CENTRO OBIEZIONE DI COSCIENZA MONTEVERDE
presenta

PIAZZA KURDISTAN

Immagini del popolo kurdo nella manifestazione di Roma

Volti di donne e di uomini in lotta per la pace, la democrazia, la libertà

Piazza Kurdistan

Fotografie di Riccardo De Luca & Filippo Thiery

novembre 1998


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Perché queste immagini ?


Roma città aperta
Sono arrivati a migliaia, da Germania, Olanda, Svizzera, Francia, Austria, Danimarca, alcuni anche da oltreoceano, altri dal resto d'Italia. Un popolo intero, un popolo in esilio, si è raccolto qui a Roma per raccontare al mondo la propria tragedia. E quel popolo senza terra ha fatto propria una città, eleggendola per qualche giorno a propria capitale. Il cuore di questa incredibile manifestazione è stato quel piazzale dietro al Colosseo che fino ad oggi era noto ai romani per l'ospedale militare o come luogo di parcheggio vicino al centro, e in quei giorni di novembre, spazzati da una impietosa tramontana, è diventato un angolo di Kurdistan. Un frammento, cioè, di quella terra i cui confini e i cui colori sono vietati dal regime turco, insieme alla cultura, alla lingua, all'identità e alla storia di un intero popolo. E' un fondamentale partner economico, politico e militare dell'Occidente, la Turchia, che sulla questione kurda rivela il suo volto di regime feroce, affogando e reprimendo nel sangue non solo chi si ribella, ma anche chi tenta solo di resistere... e noi italiani del valore della resistenza dovremmo saperne qualcosa. Viene considerato nemico del governo anche chiunque si permetta semplicemente di avere in mano una cartina con i confini del Kurdistan, perché tracciare quelle linee a cavallo di cinque stati è un reato. I semafori segnano il rosso, il giallo.... e il blu : perché altrimenti con il verde si completerebbero i tre colori della bandiera kurda. In carcere i detenuti intrecciano fibbie e altri capi di abbigliamento in rosso, giallo e blu. Perché il verde non viene fatto entrare, in carcere. E' un colore vietato. Quei tre colori insieme, sono vietati. La tortura in carcere è uno degli strumenti di repressione. Questo è il Kurdistan, questa è la Turchia.

Come risulta da documenti ufficiali presentati dieci anni fa alla Commissione Profughi del Parlamento Europeo, il leader del PKK si è battuto per la sospensione unilaterale delle azioni di guerra e per la pace tra il governo turco e la minoranza kurda, chiedendo un riconoscimento amministrativo e culturale per quest'ultima e il rispetto dei diritti umani. A fronte di queste richieste, il governo turco ha scelto di continuare una guerra di sterminio che ha spinto centinaia di migliaia di kurdi in un esodo disperato verso l'Europa, abbandonando la loro terra non per fame ma per motivi di persecuzione politica. E se la tragedia di chi deve lasciare il suo paese per mantenere la propria famiglia è già di per se' straziante, quella di chi è costretto a farlo per sfuggire ad un regime che vuole cancellare l'identità di un popolo e' semplicemente pazzesca. Il caso Ocalan, al di là delle molteplici e non sempre fondate opinioni che si sono accavallate, ha avuto l'innegabile merito di rendere non rinviabile la ricerca di una soluzione politica per la questione kurda, a meno di non accettare nella tanto sbandierata Unione Europea un paese che si rende protagonista di così gravi violazioni dei diritti umani. 

Abbiamo voluto, in queste immagini, fermare e fare nostri gli sguardi di quel popolo, per amplificare e far rimbalzare all'infinito la loro testimonianza. Che da questa città, dalla nostra città, possa essere partito un cammino di pace e di democrazia in grado di restituire a quel popolo la libertà più importante di tutte: quella di professare la propria cultura nella propria terra,  e di non finire sotto tortura in un carcere per il solo fatto di parlare la propria lingua.

Ma c'è una speranza e una convinzione in più, dietro la volontà e l'impegno nello scattare queste fotografie: l'idea cioè di guardare con un occhio diverso dal solito la presenza di stranieri nelle strade della nostra città, uomini e donne che parlano, cantano, danzano, ridono, piangono, vivono secondo la propria identità di razza e di popolo, e non secondo il modello o gli stereotipi che la nostra cultura o la nostra abitudine impone come "normali".
In una nazione come l'Italia, che deve alla presenza dei cittadini stranieri l'importante compensazione del calo demografico, è ora che si compia la rivoluzione culturale di considerare il fenomeno dell'immigrazione come risorsa e non come problema di ordine pubblico, come stimolo all'apertura e non come esigenza di alzare barriere sulle coste, come possibilità di interscambio tra tante culture e non come tentativo di integrare gli altri nella nostra. E dalla capitale del nostro paese parta questa rivoluzione di mondialità. Per una città solidale, multiculturale, antirazzista, senza steccati né confini: Roma, città aperta.


Filippo Thiery & Riccardo De Luca



Per approfondire :

Partiya Karkeren Kurdistan (PKK) Kurdistan Workers Party
Kurdistan Workers Party (PKK)
Ocalan.net A website dedicated to Abdullah Ocalan
Komala The Kurdistan organization of Communist Party of Iran
Kurdish Human Rights Project KHRP is an NGO dedicated to protecting and promoting the human rights of all persons within the Kurdish regions
The Socialist Party of Kurdistan (PSK)
Kurdistan Communist Party
National Liberation Front of Kurdistan (ERNK) Balkan Representation
National Liberation Front of Kurdistan (ERNK) Finland Bureau
National Liberation Front of Kurdistan (ERNK) Spain


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