UN BAMBINO CHIAMATO ICU7
di Gino Strada
26.10.2001
L'altro giorno, come sapete, i due razzi sul bazar di Charikar ci hanno portato ventiquattro feriti in poco più di mezzora. Sono stati tutti operati e, col cinismo di cui solo noi medici siamo capaci, "stanno tutti bene".
Il problema è nostro, ancora una volta, di noi medici. Che quando diciamo "stanno bene" intendiamo dire solo che non abbiamo avuto morti, che per il momento almeno sono tutti vivi.
Loro, invece, stanno male. Comunque. Anche se noi lo chiamiamo "bene".
E ogni volta che riusciamo ad accorgercene che stanno male, o forse ogni volta che non ne censuriamo l'evidenza per autodifesa, beh, va a finire che stiamo male anche noi.
Allora, Charikar.
Tra i feriti c'é un bambino sui dieci anni - dieci anni, non ha davvero la faccia del terrorista e neanche quella del fanatico - ed è in coma.
Colpito alla testa, come molti di quelli che vivono sotto i bombardamenti.
Ci viene scaricato nel pronto soccorso dell'ospedale, poi al momento di compilare la cartella clinica, si cerca un parente, qualcuno che possa dirci almeno il nome.
Nessuno lo conosce, nessuno tra i tanti feriti, né i parenti che li hanno raggiunti al più presto.
Eppure erano tutti nello stesso bazar. Nessuno lo conosce.
Per tutta la notte, e per il giorno seguente, resterà ICU7, il letto numero sette in terapia intensiva.
Un bambino è diventato ICU7: a me fa paura.
Le pupille sono di dimensioni uguali, il che è un buon segno, un poco reagiscono, ICU7 ci dà ragioni di ottimismo.
Alle otto di ieri sera, rientra Kate dall'ospedale. Eravamo tutti a tavola, c'erano Marco, Fabrizio, Alberto e Vauro.
"Ragazzi, splendide notizie!" Mentre ci guardiamo perplessi Kate ci ripete tre volte, raggiante, "Splendide notizie!" e veniamo a sapere che ICU7 ha un nome.
Alle sette e mezza, ci dice, si presenta un signore in ospedale, viene da Charikar, a chiedere se per caso c'é un bambino in ospedale perché lui non trovava più il suo, dal giorno prima.
Kate lo ha accompagnato: ha riconosciuto ICU7 come il proprio bambino. "Ha dieci anni - conferma il padre - si chiama Shokrullah".
Ne siamo stati contenti.
Oggi, giovedì 25 ottobre, Shokrullah va un poco meglio, anche se è ancora in coma.
Suo padre, Abdul Gafur, è lì vicino che parla con Saheed Massoud. Shaeed, anche lui di Charikar, si trovava nel bazar, col figlio Idriss di quattro anni, quando sono esplosi i razzi, ed è salito col bambino in braccio su una delle prime ambulanze dirette ad Anabah.
Abdul Gafur, invece, stava in montagna, lui è un soldato, ha saputo molto dopo - via radio - dell'attacco a Charikar, e che suo figlio non era tornato a casa.
Si stringono le mani, si toccano la barba, sperano, entrambe vestiti con l' uniforme un po' vistosa e ridicola che in ospedale diamo ai parenti.
Anche Idriss, che almeno ha avuto un nome dall'inizio e un padre lì vicino, è stato colpito alla testa ed è in coma. E' probabile che resterà paralizzato nella parte sinistra del corpo, nel letto numero 6 della terapia intensiva.
Gino