UNA LETTERA
di Gino Strada
Anabah, 25 ottobre 2001
Cari amici di EMERGENCY
Martedì 23 ottobre non è stato solo il giorno dei razzi su Charikar. E' stato anche il giorno di Zia Gul e di Fawad.
Zia Gul è una delle tante donne afgane dall'età indecifrabile, ma potremmo rischiare un "cinquanta" portati malissimo, da vedova povera, che vive in un villaggio povero sulla linea del fronte,vicino a Bagram. Ha solo una figlia, di ventuno anni, abbandonata dal marito, svanito, si dice, in Iran.
Zia Gul vive lì, nello stesso villaggio dove Fawad, quindici anni, sta con tutta la sua famiglia. Il padre di Fawad combatte giù al fronte, poco distante da casa.
Zia sta raccogliendo legna per cucinare, a centocinquanta metri da casa. Fawad la vede, dal tetto. La vede anche esplodere su un mina qualche secondo dopo, vede la donna che brucia tra il sangue i vestiti e la legna.
Si precipita giù, corre veloce, veloce, prima che muoia dissanguata, corre.
Zia Gul è ora nella terapia intensiva dell'ospedale di EMERGENCY. Durante l'intervento chirurgico ha avuto un arresto cardiaco, poi si è ripresa. La gamba sinistra è amputata a metà della coscia,
la mammella destra è stata strappata via dallo scoppio, la spalla è mezza distrutta, profonde ferite un po' ovunque.
Nel letto di fronte a lei sta Fawad Abdul, di quindici anni: anche lui è amputato a metà della coscia, però a destra, a differenza di Zia Gul.
Già, di mina ce n'era un'altra, in quel prato.
Fawad l'ha calpestata per salvare la vita di una anziana - scusate, ma qui la vita media è quarantatré anni - del proprio villaggio. Lui ha pagato un prezzo altissimo, perché qualcun altro potesse restare vivo. E qualcun altro ancora, che resterà senza nome e senza medaglia, é corso in quel campo a soccorrerli tutti e due.
Fawad e Zia Gul si incontreranno di nuovo nel proprio villaggio tra qualche mese, vicini di casa, due gambe e quattro stampelle in mezzo alla devastazione della guerra.
Come volete che chiuda la lettera, con un "baci affettuosi"? Non è possibile.
Voglio però dirvi una cosa: grazie di essere in tantissimi a non farci sentire soli, tante belle persone che ci aiutano a sopportare tutta questa merda che è la guerra e a andare avanti.
Mentre vi scrivo, alle 16 e 54 ora locale, ci sono rumori di aerei che passano sopra di noi e vanno verso il fronte.
Gino