LA MERCIFICAZIONE DEL MONDO

di Susan George


da: Le Nouvel Observateur
numero speciale, ott. 2001
"Indignazioni"

(traduzione dal francese di Norbert Fazio e Isabella Marinaro)


Gli architetti della mondializzazione sono una minoranza senza volto: la Banca Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale accrescono la miseria dei paesi poveri; il WTO trasforma le attività umane in mercificazione. Vicepresidente di Attac – Francia, Susan George rivendica un’economia al servizio di tutti dove la dignità dovrebbe essere un bene inalienabile.


Dal primo contatto a proposito di questa intervista, ho spiegato a Nouvel Observateur che non desideravo parlare di me, ma delle mie idee e delle mie battaglie fondamentali che, a mio avviso, bisogna portare avanti. Al limite, l’indignazione non mi sembra un buon motore per l’azione: chi potrebbe restare in un simile stato di tensione per giorni, mesi o anni? Certo non io, è troppo faticoso! Più efficace mi sembra riuscire ad avere la fredda conoscenza dell’avversario – per prima cosa, identificarlo chiaramente; poi capire quello che lui è condannato a volere data la sua stessa natura – poiché tutto quello che fa è logico e deriva dai suoi interessi – interessi di potere, di denaro, di prestigio – spesso a breve termine. E’ capace di ragionare diversamente, perfino quando si tratta dei propri interessi? Tutto sta nei rapporti di forza di questa lotta: in materia di giustizia o di democrazia, non si è mai ottenuto niente facendo appello all’umanità, all’etica o alla buona volontà dell’avversario. Questi cambia il suo comportamento e la sua politica solo quando non può più fare diversamente. Cerco di spiegare le condizioni di questo diversamente.

Venti o trenta anni fa, la politica e l’attività militante erano molto più facili. Bastava gridare "USA fuori dal Vietnam!", "La vittoria ai sandinisti!", oppure "No all’apartheid!". Tutti capivano. Le battaglie oggi sono molto più complesse. Gli architetti della mondializzazione sono un’infima minoranza, senza volto, che hanno dei mezzi immensi a loro disposizione e si nascondono dietro locuzioni barbare, menzognere o impenetrabili come "adeguamento strutturale", "libertà di commercio" o "valore azionista".

Teoria della cospirazione? Niente affatto. Facciamo, piuttosto, delle constatazioni. Dal 1980, le disparità all’interno dei paesi del Nord e del Sud, così come quelle che persistono tra Nord e Sud, aumentano inesorabilmente. La Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale (FMI) contribuiscono, attraverso le loro politiche, ad affondare i poveri dei paesi poveri sempre più profondamente nella miseria. I mercati finanziari sono diventati quasi interamente parassitari e non confortano più l’economia reale. Le imprese transnazionali fanno il bello ed il cattivo tempo nei governi e nell’Unione Europea; i loro profitti aumentano e il numero dei loro salariati diminuisce; queste sfuggono sempre di più alle imposte. Quanto al WTO, il suo obiettivo è quello di fare di tutte le attività umane delle merci.

Se le prove di ciò che noi sosteniamo esistono da un pezzo, è solo da qualche anno che hanno fatto nascere un fenomeno nuovo e che ci fa sperare. Sempre più gente scopre un segreto ammirevolmente custodito: niente di tutto ciò è inevitabile. La globalizzazione attuale non è stata decretata da Dio, Mosè non ha ricevuto sul Sinai un undicesimo comandamento: "tu sarai neo-liberale"; la fisica newtoniana e la meccanica quantistica non descrivono alcuna legge della natura in questo senso e l’economia può, contrariamente alle apparenze, essere organizzata per servire i bisogni di tutti i cittadini, fermo restando la conservazione dell’ecologia del pianeta. Questa verità è espressa nella parola d’ordine, apparentemente semplice, di ATTAC (Associazione per la Tassazione delle Transazioni finanziarie per l’Aiuto ai Cittadini): "un altro mondo è possibile."


Chi sono i responsabili?

Non vi crediamo più, voi i padroni dell’universo, i megadirettori generali e gli altri grandi speculatori dell’universo; non vi consideriamo più come legittimi, voi il G8, per decidere dei problemi del pianeta intero. E voi, gli economisti del FMI, siete incapaci di gestire una pizzeria di periferia e vorreste gestire i tre quarti del mondo? Continuate, se volete, a celebrare le vostre grandi cerimonie a Davos, a tenere i vostri conciliaboli in fortezze medievali, a frequentare le vostre riunioni rituali; non avete capito niente, non siete più pertinenti; preferisco dirlo, in inglese: siete diventati "irrelevant", alla soluzione dei problemi coi quali ci siamo confrontati.

Le vostre idee sono logore, le vostre politiche caduche, la vostra legittimità è intaccata, ma non il vostro potere. Voi avete ancora un’immensa capacità di nuocere. La vostra globalizzazione neoliberale è una macchina da escludere; un motore che diffonde fame e miseria; uno strumento per rinforzare la dominazione del denaro e del profitto. Molti di noi pensano che niente vi fermerà in questa vostra smania di potere. Nessuna catastrofe ecologica vi farà riflettere. Nessun livello di sofferenza umana farà cambiare le vostre politiche. Nessuna negazione della democrazia, nessuna repressione vi farà esitare. Le pallottole reali e i raid di una polizia fascistoide a Genova sono là per provarlo.

A questo punto, le domande precedono ogni azione diventano molto semplici. Prima di tutto: chi sono i responsabili? E subito dopo: come fermarli?

Le risposte alla prima domanda ottengono la quasi unanimità nel movimento di contestazione e di protesta. Qualunque sia l’orizzonte da cui si provenga – mondo sindacale, agricolo, ecologico, lotte per l’uguaglianza Nord-Sud, cultura, movimenti femministi… - le responsabilità sono per tutti accecanti. Non è né stupefacente, né per caso che sono state prese di mira il WTO (Seattle); i patronati mondiali (Davos o Melbourne) ed europei (Unice a Bruxelles); la Commissione Europea (Nizza); le istituzioni finanziarie internazionali (FMI e Banca Mondiale a Washington, Praga, Barcellona); il G8 (Birmingham, Colonia, Okinawa, Genova).

E’ con crescente irritazione che questo movimento si vede affibbiare l’etichetta di "anti-globalizzazione". Se gli si vuole aggiungere "anti-neoliberale", passi, ma è un puro controsenso: si assiste ad una calunnia mediatica, ossia definire "anti-globalizzatrici" delle persone la cui preoccupazione principale è la solidarietà internazionale e, come esigenza primaria, la democrazia planetaria.

Come fermarli? Le risposte a questa seconda domanda sono molteplici e costituiscono l’oggetto di accesi dibattiti in seno al movimento. E’ sano ed è normale, vista la sua recente emergenza. ATTAC, da parte sua, si definisce come "movimento di educazione popolare indirizzato all’azione", riconoscendo così la complessità delle problematiche della globalizzazione liberale e la sete che i suoi aderenti hanno di comprenderne il funzionamento. ATTAC vi risponde con un sito web ricco e un gran numero di pubblicazioni, di conferenze, di giornate di studio; una università estiva dove si radunano centinaia di persone.

Questo movimento cittadino ha anche delle soluzioni da proporre: imposte sul capitale internazionale, chiusura dei paradisi fiscali, annullamento del debito dei paesi poveri, riforme delle istituzioni finanziarie e del WTO, tra le altre cose. Ripetere gli slogan non basta: bisogna poter bloccare, sul proprio terreno, un avversario che pretende di detenere la verità assoluta.

Fino adesso, il movimento è riuscito solo ad impedire che dei nuovi orrori non venissero commessi. Non ha ancora potuto cambiare la situazione attuale. Ma gli OGM non sono stati piantati dappertutto; la Banca Mondiale ha annullato la sua conferenza di economisti a Barcellona in giugno; con il FMI, è stato deciso di ridurre la riunione annuale di Washington alla sua più semplice espressione, privando in questo modo gli ambienti d’affari di occasioni eccezionali per concludere i loro succosi e abituali accordi;

L'accordo multilaterale sull'investimento, il famoso AMI che avrebbe dato carta bianca alle imprese transnazionali, è stato evitato per pochissimo, grazie, rendiamogli giustizia, al governo socialista della Francia; il commissario europeo Pascal Lamy non ha ottenuto a Nizza, nel dicembre 2000, il voto a maggioranza qualificata sui negoziati commerciali che riguardano l'educazione, la salute e la cultura - grazie ancora, in buona parte, alla Francia. Ciò mi fa dire che la sinistra, con tutti suoi difetti, è comunque meglio della destra. Non bisogna sbagliare nemico. Bush e Berlusconi: forse è il momento di levare la maschera! Bisogna optare per il dialogo? Sì, con coloro che, onestamente, si sforzano di capire. Accordare il beneficio del dubbio, applaudire a ogni cambiamento positivo reale, ma non aspettare eternamente delle prove di buona volontà. Molte istituzioni non hanno alcuna intenzione di modificare, per poco che sia, il loro comportamento, o non lo possono, infeudate come sono negli interessi dei loro azionisti , sempre più avidi. La loro idea di dialogo, è poter dettare le regole, fissare l'ordine del giorno, decidere circa gli argomenti legittimi e quelli che non devono essere discussi e assicurarsi che solo il loro punto di vista sia ripreso dalla maggior parte dei media.

Impedire il peggio è bene; cambiare la natura delle cose, molto più difficile. È per questo che non ci sono piccole vittorie, poiché ogni avanzata crea un maggiore spazio politico per le battaglie che seguiranno. A parer mio, la dicotomia tradizionale "riforme versus rivoluzione" non ha più molto senso. Cos'è una rivoluzione quando si tratta di democraticizzare lo spazio geopolitico internazionale? Sarebbe forse il crollo simultaneo di tutti i mercati finanziari e di tutte le borse? Con il caos, la disoccupazione e la miseria che ne seguirebbero, si verrebbe a creare uno scenario che mi sembra perfetto come terreno di coltura per il fascismo.

Inoltre non ho capito il voto di Arlette Laguiller e dei suoi amici al Parlamento Europeo contro uno studio della tassa Tobin sulle transazioni finanziarie, poiché non so cosa voglia dire "non sono qui per rifare il trucco al capitalismo, ma per abbatterlo". Il capitalismo non sarà abbattuto da un grande colpo di ascia, ma da migliaia di piccoli tagli, con la costruzione di relazioni economiche alternative rispettose degli uomini e della natura.

Resta il problema della violenza. Nessun argomento oggi è più discusso all'interno del movimento . La scalata della violenza di Stato non dovrebbe scoraggiarci né dovrebbe farci rinunciare alla protesta sugli stessi luoghi e negli stessi momenti in cui si riunisce l'avversario. Ma, secondo me, i metodi e la natura delle alleanze sono da rivedere. Noi dobbiamo anche estendere e affinare le nostre proposte e le nostre alternative, che emergeranno dal movimento stesso, poiché non esiste una soluzione "chiavi in mano". L'incontro di Porto Alegre II, in Brasile, nel gennaio 2002 sarà un momento privilegiato di questa costruzione che, comunque avanza altrove, in centinaia di luoghi, attraverso altrettante esperienze e lotte. La democrazia ad ogni livello, anche all'interno del movimento, deve essere la nostra pietra angolare.

La distruzione attuale - sociale, economica, ecologica, politica - rasenta l'incomprensibile. Noi sappiamo tuttavia da dove viene. L'avversario possiede i mezzi materiali, una situazione acquisita, i nove decimi dei mass media. Ma è sempre più screditato. Se ancora ci manca un po' l'organizzazione, un po' d'unità, noi abbiamo dalla nostra il numero e le idee nuove. Non ho nessun dubbio sulla nostra capacità di vincere, col tempo. Dopo tutto, noi tentiamo qualcosa che, in tutta la storia, nessuno ha mai tentato.



LETTERA APERTA

di Susan George

Se è forse impossibile disarmare l'odio inespugnabile dei fanatici e dei suicidi, si può tuttavia portare l' assalto contro la povertà e le diseguaglianze che preparano il terreno al terrorismo.

Quali erano i problemi principali prima degli attacchi terroristici dell' 11 settembre 2001? Io ne vedo essenzialmente tre gruppi, che sono interconnessi. Il primo è quello della distruzione ambientale, del cambiamento climatico, della nostra eccessiva dipendenza per quanto riguarda le energie fossili. Il secondo, è il continuo aggravarsi della povertà e della diseguaglianza, la cattiva distribuzione delle risorse planetarie, la disparità – sempre più scandalosa, tra Nord-Sud. Infine, il mondo si trova innanzi ad una recessione terribile, nonché ad una depressione economica, a un surplus strutturale di produzione in tutte le industrie, con la conseguente minaccia di un nuovo aumento della disoccupazione e delle emarginazioni, anche nei paesi ricchi.

A ciò oggi si aggiunge il polo dell'insicurezza radicale generata dai conflitti post-stato, vale a dire quelli contro un avversario che non si dichiara e che non rispetta nessuna delle regole della guerra tra stati – regole che si sono evolute nel corso dei secoli . Il mondo esterno ha fatto irruzione in tutto il suo orrore nei paesi democratici e "per bene", perfino negli Stati Uniti. Rischiamo di cadere nello " shock delle civiltà " alla Samuel Huntington, e d'altra parte è quello che si augurano terroristi come Bin Laden, definito dal presidente egiziano Hosni Moubarak come "un megalomane che vuole prendere il potere mondiale". Il sogno di Bin Laden è che gli Stati Uniti e i loro alleati rispondessero contro i civili nei paesi di confessione islamica, portando al fondamentalismo di milioni di musulmani moderati che sarebbero pronti, ormai, alla guerra santa. Nel momento in cui scrivo la reazione degli Stati Uniti non è ancora chiara. Se l'irreparabile non è ancora stato commesso, è importante saper guardare oltre la punta del naso di George W. Bush. Sun Tse, grande generale cinese di quasi 3000 anni fa ha dato la risposta: "Non fare quello che più hai voglia di fare. Fai quello che il tuo avversario ha meno voglia che tu faccia".

Che cos'è che un avversario fanatico desidera di meno? Cosa può fermarlo portando comunque rimedio agli altri gravi problemi segnalati? Si tratta di una strategia keynesiana, non al livello di un paese - come il New Deal di Roosvelt che fece uscire gli Stati Uniti dalla crisi degli anni ‘30 -, ma a livello mondiale; vale a dire di grandi campagne di spesa pubblica. Per metter fine a tutti i problemi, bisognerebbe scatenare un immenso piano Marshall planetario, che potrebbe anche chiamarsi "contratto ambientale e sociale mondiale". La prima parte sarebbe consacrata al rinnovamento e alle recupero ecologico, nonché a svezzare l'Occidente dalla sua dipendenza da petrolio, incoraggiando l’usi di tutte le fonti di energia rinnovabile e imponendo agli industriali delle serie restrizioni. Tutte le tecnologie pulite necessarie già esistono. La politica di Bush è ancora ampiamente guidata dagli interessi dell'industria petrolifera; ma una dipendenza energetica dai paesi che possono facilmente cadere nell'islamismo fondamentalista, è pura follia.

Il secondo aspetto del piano consisterebbe in una lotta veramente seria contro la povertà e la disuguaglianza. Le agenzie delle Nazioni Unite stimano che sarebbe possibile dare a tutti gli abitanti della terra l'acqua potabile, cibo a sufficienza, maggiori cure sanitarie e un'educazione di base per la modica somma di 90 miliardi di dollari all’anno per dieci anni. A ciò aggiungerei una condizione (visto che non mi costa nulla assumere qui il potere assoluto): per ricevere questi fondi, ogni paese dovrebbe adoperarsi affinché tali fondi arrivino veramente alla società civile. Il modello dovrebbe essere il processo del bilancio partecipativo di Porto Alegre, città brasiliana di 13 milioni di abitanti, dove i quartieri ricevono direttamente i contributi del bilancio e dove la corruzione e lo spreco sono vicini allo zero. Un governo che rifiutasse la partecipazione dei rappresentanti delle differenti componenti della sua stessa popolazione in un processo di scelte democratiche sarebbe ipso facto escluso dalla manna e da questo contratto sociale su scala planetaria.

Come finanziarlo? Rinunciare al debito col Sud (sempre per i paesi che accettassero il gioco democratico) svincolerebbe delle importantissime risorse. Strozzare la criminalità finanziaria e chiudere i paradisi fiscali farebbe cadere molti soldi nelle borse degli stati e ridurrebbe di conseguenza l'insicurezza. Imporre delle tasse di tipo Tobin ai movimenti di valuta e agli strumenti finanziari. E ancora: tassare più efficacemente le imprese transnazionali comporterebbe entrate ampiamente sufficienti per mettere in opera il doppio contratto ambiente-sviluppo. L'aiuto pubblico allo sviluppo diminuisce di circa il 5% l’anno, ma queste somme potrebbero anche contribuire alla cassa comune.

Si tratterebbe, riassumendo, di mettere in opera una buona parte del programma Attac. La seconda guerra mondiale aveva dato un formidabile impulso alla ricostruzione e allo sviluppo riconosciuto nell'interesse di tutti. Se gli Stati Uniti hanno consacrato più del 3% del loro PIL a rimettere in piedi l' Europa, ciò era dovuto anche al fatto che avevano bisogno di questo partner commerciale. È sempre nell'interesse degli Stati Uniti cambiare comportamento, che lo vedano o meno. I paesi europei dovrebbero esercitare delle forti pressioni sugli Americani affinché questi risolvano finalmente il conflitto israelo-palestinese e non si avventurino più in embargos, bombardamenti e altri danni ai diritti dell'uomo, soprattutto nei paesi arabi.

Oggi, il mondo è uno e le centinaia di milioni di esclusi sanno perfettamente ciò che viene loro rifiutato. La povertà è un ottimo substrato per ogni risentimento che può mutarsi in terrorismo. Coloro che hanno perpetrato i massacri di New York e Washington non si fermeranno lì. A questo ingranaggio che può trascinare il mondo intero alla catastrofe, bisogna opporre un progetto politico radicalmente nuovo fondato sulla speranza così spesso articolata da Attac: un altro mondo è possibile. Oh! Quanto necessario!



LO STATO DEI FATTI

La ricchezza delle tre persone più ricche al mondo messe insieme è superiore al PIL di 48 paesi più poveri riuniti.

- 57 asiatici
- 21 europei
- 14 americani del nord, del centro e del sud
- 8 africani.


Ci sarebbero:

- 52 donne
- 48 uomini
- 30 bianchi
- 70 non-bianchi
- 30 cristiani
- 70 non cristiani
- 89 eterosessuali
- 11 omosessuali
- 6 persone sarebbero in possesso del 59% della ricchezza totale
- 80 persone vivrebbero in abitazioni insalubri
- 70 sarebbero analfabete
- 50 soffrirebbero di malnutrizione
- una sola possiederebbe una laurea.


(Fonti: rapporto dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, 2001; Centro per lo Sviluppo rurale, economico e sociale, 2001)




Roma Sud-Ovest Social Forum
Roma Sud-Ovest Social Forum