La dolce utopia dello Zokkolette
Football Club Da gruppo di
obiettori di coscienza a società amatoriale che si batte per
un calcio equo e solidale
CHRISTIAN RAIMO ROMA
Lo stesso striscione da portare a
Genova contro il G8 e sugli spalti dell'Olimpico per il derby,
a Firenze per il Forum Sociale Europeo e sul campo di calcetto
il martedì sera. Lo Zokkolette Football Club è la minima
utopia realizzata da una decina di obiettori di coscienza
conosciutisi nel 1997 in un centro di ascolto per immigrati a
via delle Zoccolette, a Roma. Dopo un anno di servizio civile
passato tra racconti di vita migranti e richieste di asilo
politico, l'evoluzione naturale è stata quella di dare
continuità a quella esperienza e dunque la decisione di
fondare una piccola associazione «solidale»: in forma di
società calcistica. Interessi disparati (un meteorologo, un
professore di italiano, un giornalista, un informatico, un
sociologo...), militanze opposte (romanisti, laziali,
milanisti, juventini), ma l'idea condivisa e ostinata di unire
la passione di calciatori dilettanti e tifosi accaniti con la
fedeltà a una visione antirazzista, non violenta del vivere
comune.
«Il calcio», sintetizza Filippo Thiery, uno dei
componenti, gestore del sito www.obiezione.it/zokkolette, «è ovviamente un veicolo ottimo per condurre alcune battaglie di
civiltà, di pace; esattamente l'opposto della tendenza attuale
a militarizzare gli stadi, che altro non porta che a fomentare
ancor più gli estremismi delle frange violente e della
polizia».La possibilità di un calcio equo e solidale si è
tradotta nei cinque anni di attività in pratiche quotidiane e
iniziative speciali. Il che vuol dire usare palloni ad alta
dignità, cuciti da adulti equamente retribuiti (in quello
stesso Pakistan dove si calcola invece che 7000 bambini siano
sfruttati dalla aziende sportive per garantire l'80% della
produzione mondiale di palloni da calcio). Oppure organizzare
tornei che al calendario delle partite affianchino momenti di
formazione ed informazione su tematiche sociali. O anche,
esempio, affittare il campo non in un circolo sportivo tenuto
da miliardari amici di Previti, ma in quello gestito da una
casa-famiglia per stranieri in difficoltà.
Il mister
onorario del gruppo è il calciatore che più ha dato visibilità
a queste prese di posizione, il romanista Damiano Tommasi (il
suo sito è diventato un tale catalizzatore di iniziative da
sembrare quello di una Ong). Pacifista convinto, obiettore di
coscienza, insieme ad Antonioli e Guardiola da mesi scende in
campo legandosi al braccio il fazzoletto bianco di Emergency,
gesto che è stato rilanciato da tutti i colleghi calciatori lo
scorso 10 dicembre, per la giornata dei diritti umani. Era già
successo due anni fa, in occasione della guerra col Kosovo, il
suo compagno Tomic aveva tutta la famiglia sotto le bombe a
Belgrado, e Tommasi aveva convinto giocatori e staff tecnico a
indossare sotto la maglia la maglia di gioco la t-shirt
dell'Associazione Obiettori Nonviolenti con la scritta «Stop
violence, stop war». Adesso con il divieto di lanciare
messaggi da sotto le maglie, e considerato il nuovo corso di
politica internazionale, la proposta delle Zokkolette è di
attrezzarsi direttamente con un tatuaggio sul petto.
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