni fra i diversi
dirigenti di ogni area che disputano tra loro per un
ruolo più forte nel processo. Lo sforzo fatto dai
Coordinatori Regionali del Bilancio Partecipato è
finalizzato a che la lista degli oratori sia scelta
precisamente in modo che in ogni regione o area sia
rappresentata la pluralità delle posizioni politiche e
ogni microregione esistente: chi decide chi saranno
gli oratori, tuttavia, non sono i Coordinatori
Regionali ma le stesse entità comunitarie,
rappresentate dai dirigenti più espressivi.
A proposito dei Coordinatori Regionali del Bilancio
Partecipato: sono quadri politici del governo
vincolati ad un organismo denominato Coordinamento
delle Relazioni con le Comunità. Operano dal 1991 e
hanno tre compiti principali:
1. Monitorare in ogni regione del bilancio il processo
di discussione del bilancio senza intermediazioni
nelle decisioni, ma garantendo il dibattito
democratico e dando chiarimenti sui criteri che hanno
orientato la definizione degli investimenti. Sono
anche una delle fonti di informazione riguardo
all'esecuzione del Piano di Investimenti e stimolano
la creazione di commissioni che seguono l'andamento
dei lavori.
2. Globalizzare le azioni di governo in ogni Regione,
incidendo così contro la frammentazione della
struttura amministrativa. Il coordinatore aiuta a
programmare il contatto della popolazione con il
governo, per mezzo di riunioni come quelle chiamate
sui servizi che trattano della conservazione e della
manutenzione.
3. Altro compito è quello di preservare e diffondere
determinati valori. Il Bilancio Partecipato esige che
si abbia l'intenzione di costruire processi
cooperativi e solidaristici per contrastare la logica
della competizione e del ricavare vantaggi a qualunque
costo, che generano processi di esclusione. Pertanto,
negoziazioni ispirate ad una pratica solidale devono
essere una costante nell'azione pedagogica che il
singolo coordinatore esercita insieme alla
cittadinanza.
Quanto ai dirigenti comunitari delle regioni del
Bilancio, si sono verificati nell'esperienza
pluriennale alcuni fenomeni:
1. Un primo gruppo di dirigenti esaurisce nella
partecipazione il suo ruolo, trovandolo svuotato:
abituato a lavorare in modo clientelare non riesce a
superare questo limite e viene poco a poco rigettato
dalla comunità.
2. Un secondo gruppo di dirigenti si trasforma
effettivamente durante il processo. Acquisisce un
nuovo linguaggio, si ricicla e passa a fare una vera
intermediazione fra i desideri della sua base e lo
stato, modulando la tensione politica in accordo con
l'obiettivo che vuole raggiungere: ossia, realmente si
disputano le opere di cui la comunità ha bisogno
contrastando le richieste che vengono dalle altre
microregioni.
3. Un terzo gruppo di dirigenti potrebbe essere
qualificato come di "dirigenti emergenti" ossia quelli
che sono nati con il Bilancio Partecipato stesso, e si
sono formati per mezzo dei metodi di lavoro da questo
inaugurati. Sono i dirigenti che acquisiscono maggior
prestigio.
È importante notare che così come la
comunità forgia il processo del Bilancio, il fatto che
le richieste fra le aree siano concorrenti e in
alternativa sulla scena pubblica, vale a trasformare
anche i dirigenti. Essi arrivano a comprendere non
solo i limiti del potere pubblico, ma anche la
"relatività" delle proprie necessità confrontandole
con altre più urgenti ed importanti.
Il processo del Bilancio partecipato non si scontra
solamente con la strettezza e le limitazioni della
democrazia rappresentativa. Si differenzia sia dal
"consiglismo puro", cioè quel processo non regolato in
cui i più abili e attivi ricavano vantaggio, come
anche dal "populismo tradizionale" meramente
consultivo, nel quale la partecipazione popolare è un
semplice elemento di conoscenza perché l'Esecutivo
prenda le decisioni che gli paiono opportune. Il fatto
che il Bilancio Partecipato sia regolato con
prevedibilità e allo stesso tempo aperto (ossia
qualunque cittadino può parteciparvi), crea
effettivamente una cultura e una psicologia nelle
quali i dirigenti devono avere conoscenza delle regole
del processo stesso. Devono rispettarle e anche
attivare la partecipazione del maggior numero di
persone possibili, cercando di aumentare la loro
influenza grazie ai risultati. Le regole che
informano, dirigendolo e pianificandolo, il processo
del Bilancio Partecipato, sono controllate da una
Commissione Paritaria istituita nel 1994 che ha
approfondito il processo di cogestione fra il governo
e la società. La commissione è formata da 4
rappresentanti del governo che sono 2 Coordinatori
Regionali e 2 membri del Gabinetto per la
Pianificazione, e 4 consiglieri del bilancio eletti
dal Consiglio, che rappresenta le regioni in cui la
città è divisa, di nomina dei cittadini.
La base geografica della città è costituita dalla
divisione in 16 regioni o aree, divisione risalente ad
un accordo fatto nel 1989 fra il governo municipale e
i rappresentanti del movimento comunitario. A partire
dalle assemblee condotte in ognuna delle 16 regioni la
popolazione sceglie 4 priorità su 8:
· infrastrutture di base (fogna - rete idrica - gas -
luce)
· asfaltatura
· educazione
· assistenza sociale
· salute
· trasporto e circolazione
· organizzazione delle città;
ed elenca in ordine di importanza i lavori e i servizi
su ogni tema.
Altre assemblee plenarie avvengono su base non più
territoriale ma tematica. Alla loro origine sta
l'obiettivo di ampliare la partecipazione ad altri
settori sociali come sindacalisti, imprenditori,
commercianti, agricoltori e altri che ancora non erano
stati incorporati nel processo di discussione, ed
anche di dare la possibilità di approfondire la
discussione sulla pianificazione globale della città e
delle politiche settoriali per aree. Lo stesso
pubblico che partecipa nelle regioni, può frequentare
le riunioni tematiche allargate, per cercare soluzioni
ai più strutturali problemi della città nel suo
complesso. Anche durante le plenarie tematiche i
raggruppamenti tematici sono stati suddivisi in 5
voci:
· trasporti e circolazione
· salute e assistenza sociale
· educazione, cultura e tempo libero
· sviluppo economico e tassazione
· organizzazione e sviluppo urbano.
Il primo giro del Bilancio Partecipato si realizza nel
periodo fra la fine della prima quindicina di marzo e
la seconda metà di aprile per mezzo di assemblee
plenarie in ognuna delle 16 regioni e le 5 plenarie
tematiche. Oltre al sindaco, sono presenti a guidare i
lavori il Coordinatore Regionale, il Gabinetto di
Pianificazione, la Coordinazione delle Relazioni con
la Comunità, e i consiglieri della Regione o della
plenaria tematica. Il governo da conto per iscritto
del Piano di investimenti per l'anno trascorso e
presenta il piano di investimenti per l'anno in corso.
Presenta anche il Regolamento del Bilancio con il
regolamento interno, i criteri generali della
distribuzione delle entrate fra le regioni, i criteri
tecnici, legali e regionali.
Sia nelle regioni che nelle plenarie tematiche la
popolazione giudica i conti ed elegge i suoi delegati.
I criteri numerici seguono la seguente
proporzionalità:
N. DI PARTECIPANTI |
POPOLAZIONE DI DELEGATI |
N. ELETTI |
fino a 100 |
01 per 10 |
10 |
101-250 |
01 per 20 |
8 |
251-400 |
01 per 30 |
5 |
401-550 |
01 per 40 |
4 |
551-700 |
01 per 50 |
3 |
701-850 |
01 per 60 |
3 |
851-1000 |
01 per 70 |
2 |
oltre 1000 |
01 per 80 |
proporzionale |