DOCUMENTO DEL GRUPPO DI LAVORO SU "L’ITALIA IN GUERRA"
FORUM ANTILIBERISTA, ROMA 10/11/2001
Il Parlamento ha votato l'entrata in guerra dell'Italia. Solo 35 parlamentari hanno votato contro, unici a dare ascolto alla coscienza civile del paese che già si era espressa chiaramente, in difesa della Costituzione (art. 11) e della pace, alla marcia Perugia-Assisi e nelle numerose manifestazioni di protesta di queste settimane. In questo modo il "partito della guerra" rende l’Italia complice dell’assurda guerra di bombardamento in Afghanistan che produce solo stragi di civili e devastazioni di un paese già in macerie; inoltre trasforma il nostro paese in un bersaglio di potenziali ritorsioni e violenze terroristiche. La strada della pace e della giustizia passa da un'altra parte. Così come quella della sicurezza dei popoli, che può basarsi soltanto sulla solidarietà e sulla ricerca di una convivenza possibile, e non sulla costruzione di un nemico da schiacciare militarmente, seminando il terrore tra la popolazione civile e producendo migliaia di profughi con un'emergenza sanitaria e nutrizionale senza precedenti.
Invece siamo in guerra. L'Italia è in guerra e la praticherà attivamente. Dopo dieci anni di coinvolgimento crescente nelle avventure belliche scatenate dagli Stati Uniti e dalla N.A.T.O. in Iraq e in Jugoslavia ( nonché in Somalia per una finta missione di pace), le truppe italiane si accingono a partire alla volta dell'Afghanistan dove saranno impiegate direttamente sul terreno in un conflitto che finirà per alimentare il terrorismo anziché combatterlo, determinando un ricompattamento delle forze integraliste islamiche più estremiste e togliendo ogni spazio alla politica ed ai movimenti democratici presenti nei paesi arabi. L’allarme riguarda poi l’allargamento del conflitto a livello mondiale, data la volontà strategica più volte manifestata dai comandi militari USA di colpire i cosiddetti "Stati canaglia". Come in Iraq e Jugoslavia - dove l'intervento armato ha avuto effetti catastrofici (centinaia di migliaia di morti in Iraq, la pulizia etnica e la devastazione del Kossovo) gli effetti visibili, oltreché prevedibili, sono in aperta contraddizione con lo scopo dichiarato di tali operazioni.
In alternativa a questa spirale d’odio ed all’ escalation della guerra, una politica di pace avrebbe richiesto da tempo la soluzione del problema palestinese ( due popoli, due Stati ), l’affermazione dei diritti del popolo Kurdo, la cessazione dell’embargo in Iraq e dello stillicidio dei bombardamenti USA.
Oggi si giunge a teorizzare la "guerra infinita", uno stato permanente di mobilitazione armata contro un "nemico" indefinito, capace di materializzarsi volta per volta, guarda caso, nei luoghi cruciali per il controllo, lo sfruttamento e il trasferimento delle risorse energetiche del pianeta. Dietro la farsa ideologica della "libertà duratura" e dietro la giustificazione della lotta al terrorismo (per la quale i bombardamenti sono completamente inefficaci ), si nascondono macroscopici interessi economici e geo-politici per il controllo dei territori del Caucaso e dei corridoi energetici del petrolio e del gas.
Il motivo per cui ci siamo opposti e continueremo ad opporci a questa guerra, non è quello che ci viene affibbiato come insulto ("siete antiamericani"). Noi stiamo dalla parte di tutti i popoli, siamo contro la pena di morte, la guerra, le stragi ed il terrorismo: nessun popolo si merita una strage, qualunque crimine o scellerata politica si possa attribuire al suo governo. Per questo abbiamo manifestato contro il terrorismo e siamo solidali col popolo statunitense. Per questo eravamo contro la guerra NATO in Jugoslavia, contro la guerra del Golfo e l’embargo in Iraq.
Per le stesse ragioni siamo oppositori dei talebani e della loro logica di morte e dei governi della Nato e della loro logica di guerra. Una logica che impone la guerra come strumento "normale" di governo del mondo.
Uno degli obiettivi che si vogliono raggiungere attraverso la teoria aberrante della "guerra infinita" è mascherare, attraverso un'insicurezza alimentata ad arte, l'insicurezza reale che nasce dalla negazione dei bisogni più fondamentali: lavoro, sicurezza sociale, istruzione, salute, consolidando un modello di societa' devastante, fondato sulla precarietà, sulla segregazione, sull'esasperazione delle disuguaglianze, sulla riduzione a merce di ogni aspetto dell'esperienza umana. Un modello di produzione e consumo fondato sul saccheggio sistematico delle risorse del pianeta e sullo sfruttamento selvaggio di una parte consistente della popolazione mondiale.
Opporsi alla guerra e a ogni forma di sopraffazione e violenza è indispensabile per garantire una prospettiva diversa, di condivisione delle risorse, di convivenza delle culture, di riduzione progressiva delle disuguaglianze, in un quadro di libera circolazione delle persone e rispetto della dignità di ogni essere umano..
Mobilitiamoci per la pace, per costruire un altro mondo possibile.
PROPOSTE DI PERCORSI PER IL MOVIMENTO
Il movimento antiliberista per un altro mondo possibile ha necessità di ripensare le proprie azioni politiche attorno alla priorità della guerra . Emerge il bisogno diffuso di approfondire le analisi, i momenti di autoformazione, di seminari interni ai forum. Siamo infatti impreparati come soggetto politico complessivo alla portata degli eventi epocali che hanno il loro fulcro nella guerra come braccio armato della globalizzazione e strumento di dominio globale. Ci si rende conto di trovarsi di fronte un governo strategico del mondo ed una trasformazione della stessa globalizzazione che richiede nuovi sforzi di analisi, socializzazione dei saperi, elaborazione di una coscienza critica autonoma del movimento. Ancora una volta siamo stati sorpresi dalla guerra e la tentazione di molti è quella del passato: cercare di pensare alla guerra come ad un episodio da mettere in parentesi, per lo sconvolgimento che determina anche delle nostre pratiche politiche oltreché del nostro quotidiano, rassegnarsi all’impotenza, aspettare che passi. Invece la guerra non è mai passata dal ’91 in poi, ed oggi diventa la "normalità" del governo del mondo, la sostituzione della politica. Bisogna dunque lavorare alla lunga sui meccanismi che producono la guerra, sulle forze sociali e le istituzioni che la sostengono, sui processi economici che la determinano, sulla ideologia che la accompagna, sulla cultura che la giustifica e permea il sociale, sulla produzione dei meccanismi simbolici che definiscono il nemico. Qui il problema dei migranti ripropone la centralità e l’intreccio tra logica di guerra e logiche di repressione interna ai paesi ricchi, di quello che viene costruito come il nemico interno, sia l’immigrato, sia il soggetto conflittuale come il nostro movimento, sempre nel mirino dei tentativi di criminalizzazione.
Costruire percorsi di continuità delle iniziative sulla complessità del tema guerra ci sembra una priorità per tutto il movimento.
Si propongono in particolare due percorsi:
1) Uno di formazione del movimento attraverso i social forum che potrebbero svolgere un lavoro di socializzazione dei saperi, di raccolta di informazioni e seminari, su temi sia legati alle iniziative di lotta, sia all’approccio teorico al tema della pace che richiede approfondimenti (ad esempio sul nesso guerra-globalizzazione-capitalismo, così come sulla necessità di un nuovo pacifismo).Attraverso questo percorso, proponiamo che si costruisca una ASSEMBLEA NAZIONALE DEI SOCIALFORUM SULLA GUERRA, pensata come assemblea del movimento e della sua nuova coscienza critica. Per l’organizzazione di questa assemblea proponiamo il coinvolgimento ed il massimo impegno del gruppo di lavoro nazionale contro la guerra in formazione dopo l’assemblea di Firenze ( bastaguerra@yahoogroups.com).
2) L’altro percorso è quello delle iniziative nel sociale rispetto a cui si segnala l’importanza di una comunicazione molto semplice ed incisiva, adeguata all’allargamento del dissenso alla guerra nell’opinione pubblica. A quest’ultimo proposito si propongono campagne di controinformazione sui seguenti temi: la campagna contro le spese militari ( finanziaria di guerra ed obiezione fiscale alle spese militari) , il boicottaggio delle banche armate, la campagna per la smilitarizzazione dei territori e la denuclearizzazione del Mediterraneo, la campagna contro l’uso dell’uranio impoverito e per la messa al bando delle armi di distruzione ( dalle bombe a grappolo ai nuovi sistemi d’arma).
Una proposta di campagna popolare e spontanea che i Social Forum potrebbero stimolare ed incentivare è quella dei lenzuoli: diffondere, con iniziative di quartiere, la pratica di appendere un lenzuolo o drappo bianco con scritte contro la guerra alle finestre ed ai balconi. E in generale, trovare forme di controinformazione diffuse sul territorio come le tende per la pace o altre simili iniziative che consentano di avvicinare la gente nei suoi luoghi quotidiani, ci sembra un metodo importante.
Si è proposto anche di appoggiare e suscitare la proposta di uno sciopero generale contro la guerra e di produrre un libro bianco sulle guerre "dopo l’89".