Lettera da Emergency Panshir a Emergency Milano
di Gino Strada
03.11.2001
Mi dicevano oggi alcuni giornalisti americani di possibili importanti azioni militari nelle prossime quarantotto ore... l'ho sentita decine, centinaia di volte questa storia. Ma in Afghanistan quello che succederà lo si sa sempre dopo, come deve essere, come ogni futuro che si rispetti.
Intanto noi di Emergency qui viviamo il presente. Cercando di tirare avanti, insieme con i nostri amici afgani, in mezzo a questa guerra assurda.
Come ci sentiamo?
Il più delle volte impotenti, assolutamente inutili, sconfitti dalla marea montante di inciviltà, di ignoranza, egoismo, incoscienza, volgarità e, soprattutto, di stupidità. Sappiamo che probabilmente saranno ancora loro a vincere, gli adoratori del denaro e della guerra.
E questo é, almeno per me, molto deprimente: il fatto che siano i terroristi o i generali a prendere decisioni che riguardano la vita di tutti noi, e condizioneranno quella dei nostri figli.
Ho sentito qualcuno di Emergency dire "aspetto a fare un figlio, in questo momento c'é troppo lavoro da fare, bisogna lavorare per la pace".
Da un lato mi sono commosso, perché so esattamente la passione e la fatica di tutti quelli che mandano avanti la baracca di Emergency a Milano e nel resto d'Italia. Ma poi mi sono spaventato, all'idea che qualcuno incominci a pensare che mettere al mondo figli, cioè metterli al mondo in questo mondo, sia cosa per il momento da evitare. Quasi a dire: vediamo prima come va a finire, non é detto che sarà un mondo bello da vivere.
E anche questo pensiero non ha certo migliorato lo stato depressivo del sottoscritto, perché mi é venuto in mente, per associazione, un altro pensiero, anzi un ricordo. Il ricordo di un padre orgoglioso, fiero, contento che il proprio figlio, neanche ventenne, si fosse fatto esplodere contro qualche nemico. Terribile.
C'é chi ha paura a fare figli, e chi é contento che il proprio figlio cessi di esistere. Credo proprio siano espressioni della stessa tragedia: l'assenza di futuro, di quello che si teme o di quello che si rifiuta perché già scritto e vissuto.
Siamo davvero nella stessa barca, tutti.
E allora lavoriamo sul possibile, e lavoriamoci sodo, perché c'é molto da fare, ma anche molto da capire, da scoprire, e poi ... non é scritto da nessuna parte che le utopie non siano trasformabili in progetti, e quindi praticabili.
E allora oggi vi inviamo queste foto. Qualche giorno dopo che é stata messa fuori uso una centrale elettrica a Khandahar lasciando al buio buona parte del Paese, come é stato detto con sorrisetto soddisfatto da qualche annunciatore statunitense.
Beh, insomma, se questo é quel che produce la guerra, di spegnere la luce perché nessuno possa più vedere il macello, forse è il caso che noi facciamo qualcosa di diverso: mi pare anche un gioco divertente, oltre una garanzia di fare cose utili.
In Panshir, incominciando dal villaggio di Zaman Khor, abbiamo deciso di accendere la luce, anzi di portarla, perché qui non c'é mai stata. La gente del posto é stata entusiasta dell'idea, hanno tutti partecipato al progetto. Si è creato un piccolo bacino a un lato del fiume, un paio di chiuse, una turbina, un po' di cavi.
Adesso, la sera, ogni casa ha una lampadina.
Pronti anche ad accenderle tutte insieme, la prima volta, per divertirsi.
Non é molto. Decisamente no, ma é qualcosa. In famiglia si potrà star seduti a conversare, a guardarsi in faccia. E' difficile per noi immaginare il passaggio da un mondo senza luce a una semplice lampadina.
Per centoventi famiglie nel Panshir é venuto questo momento.
Neanche questo é molto. Ma é il primo esperimento. Si può riprodurre, migliorare... ancora una volta, dipenderà dalla fantasia del popolo di Emergency.
Insomma, se la guerra spegne la luce, anche una lampadina può essere un piccolo segno di pace.
E allora basta parole, guardatevi le foto e spremiamoci le meningi.
Un abbraccio un po' depresso ma molto affettuoso.
Gino
p.s. Anzi, a pensarci bene, non sono depresso. Mi diverte immaginare la faccia allibita e forse scandalizzata di qualcuno nella sede milanese di Emergency. L'operazione "diamo la luce alla valle del Panshsir" l'abbiamo tenuta segreta per fare una sorpresa. Adesso qualcuno starà dicendo "ma noi che cosa c'entriamo con la luce? ma di questo passo dove andremo a finire?". Io non lo so. E voi?