UN'ALTRA FINANZIARIA E' POSSIBILE!!!
DOCUMENTO APPROVATO DAL GRUPPO DI LAVORO SU FINANZIARIA E SPESA SOCIALE - ASSEMBLEA NAZIONALE DEI FORUM SOCIALI, FIRENZE 20-21 OTTOBRE 2001
Meno spese militari, più spese sociali
contro la Finanziaria di guerra,
Per una campagna di lotta per il reddito garantito!
Rivendichiamo i nostri diritti negati: casa, lavoro, reddito, servizi
sociali!
37.000 miliardi di spese militari, un aumento quindi del 10% rispetto
all'anno precedente, 4.000 miliardi per una portaerei di cui tutti,
finanche il Ministro della Difesa, ne riconoscono l'inutilità, 16.000
miliardi per l'eurofighter, miliardi e miliardi per le sostenere
l'acquisto di nuove armi e la professionalizzazione delle forze armate.
e
poi ancora una volta, e con sempre più ferocia, aumento delle
privatizzazioni, tagli alla spesa sociale, alla sanità, alla scuola
pubblica e soldi a favore della privata.
Questi sono alcuni dei dati della finanziaria 2002 del governo
Berlusconi, noti solo ai pochi "eletti" tecnici funzionali alla logica
del
mantenimento del sistema di potere, che non solo rilancia ancora una
volta
i diktat della globalizzazione neoliberista, ma ad essi affianca e
sovrappone la volontà, non solo economica, di sostenere con più forza il
volto più atroce delle logiche della guerra e del terrore globale,
quelle
logiche che disseminano da ormai due settimane, bombe, morti e
distruzione
in Afghanistan.
L'aumento di quasi 4.000 miliardi di spese militari, oltre alle
tantissime voci di spese "nascoste" nel bilancio (come i fondi per la
guerra in Bosnia presi dal capitolo di spesa per la cooperazione allo
sviluppo), è la conferma di una pericolosissima tendenza ormai costante
negli ultimi anni, al di là del colore del governo, che sostiene quel
perverso meccanismo di reciproco traino tra le spese militari e la
guerra.
Per giustificare queste spese, per rivendicare l'appoggio alle
logiche
guerrafondaie di Bush, torneranno a blaterare il solito ritornello
degli
"impegni internazionali".
L'ipocrisia è evidente, è la stessa ipocrisia che abbiamo denunciato
a Genova contro gli 8 potenti della terra.
Da una parte il vertice G8 di Genova che, per nascondere il suo
fallimento e salvarsi la faccia, blaterava di misure a favore della
lotta
alla povertà o di fondi internazionali per la lotta all'AIDS, dall'altra
il
dato concreto di una finanziaria del Governo Berlusconi, nella quale non
si
trova traccia di questi "impegni umanitari".
E' l'ipocrisia di chi, in sede ONU, prende l'impegno di destinare l'
0.7% alla cooperazione internazionale, ma poi ne investe solo lo 0,15%
con
modalità e principi guida a dir poco discutibili e non si oppone alla
guerra che, coi suoi effetti collaterali, bombarda gli ospedali, i
depositi
della croce rossa e le sedi delle Nazioni Unite.
E' l'ipocrisia di chi elargisce con una mano l'elemosina di venti
miliardi per l'assistenza ai profughi - che in un contesto di guerra
globale aumenteranno inevitabilmente - ma con l'altra mano, impugna il
manganello e finanzia la militarizzazione dei nostri territori, la
costruzione di 4 nuovi centri di detenzione temporanea per gli
immigrati.
Ma al tendenziale aumento delle spese militari e criminali
corrisponde
non casualmente una tendenza ormai decennale alla diminuzione delle
spese sociali.
E' il ritornello di sempre: in nome della necessità di ridurre gli
sprechi della spesa pubblica e di un "miglioramento" della qualità di
taluni servizi meglio affidati al "privato" che non al pubblico, si
tagliano e si privatizzano sempre più servizi essenziali quali scuola,
trasporti,sanità, e a rimetterci, ancora una volta, sono le fasce
sociali
più deboli, la qualità della vita, l'ambiente e il territorio, insomma
l'umanità schiacciata e repressa dalle logiche del profitto.
Ecco come ora il quadro è completo: la guerra globale come strumento
necessario ed inevitabile della globalizzazione neoliberista porta alla
crescente pauperizzazione dei popoli del sud del mondo con il ricatto
storico e quotidiano delle "bombe sulla testa". Chiaramente i governi
del
Nord del mondo che promuovono questa guerra devono reperire i fondi per
finanziarla e questi fondi, attraverso lo strumento della finanziaria
sono
recuperati dalle tasche della classi meno abbienti degli stati del Nord
del
mondo. Appare quindi estremamente chiaro a chi bisogna far pagare i
costi
della guerra.
Ma ci sarebbe un'altra possibilità: un'altra finanziaria è possibile!
Una finanziaria che si opponga alla guerra tagliando le inutili oltre
che ingiuste e giganti spese militari e che al tempo stesso sposti e
ridistribuisca la ricchezza dalle tasche di chi ne ha già troppa a che
ne ha sempre meno.
I soldi in verità ce ne sono anche troppi, a partire da quelle
migliaia di miliardi che ogni giorno rimbalzano da una parte all'altra del mondo,
da Tokyo a Wall Street passando per Londra e Milano, ad inseguire le
operazioni della speculazione finanziaria, che nessun "stratega" al
governo
ha mai pensato realmente di "tassare", così come i soldi investiti senza
iva né dogana nell'acquisto di armi.
Hanno invece ben pensato di detassare i già ricchi e i possidenti, di
regalare a man bassa buoni-famiglia anche ai benestanti, tartassando
invece
le fasce sociali più deboli.
Si allargano così le fasce di povertà, alle quali non si garantisce
alcuna
via d'uscita, alcuna prospettiva, ma solo ed esclusivamente l'elemosina.
L'istituzione del reddito minimo d'inserimento, la riforma delle
pensioni
minime vanno in questo senso: non solo un'accentuata selezione degli
aventi
diritto, ma anche e soprattutto il concatenamento ad uno stato
permanente
di miseria e di povertà, nel quale anche il terzo settore rischia, come
da
più parti evidenziato, di rendersi complice dello smantellamento dei
diritti sociali e lavorativi e degli ammortizzatori sociali.
Una soluzione realistica, in controtendenza e in alternativa alle
politiche
economiche neoliberiste, è la sicurezza di un reddito o di un salario
per
tutti, per rompere le catene del ricatto della disoccupazione e della
precarietà.
A fronte di un modello produttivo che non crea più lavoro, ma nella sua
crescita lo distrugge, dobbiamo porre all'ordine del giorno la necessità
di
una elargizione economica, sia in forma diretta - monetaria - sia in
forma
indiretta, come pacchetto di servizi garantiti.
Non ci interessa assolutamente alcuna disquisizione sulla terminologia
che
possiamo adottare per definire questo strumento: reddito garantito,
salario
sociale, salario di cittadinanza.l'importante è invertire la tendenza
dei
flussi finanziari. Non più dal basso verso l'alto, ma una vera ed
efficace
forma di ridistribuzione di quella ricchezza sociale che noi tutti,
precari, lavoratori e disoccupati, quotidianamente contribuiamo a
produrre.
Siamo convinti che questa rivendicazione non potrà mai essere una
gentile
concessione dei nostri governanti, ma solo ed esclusivamente attraverso
la
costruzione di un movimento di massa, di un processo di partecipazione e
di
mobilitazione collettiva, è possibile invertire la tendenza, strappare
conquiste pur parziali, ma capaci di rimettere in discussione il primato
del profitto.
Per questo una campagna di lotta per il salario/reddito garantito non
può
non essere uno degli strumenti prioritari per il rilancio di questo
movimento dei movimenti, che passa necessariamente per la riscoperta di
una
forte internità sociale e di tematiche che attraversino la quotidianità
delle nostre vite, dei nostri territori.
Non è un caso che questa tematica sia anche e soprattutto una domanda
politica e sociale che proviene dal mezzogiorno d'Italia, quel
mezzogiorno
d'Italia sempre più martoriato dal dramma della disoccupazione, della
precarietà, dell'esclusione sociale e della devastazione ambientale.
Proprio per questo rivolgiamo un invito in primo luogo a tutti i social
forum meridionali, ma estesa chiaramente a tutti quelli esistenti,
perché
il dramma della precarietà è ormai comunemente diffuso,
a creare momenti di confronto, di dibattito ma soprattutto di
mobilitazione
sui temi della precarietà e della garanzia del reddito.
I forum sociali possono e devono creare momenti di controinformazione e
di
sensibilizzazione anche a partire dalle ipocrisie di questa finanziaria,
come dall'ipocrisia di chi taglia le spese sociali e aumenta le spese
militari.
Un primo momento di verifica, da questo punto di vista, per i social
forum
meridionali come per tutti gli altri, potrà essere la due giorni di
discussione nazionale proposta a Napoli dalla Rete No Global campana per
la
prima metà di dicembre.
Una discussione che rimetta al centro dell'attenzione il rilancio di una
campagna di lotta per il miglioramento della qualità della vita, per il
recupero dei bisogni sociali fuori dai tempi imposti dall'alienazione
del
sistema neoliberista.
Questa è solo una delle proposte, non l'unica né la migliore, che può e
deve investire quest'assemblea nazionale, per dare indicazioni leggibili
a
tutta la società, sulle forme e i modi di costruzione di un "altro mondo
possibile", un mondo nel quale, come si suol dire, siamo tutti sulla
stessa
barca. Ma sulla barca c'è chi prende il sole, chi maneggia i cannoni e
chi
è lì a remare.
Noi rematori dobbiamo ammutinare la barca, e iniziare a remare contro.