Per la serie "ho visto cose che voi umani non potreste neanche immaginare", a voi il riassunto dell'ultimo film di fantascienza attualmente in programmazione nelle questure italiane. Sceneggiatura impagabile a cura dei valorosi Carabinieri della Repubblica Italiana, capaci di sostenere una versione secondo cui...
"... mentre l'ausiliario Placanica Mario puntava la sua pistola verso l'alto con angolatura variabile tra i 65 e i 75 gradi sopraggiungeva un oggetto non identificato assimilabile a una pietra o ad altro materiale edile il quale materiale andava a impattare sul proiettile nel frattempo esploso dalla pistola d'ordinanza del Placanica costringendo il suddetto proiettile a invertire la direzione di marcia puntando di conseguenza verso il basso proprio dove nel frattempo era sopraggiunto inaspettato il giovane Giuliani Carlo il quale veniva così colpito dal proiettile nel mentre sopraggiunto".
NO COMMENT...
da "il manifesto" del 12 giugno 2002:
Piovono pietre
In un video l'ultima novità su Giuliani: il colpo deviato da un sasso dei no global.
Un calcinaccio di due chili, lanciato verso la jeep, avrebbe distorto la traiettoria di 25 gradi.
Il papà di Carlo: «Si scoprirà che era un tiro al piattello»
Sembra uno scherzo. Prima ci hanno provato con l'estintore, dicendo che il proiettile del carabiniere ha colpito Carlo Giuliani solo dopo aver «rimbalzato». Ma siccome l'estintore non porta segni certi del passaggio di una pallottola, ora hanno cambiato idea. «A deviare il colpo è stato un sasso, una pietra, forse un calcinaccio». Ma come un sasso? Sì, un sasso. Uno di quelli lanciati dai «facinorosi» contro la jeep dei carabinieri in piazza Alimonda. Non è la prima volta che accusano un sasso: quel 20 luglio di un anno fa, quando Carlo era ancora per terra, un poliziotto era stato ripreso da Mediaset mentre inseguiva un manifestante al grido di «l'hai ucciso tu con il tuo sasso». E dove l'hanno trovato il sasso? Era lì anche lui, a disposizione in un video depositato agli atti. Se i periti del pm Silvio Franz non l'hanno trovato prima la colpa sarebbe di Luna rossa cinematografica, accusata di aver consegnato un filmato «monco», «manipolato», privo cioè dei fotogrammi decisivi. La sequenza del sasso i periti l'avrebbero vista solo lunedì in procura in un altro filmato e - secondo le solite indiscrezioni - avrebbero fatto «un salto sulla sedia». Ora Luna rossa è sotto tiro: ieri la squadra mobile si è presentata negli uffici di Mauro Berardi, produttore che ha lavorato con Benigni e Troisi e oggi dirige questa piccola società indipendente (sul G8 ha realizzato Il cinema italiano a Genova, regia di Michelangelo Ricci, un film che ironizza su cineasti e no global). «Cercavano le cassette originali - ha raccontato Berardi - ma io ho già consegnato tutto. 290 ore girate da 20-25 operatori, compreso il materiale tagliato nel montaggio». Berardi e i suoi sono tranquilli ma non si può escludere che a Genova venga aperto un fascicolo a loro carico. E forse è l'avvio di una manovra più ambiziosa, diretta a screditare gli operatori indipendenti troppo cattivi con la polizia.
Ma cosa si vede in questo filmato mostrato ieri anche dai tg? Una pietra che vola verso la camionetta e poi va in briciole, non lontano dal tettino, in una nuvola di polvere bianca. L'impressione è che vada a picchiare sullo spigolo del tetto, precisamente sulla seconda «i» della parola «carabinieri» dove la carrozzeria sembra intaccata. Invece no. Lunedì i periti del pm hanno chiesto altri dieci giorni per mettere nero su bianco l'ultima novità: il colpo, sparato verso l'alto dal carabiniere Mario Placanica, avrebbe cambiato direzione e colpito Giuliani dopo l'impatto con la pietra. Fonti vicine al collegio peritale, che da giorni moltiplicano le fughe di notizie, parlano ora di un «calcinaccio» di circa due chili. E persino l'angolo della deviazione sarebbe determinabile. Fin qui i consulenti scrivevano che la traiettoria è stata modificata, precisando di non poter quantificare. Ora invece ipotizzerebbero una deviazione di 25 gradi.
E' stato il video a segnare una svolta nel lavoro dei periti balistici Paolo Romanini e Pietro Benedetti, dell'informatico Nello Balossino e del medico legale Carlo Torre. Con il sasso i consulenti spiegano i piccoli elementi obiettivi che li hanno spinto a ipotizzare una deviazione della traiettoria. Come è noto, sono partiti dalla frammentazione della pallottola (un pezzetto della camiciatura era nel cranio di Giuliani: lo dice la tac anche se il reperto è andato perduto) e dalle tracce di un piombo diverso, non appartenente alla pallottola, ritrovate nel passamontagna della vittima. Quel materiale, secondo i periti, è «di frequente osservazione in comuni manufatti e in particolare nei materiali per l'edilizia e nelle vernici». Era l'estintore? No, il sasso.
Ma dovranno anche chiarire, i consulenti, come mai non si veda una pistola puntata verso l'alto e all'esterno del Defender (dall'interno, sparando in aria, il proiettile avrebbe trapassato il tettino lasciando un foro), mentre i filmati mostrano chiaramente un'arma puntata ad altezza d'uomo, a circa un metro e mezzo da terra e leggermente all'interno della jeep. Nell'ingrandimento si vede anche una nuvoletta, forse prodotta dallo sparo, che va dritta verso Giuliani. E si scorge persino qualcosa di rossa che somiglia all'estintore, in volo verso la jeep proprio nel momento in cui la pietra si sgretola: non sarà che tutto questo avviene dopo lo sparo, quando cioè la vittima rotola e l'estintore se ne va per conto suo? Su questi elementi lavorano anche Claudio Gentile e i periti nominati da Giuliano Pisapia, legale dei Giuliani. Presenteranno una controrelazione anche se ormai, a Genova, sembra scontato che il pm Franz chiederà l'archiviazione e rinuncerà all'accusa di omicidio, riconoscendo la legittima difesa.
Il padre di Giuliani ha reagito con amaro sarcasmo. «Siamo ormai alla sommatoria delle perizie. Una dopo l'altra - ha detto Giuliano Giuliani - sento sempre più uno stridore di unghie sui vetri, ma credo che gradatamente ci si potrà avvicinare alla verita. Verrà fuori che Carlo si è suicidato e che quel giorno in piazza Alimonda c'era un' esercitazione di tiro al piattello».
I periti aumentano la distanza tra Placanica e Giuliani: un dato che contrasterebbe con la legittima difesa.
E la pistola è stata manomessa.
L'altra verità consegnata ai pm
L'esperto della famiglia replica: lo sparo fu solo "strisciato"
ROMA - Ucciso per un colpo di rimbalzo? Forse; possibile; da escludere.
Materia fluida le perizie. Palcoscenico per accreditare o tacere dettagli
utili a capovolgere una circostanza nel suo opposto. Soprattutto se è un
dettaglio a dividere un'ipotesi di legittima difesa da quella di omicidio
preterintenzionale o, peggio, volontario. Accade da sempre, accade ora per
la morte di Carlo Giuliani. Utile dunque stare ai fatti.
Non pochi e a ben vedere sorprendenti se si decide di leggerla per intero,
l'ultima delle perizie disposte dall'avveduto pubblico ministero genovese
Silvio Franz. Vediamo. Il frammento. Con sconcertante ritardo rispetto ai
fatti (20 luglio 2001), si decide di rimettere mano al sacco che
nell'ufficio corpi di reato conserva ciò che Carlo Giuliani ha lasciato
dietro di sé nel pomeriggio di piazza Alimonda: un passamontagna, una
canottiera, dei pantaloni imbrattati di sangue. Ebbene, proprio scuotendo il
passamontagna ne cade un frammento metallico di tre millimetri. Appartiene
ad uno dei due proiettili calibro 9 parabellum esplosi verosimilmente dalla
pistola di ordinanza dell'ausiliario carabiniere Mario Placanica. E'
sicuramente ciò che resta della camicia del proiettile, mai ritrovato, che
uccide Giuliani.
Carlo Torre, uno dei periti incaricati dal pm di questa nuova e conclusiva
consulenza, rileva sul frammento particelle di antimonio e bario
"incompatibili" con residui di sparo. Probabilmente - osserva - potrebbe
trattarsi di sostanze proprie di pigmenti utilizzati nelle verniciature
industriali.
Cosa significa? Per la difesa di Mario Placanica, molto. E' la
dimostrazione - si spiega - che alle 17 e 27 del 20 luglio 2001 il
carabiniere non mira alla vita di Giuliani. Al contrario, spara in direzione
dell'estintore (ecco le tracce di "vernice") che il ragazzo solleva sopra la
testa negli attimi che precedono la sua morte. Di "rimbalzo", dunque, si
trattò. Di "fatalità". Possibile? Claudio Gentile, consulente balistico
della famiglia Giuliani, è uomo paziente e dall'intelligenza affilata. La
racconta così: "Nella letteratura scientifica, il termine rimbalzo ha un
significato proprio. Indica una deviazione di almeno 10 gradi impressa al
proiettile da un corpo estraneo che si frappone tra il punto di esplosione e
quello di impatto. Ebbene, non è il caso del colpo che uccide Carlo
Giuliani. Il frammento repertato nel passamontagna dimostra infatti soltanto
una cosa: il proiettile, curiosamente visto il calibro e la velocità, si
sbriciola all'interno del cranio di Giuliani perché fratturato al momento
del suo impatto. Perché lungo la sua traiettoria, striscia - e sottolineo
striscia, non rimbalza - contro un corpo estraneo, che al momento non è
stato individuato, ma che certamente non influenza la traiettoria di sparo.
Probabilmente non l'estintore, perché le immagini dimostrano che quando
Carlo Giuliani viene colpito, l'estintore è sollevato su una verticale
spostata posteriormente al punto di impatto del proiettile e dunque non
compatibile con una seppur impercettibile deviazione".
Sia come sia, il discorso appare chiaro. Per Gentile, il "rimbalzo" è storia
buona per chi la vuol bere. Perché quel frammento di piombo non scioglie
affatto il dubbio sulla "volontarietà" di Placanica di indirizzare il colpo
esattamente dove ha concluso la sua corsa. "Perché - a dirla con la brutale
franchezza di Giuliano Pisapia, tenace avvocato della famiglia Giuliani -
non siamo in un cartone animato". Distanza e "manomissioni". A ben vedere,
tanta sicurezza nella polemica ha un motivo. La perizia di Torre - ecco il
punto - al di là del "rimbalzo" conforta la famiglia Giuliani, l'avvocato
Pisapia, il consulente Gentile per quello che pure svela, ma che le
indiscrezioni del pomeriggio di ieri tacciono.
Innanzitutto, la distanza tra il "defender" a bordo del quale si trovava
Placanica e Carlo Giuliani. Non un metro, come voleva la prima perizia
disposta dal pm. Ma tre volte tanto. Ancora Gentile: "I periti del pm mi
hanno comunicato che, dopo un ennesimo calcolo, la distanza tra il braccio
teso di Placanica e la testa di Carlo Giuliani è ora stata fissata in circa
2 metri e 90. Qualcosa di meno dei 3 metri e 40 che ipotizziamo noi, ma
comunque compatibile con la nostra ricostruzione". Che, nelle parole
dell'avvocato Pisapia, così suona: "Placanica estrae la pistola ben prima
che nel suo campo visivo entri Carlo Giuliani. Brandisce l'arma ad altezza
d'uomo, fa fuoco quando Carlo non è una minaccia per chi è a bordo del
defender". E non finisce qui. Almeno tre scoperte dei periti incaricati dal
pm della nuova consulenza ingrassano oggi il sospetto della famiglia
Giuliani che l'Arma dei carabinieri non abbia lealmente collaborato
all'indagine. Primo: l'arma di Mario Placanica è stata manomessa prima di
essere consegnata per gli esami ai magistrati. Le due "spine" dell'espulsore
che sorreggono la canna sul fusto della pistola risultano "maneggiate" in
modo macroscopico. Quasi che - eccepisce la difesa Giuliani - qualcuno
avesse voluto montare sul fusto della pistola di Placanica (quella su cui è
impresso il numero di matricola) una canna di un'altra arma, allo scopo di
rendere difficile se non impossibile una comparazione con gli eventuali
proiettili ritrovati. Secondo: manomessi risultano l'interno del "defender"
e parti della sua carrozzeria. Nonostante il mezzo fosse sotto sequestro
giudiziario, qualcuno ha riverniciato il paraurti anteriore e, soprattutto,
sostituito all'interno della jeep la leva che consente di orientare il faro
posto sul tetto. Perché?
Anche qui, la difesa Giuliani ha una risposta. "Forse per impedire che
analisi di laboratorio su eventuali residui di sangue o capelli
dimostrassero che Placanica non fu colpito, ma si ferì da solo, urtando con
la tempia contro la leva posta all'interno dell'abitacolo".
Terzo: l'autopsia tralasciò inspiegabilmente di estrarre dal cranio di Carlo
Giuliani un rilevante frammento di proiettile mostrato dalla Tac effettuata
al momento del ricovero. Frammento, che, se repertato, avrebbe consentito di
effettuare una perizia decisiva che dimostrasse la compatibilità tra i colpi
esplosi. Vedremo.
4 giugno 2002