Pro Juventute

progetto per la realizzazione di un

CENTRO SPORTIVO ETICO e SOLIDALE

Presentato da

Associazione Romana Pro Juventute & Centro Sportivo Italiano (Comitato Provinciale di Roma - Settore Sud)

Da realizzarsi presso il CENTRO SAN TARCISIO in Lungotevere Dante n. 5

Dedicato ai ragazzi del quartiere
Con l'obiettivo di creare uno spazio per l'attività ludica e formativa
Attivo durante tutto l'anno


Forse l'idea ci sarebbe dovuta venire molto tempo prima, perché che il campo Rom fosse lì, a pochi metri dagli spazi della nostra Associazione lo sappiamo bene da tempo; forse l'idea non è nemmeno così originale, visto che i bambini e i ragazzi del campo Rom li abbiamo visti molto spesso giocare a pallone utilizzando come campo il parcheggio dell'ormai abbandonato Cinodromo, per porta qualche pezzo d'immondizia e per pallone lattine e bottiglie di plastica. Forse le Associazioni Sportive come le nostre, che fanno dello sport una pratica non solo agonistica e competitiva, dovrebbero con maggiore impegno e costanza andarsi a cercare i ragazzi, per proporgli assieme all'attività sportiva una piccola via d'uscita, da ambienti fisici e sociali degradanti, da situazioni di disagio e di emarginazione. Forse è proprio per i ragazzi che vivono per strada, qui i Rom del campo di Vicolo Savini, e qui vicino i ragazzi di Viale Marconi o di Via della Magliana, che lo sport, una pratica sportiva ricreativa ma al contempo socializzante e formativa, può costituire una occasione di crescita, di "promozione, umana e sociale".

Abbiamo iniziato a costruire contatti con i ragazzi del campo Rom dalla fine della primavera 2002: inizialmente abbiamo contattato gli operatori di quelle Associazioni, l'ARCI in particolare, che già da anni lavorano all'interno del campo, nei progetti di scolarizzazione per minori o di assistenza sanitaria e sociale. Il rapporto con questi ragazzi, Ambra e Marco fra gli altri, ci ha permesso di conoscere la realtà del campo Rom e della vita nel campo Rom anche dietro a pregiudizi e stereotipi, alle spalle della semplice visione dall'esterno delle roulotte e dell'immondizia o delle macchine bruciate. Ambra e Marco ci hanno presentato Duman e il Mister, e con loro tutto un gruppo di ragazzi che in pratica già costituiva una squadra: la "Bosnia Erzegovina", regolarmente iscritta e partecipante al Mundialito delle Comunità Straniere di Roma. Questi ragazzi, più o meno tutti attorno ai 25 anni, ma comunque già sposati e padri di diversi figli secondo lo stile di vita dei Rom, avevano voglia di giocare, di divertirsi e crescere assieme attraverso il calcio, ma non avevano a disposizione uno spazio. Avevano provato, con l'aiuto delle amministrazioni locali, a risanare un'area vicina al campo-sosta, per poi attrezzarla e realizzarvi attività sportive, ma il progetto era al momento fermo; dall'altra parte l'aver messo su una squadra del campo aveva già coinvolto tanti ragazzi: erano più di una ventina, che si allenavano due volte a settimane, che s'erano trovati uno sponsor e che con questa attività avevano già tolto dai pasticci (la droga, la piccola delinquenza) un paio di ragazzi del campo. E poi c'era il Mister: un ex calciatore professionista che era addirittura arrivato alla nazionale jugoslava, anche lui di origine bosniaca, come quasi tutti i Rom del campo di Vicolo Savini, anche lui scappato dalla sua terra per la guerra e la fame; anche lui, infine, qui a Roma, a cercar fortuna, ma soprattutto a cercare di sentirsi, attraverso lo sport, un po' più a casa, fra i suoi connazionali, dentro il rettangolo di gioco e col pallone fra i piedi.
Con Duman e con il Mister, e poi con Agan, Aljia e Renato abbiamo cominciato a pensare a cosa potevamo fare mettendo assieme la loro voglia di giocare e i nostri spazi, la necessità per adulti e ragazzi e bambini di uscire fuori dal campo, e la disponibilità del nostro Centro per attività non solo agonistiche, ma con valenza sociale e formativa. Da subito, vista la storia della nostra Associazione da sempre orientata verso i minori e l'adolescenza e vista anche l'esperienza di Duman e gli altri con i bambini ei ragazzi del campo, abbiamo pensato a organizzare per loro una attività, una scuola calcio, più o meno simile alle scuole calcio che tutte le società calcistiche organizzano. Questa "nostra" scuola calcio avrebbe avuto però il valore di mettere a disposizione dei bambini e dei ragazzi del campo Rom una serie di spazi e strutture a cui non avevano finora avuto accesso: un campo, con le porte e le righe per terra, gli spogliatoi attrezzati, il bar; oltre a questo la nostra "scuola calcio" si proponeva di essere non solo una occasione ludica e ricreativa per i ragazzi ma anche formativa: il gioco, lo sappiamo bene, ha le sue regole, si gioca "con" l'avversario e "con" i compagni di squadra, e tutti questi ci sembravano insegnamenti importanti che il calcio, il divertirsi dietro a un pallone, poteva assumersi il compito di comunicare e far capire.
Così abbiamo cominciato da una trentina di ragazzi, dagli 8 ai 16 anni, che il primo giorno si sono presentati al Centro San Tarcisio; dietro di loro, oltre alla nostra equipe, c'erano già diversi ragazzi più grandi, quelli della squadra "Bosnia Erzegovina", felici di aver trovato una sede per la loro squadra, e dietro di loro altri ragazzi ancora, che coglievano l'occasione di uscire fuori dal campo, di andare a vedere il figlio o il cugino agli allenamenti, di tirare due calci al pallone, o di prendersi un caffè al bar del Centro.

Questo è stato l'inizio della nostra attività: l'aver messo a disposizione spazi e strutture, l'aver aperto uno spazio pubblico, ricreativo e formativo a ragazzi e adulti che nella loro vita quotidiana sono per lo più costretti ed emarginati all'interno del campo, fra pozzanghere e roulotte.
A questo inizio è seguita e continua a seguire una relazione che ormai è divenuta stabile con adulti e bambini del campo, una relazione che ha avuto i suoi momenti di difficoltà e di crisi. Aver messo a disposizione uno spazio o aver costruito una possibilità non significa infatti aver portato a termine il proprio lavoro, aver raggiunto l'obiettivo che ci si era proposti; sia con i piccoli che con i grandi si sono dovuti affrontare problemi di relazione e di comportamento, si è dovuto discutere e chiarire, fino a trovare una serie di accordi a metà strada fra esigenze e desideri, fra capacità e obiettivi, di noi "ospitanti" e di loro "ospitati". Si è trattato di un processo di reciproco avvicinamento, prodotto dalla progressiva conoscenza delle esigenze e delle capacità di ognuno, un processo fatto anche di conflitti che sono serviti a costruire e chiarire i limiti nelle capacità di comprensione e accettazione. Così spesso abbiamo discusso con i ragazzi più piccoli durante gli allenamenti per riuscire a far capire l'importanza di rispettare una certa "disciplina" sul campo; allo stesso modo abbiamo discusso con i più grandi, invitando loro a funzionare da esempio positivo per i piccoli, quindi evitando quelle scenate o quelle risse verbali che troppo spesso caratterizzano anche a livello amatoriale (… e comunque fra tutti i popoli!) il gioco del calcio. Confronti e discussioni hanno riguardato non solo l'attività sportiva, ma anche la maniera di stare nel Centro; ma dentro tutti questi "conflitti" prodotti dall'incontro di persone, stili di vita e esigenze diverse, mi sembra importante sottolineare la capacità che ha avuto il "campo" di tenerci assieme: siamo cambiati gli uni nei confronti degli altri, imparando a modificare alcune nostre idee e comportamenti, imparando ad accettare alcune diversità, siamo cambiati per poterci trovare assieme sul campo di calcio, a correre dietro al pallone, nel tentativo di vincere partite e stereotipi, pregiudizi e difficoltà.

Così ora siamo tutti assieme sul campo: dopo più o meno 6 mesi di attività, una parte della quale finanziata dall'Assessorato allo Sport del Comune di Roma, mentre tutto il resto è stato realizzato con l'impegno gratuito e volontario dei ragazzi del campo (Duman, il Mister, Ivan, Alja, Renato) e delle nostre Associazioni (ARPJ e CSI), abbiamo messo su tre squadre che partecipano ai tornei "Joy Cup" organizzati dal CSI. Abbiamo formato due squadre di ragazzi più piccoli, completamente composte da ragazzi del campo, che parteciperanno ai prossimi tornei di categoria, e che hanno già giocato amichevoli con squadre di pari età delle società vicine; abbiamo messo su una squadra per la "Joy Cup" di calcio a 11, squadra formata dai più grandi del campo e da noi volontari dell' ARPJ; infine abbiamo "contaminato" le società che qua attorno fanno attività sportiva: alcuni dei ragazzi del campo, sia piccoli che grandicelli, giocano infatti nelle squadre di altre società, e questo significa per noi aver moltiplicato le possibilità di conoscenza e incontro fra persone che altrimenti sarebbero rimaste estremamente distanti l'una dell'altra, aumentando questa distanza a forza di stereotipi, pregiudizi, frustrazioni e paure.
Il nostro obiettivo è di continuare questa strada e potenziare le attività che stiamo realizzando; per questo abbiamo presentato al Comune di Roma un progetto, attualmente in discussione presso la Commissione per le Politiche Sociali, per la realizzazione di un Centro Sportivo Etico e Solidale. Concretamente il nostro obiettivo è di allargare e differenziare il numero dei bambini e dei ragazzi iscritti alla "nostra" Scuola di Calcio, utilizzare con bambini e ragazzi del quartiere lo sport come attività ludica e al contempo formativa.
In questo senso ci sembra di poter dire che stiamo utilizzando il calcio come uno strumento per la crescita umana e sociale di tutta la comunità: davanti abbiamo ancora molta strada da fare, possiamo migliorare nel comportamento sul campo, divenendo un esempio ancora migliore, ma abbiamo costruito sul campo di calcio un terreno di incontro fra diversi, sul quale possono svanire pregiudizi e paure, sul quale si può crescere, imparando a giocare con l'altro, compagno di squadra o avversario, rom o gaggè.