Difendiamo la legge 185

SMANTELLATA A COLPI DI MAGGIORANZA LA LEGGE 185 SUL CONTROLLO ALLE ESPORTAZIONI DI ARMI

ANTEFATTO: Nel 1990 l'approvazione della legge 185 fu una grande conquista civile voluta dalle associazioni pacifiste e di solidarietà internazionale. Tale legge consente infatti di bloccare le esportazioni di armi verso nazioni che violano i diritti umani o che conducono guerre; consente inoltre un controllo parlamentare e una verifica della destinazione finale delle armi inviate, evitando "triangolazioni".
La legge 185/90 fu quindi una grande conquista legislativa, voluta dalle associazioni della società civile che sono sempre state in prima linea contro tutti i traffici di morte e i torbidi retroscena che essi nascondono (come la vendita di navi italiane a Saddam Hussein e Gheddafi, o l'armamento dei Talebani con i micidiali lanciamissile Stinger da parte delle passate amministrazioni Usa). Questa legge non piaceva però ai mercanti di armi, perché poneva delle "ragioni etiche" al di sopra delle ragioni del profitto. Da tempo i mercanti di armi chiedevano più libertà di commercio e la fine delle norme "etiche" giudicate troppo restrittive.
Nel corso degli anni, attraverso norme applicative sempre più lassiste, il potere di controllo della legge è stato ammorbidito per far piacere ai mercanti di armi. Durante il governo D'Alema (1998-2000) è stata tentata una deleteria modifica alla legge, per rendere sempre più facili le esportazioni di armi verso nazioni che potrebbero farne pessimo uso; questo tentativo del governo fu bloccato per l'insorgere di Amnesty International e di altre associazioni.

COSA E' SUCCESSO IN SEGUITO: I mercanti di armi sono tornati alla carica e sono riusciti a creare un ampio fronte che inizialmente univa maggioranza e opposizione, a parte qualche sparuta voce contraria. I mercanti di armi e i loro amici parlamentari contavano che questa manovra passasse sotto silenzio.
Il nuovo attacco alla legge 185/90 è stato lanciato (manco a dirlo) dall'on. Cesare Previti, il quale ha presentato un disegno di legge per stroncare l'impianto della legge 185 allo scopo di "facilitare" l'esportazione di armi. Vale la pena ricordare che l'on. Previti è stato membro del consiglio di amministrazione di una fabbrica di armi, l'Alenia.
Il ddl presentato da Previti puntava a neutralizzare la parte qualificante della legge 185/90, che come detto è la legge che fino ad ora aveva consentito un sostanziale controllo parlamentare sull'esportazione e il commercio delle armi, ponendo rigorosi controlli sull'utente finale del sistema d'armi venduto ed evitando quindi le "triangolazioni" che avevano reso tristemente noto nel mondo il "made in Italy" bellico prima del 1990.
Cosa ha fatto inizialmente l'opposizione, di fronte a questa manovra dei mercanti d'armi sponsorizzati dall'on. Previti e dalla coalizione di centrodestra? Anziché avvertire la società civile del pericolo ed ascoltare il parere delle organizzazioni che furono promotrici della legge 185/90, il centrosinistra ha in larga parte condiviso il disegno di legge presentato da Previti. Addirittura l'on. Marco Minniti (Democratici di Sinistra) lo ha definito di "grande rilievo" e lo ha considerato uno "straordinario passo in avanti" (le parole virgolettate sono tratte dai resoconti parlamentari); continuando, Minniti è arrivato ad esprimere "apprezzamento per gli alti contenuti del disegno di legge" presentato da Previti; ne ha addirittura rivendicato la paternità di contenuti in quanto essi, si vanta Minniti, costituiscono il coronamento di accordi già da lui sottoscritti in sede europea in qualità di sottosegretario del governo D'Alema. L'unico appunto che Minniti fa al governo Berlusconi è quello di non aver acquistato gli aerei europei militari da trasporto, i costosissimi A400M. No comment.

LE ULTERIORI EVOLUZIONI: All'inizio del 2002, in soli otto giorni (dal 22 al 30 gennaio), le commissioni Esteri e Difesa hanno - con un colpo di mano e in gran segreto - approvato il disegno di legge che toglie al Parlamento buona parte dei suoi poteri di controllo sul traffico delle armi.
Dopo il varo delle Commissioni, il Parlamento italiano è passato ad approvare definitivamente il disegno di legge 1547 che ridurrà sensibilmente i controlli sulle esportazioni di armi. Al primo passaggio parlamentare (prima dell'estate 2002), il ddl è stato approvato dalla Camera. In occasione del dibattito in aula, un vastissimo fronte di associazioni e di realtà della società civile ha dato vita ad una campagna di pressione che ha visto il sostegno di parecchie decine di migliaia di persone e ha spostato il voto di una serie di deputati, spingendoli ad adoperarsi per contrastare lo smantellamento della 185, o quantomeno per tentare di contenerlo al massimo. Un parziale risultato si è ottenuto, ossia un leggero miglioramento del disegno di legge: nella prima versione esso prevedeva la cancellazione di qualsiasi misura di controllo, ora "si limita" a ridurle sensibilmente. Ma l'impianto del testo rimane ancora un vero concentrato di regali a fabbricanti e mercanti di armi. Ad esempio non sarà più possibile conoscere:
a) Dati sul valore delle esportazioni di armi effettuate.
b) Il certificato di uso finale dell'arma (ossia sapere non solo a chi viene venduta, ma qual è la reale destinazione dell'arma).
c) Le informazioni sulle transazioni bancarie relative all'esportazione (e si sa, la via più semplice per capire dove vanno a finire le armi, spesso è quella di seguire i soldi).

SITUAZIONE ATTUALE: Tra il 25 e il 27 marzo 2003, con la guerra in Iraq in pieno svolgimento, il Senato ha improvvisamente e repentinamente messo in calendario e concluso, con un vero e proprio colpo di mano, l'approvazione del testo già licenziato dalla Camera. In questo passaggio parlamentare, le organizzazioni della società civile hanno ottenuto una ulteriore piccola ma significativa vittoria: la soppressione dell'art. 11, che avrebbe sottratto alla trasparenza bancaria le armi vendute con "licenza globale di progetto". A parte questa positiva modifica, il provvedimento approvato al Senato è identico allo sciagurato testo licenziato a suo tempo dai deputati. Il provvedimento tornerà ora alla Camera per il voto definitivo, che però si prefigura come un passaggio ormai puramente formale. Dopo un anno e tre mesi di iter parlamentare, lo smantellamento della legge 185 può quindi considerarsi portato a termine, per la gioia di chiunque tragga profitto dalla produzione o dal traffico di armamenti.
Segui anche gli aggiornamenti riportati più sotto, in questa stessa pagina. Ulteriori notizie sulla campagna "fermiamo i mercanti di morte" sui seguenti siti:

www.banchearmate.org
www.vita.it/185
www.retelilliput.org
www.carta.org/campagne/pace/armi/index.htm


AGGIORNAMENTO 27/03/2003: IL SENATO APPROVA IL DDL 1547 CHE SMANTELLA LA LEGGE 185 SUL CONTROLLO DEL COMMERCIO DI ARMI
LE ASSOCIAZIONI DELLA CAMPAGNA "FERMIAMO I MERCANTI DI MORTE" PROTESTANO CON MANI LEGATE ED OCCHI BENDATI PER DENUNCIARE IL MANCATO ASCOLTO DELLA SOCIETA' CIVILE DA PARTE DEL PARLAMENTO

Roma, 26.03.2003: i pacifisti della campagna "fermiamo i mercanti di morte" manifestano davanti al Senato mentre in aula la maggioranza procede all'approvazione del ddl 1547.



VENDITA DI ARMI, SI' ALLA RIFORMA

Maratona al Senato per cancellare la legge 185. Bocciati tutti gli emendamenti dell'opposizione, questa mattina il voto finale. Ma la norma tornerà alla Camera perché manca la copertura finanziaria. Proteste dell'opposizione e dei pacifisti.


di Angelo Mastradrea (da "il manifesto" del 27 marzo 2003)

Dopo un anno e tre mesi di iter parlamentare, questa mattina verrà approvato dal Senato il ddl 1547 che liberalizza il commercio di armi con l'estero. Ma la legge, che ratifica l'accordo firmato a Farnbourough tra Italia, Germania, Spagna, Svezia, Gran Bretagna e Irlanda del Nord e modifica la 185 del '90, con ogni probabilità dovrà tornare alla Camera perché al provvedimento sarebbe scaduta la copertura finanziaria prevista dall'articolo 14. Ma a questo punto, viste le intenzioni della maggioranza, il terzo passaggio parlamentare potrebbe rivelarsi poco più di una formalità e concludersi in breve tempo. Dopo il voto a sorpresa, giovedì scorso, dei primi due articoli, l'intera seduta del Senato di ieri è stata infatti dedicata alla discussione sulla legge. E, smentendo tutte le previsioni della vigilia, che volevano la maggioranza disposta ad accettare alcuni emendamenti dell'opposizione miranti a imporre almeno qualche controllo sulla vendita di armi, i primi dieci articoli della legge sono stati votati così come erano già stati approvati dalla Camera. Approvato solo un ordine del giorno presentato da Tino Bedin, della Margherita, relativo all'istituzione di un codice di condotta europeo, che però non modifica nulla. Respinte tutte le obiezioni dell'opposizione, riguardo al divieto di vendita di armi a paesi che compiono «gravi violazioni» dei diritti umani come sulla certificazione dell'uso finale delle armi vendute, l'unico risultato ottenuto è stato quello di dilungare i tempi dell'approvazione, facendo ostruzionismo e chiedendo a ripetizione la verifica del numero legale. Dopo due sospensioni, alla terza, mentre si discuteva l'articolo 10, il voto sugli ultimi quattro articoli è stato rinviato a questa mattina. Infuriato il centrosinistra, che accusa il governo di approfittare della disattenzione dell'opinione pubblica per far passare un provvedimento che alleggerisce, e di molto, i controlli sulla vendita di armi. E delusi i promotori della campagna «Fermiamo i mercanti di morte», in buona parte associazioni del mondo cattolico, che grazie anche all'intervento della Conferenza episcopale italiane (Cei) speravano di riuscire a modificare il voto dei centristi della maggioranza. In tutto, tre senatori dell'Udc hanno votato contro la legge. «Da più di un anno la campagna sta facendo pressione sul parlamento e informando l'opinione pubblica. Purtroppo sta fallendo l'obiettivo di salvaguardare una legge che vincola il commercio delle armi italiane a criteri etici e di trasparenza», accusa padre Alex Zanotelli, missionario comboniano e padre spirituale della Rete Lilliput, che vede «un'incoerenza tremenda tra fede e azione politica» nei cattolici al governo, perché «quello che sta avvenendo in Senato, ad opera della maggioranza che governa l'Italia, è gravissimo. Tanto più che questo governo e questa maggioranza hanno dato l'avallo alla guerra all'Iraq. Come missionario farò di tutto per fare conoscere all'opinione pubblica quali senatori hanno votato per silurare la 185».
«Non possiamo votare una legge sulle armi e sul loro commercio mondiale mentre sfilano davanti ai nostri occhi le immagini devastanti della guerra all'Iraq», insiste Tino Bedin della Margherita, per il quale «anche con questo disegno di legge il governo Berlusconi conferma quello che è: alla solidarietà europea preferisce il legame con gli Stati Uniti. A un'industria europea della difesa coesa e quindi competitiva preferisce gli accordi bilaterali». Secondo Bedin, infatti, «la modifica alla 185 contiene un indebolimento della concorrenza europea a vantaggio dell'industria americana».
«Il governo e la maggioranza si sono ricompattati dietro gli interessi dell'industria italiana delle armi, permettendo così di vendere armi italiane a paesi nei quali vengono compiute violazioni dei diritti dell'uomo, a paesi ai quali stiamo cancellando il debito estero, con il rischio di un nuovo indebitamento, e a paesi che non hanno ratificato l'accordo di Farnbourough», sostiene invece il verde Francesco Martone, che spiega come «tra questi ultimi risultano alcuni paesi dell'Europa orientale, coinvolti in triangolazioni illegali di armi verso paesi in conflitto come l'Iraq. Secondo dati pubblicati dalla stampa inglese e americana risulta infatti che nel 2002 la Repubblica Ceca abbia esportato in Iraq, via Siria e Yemen, razzi e missili antiaerei, sistemi di guida per missili a lungo raggio e anche una partita di armi russe e bulgare». E «la cosa sconcertante è che, con la nuova legge, la Repubblica Ceca viene inserita nel gruppo delle nazioni che potranno vendere armi senza grossi controlli» e tutti i paesi dell'est diventeranno partner dell'industria militare.




LA RABBIA DEI PACIFISTI

Sit-in contro la riforma della 185: drappi neri, mani legate e occhi bendati


di Laura Genga (da "il manifesto" del 27 marzo 2003)

Drappi neri in segno di lutto, mani legate e occhi bendati, a rappresentare una società civile non ascoltata dal governo. E poi gli striscioni, anche quelli neri, con le scritte «fermiamo i mercanti di morte: difendiamo la 185», e «care guerre, stanno lavorando per voi». E' così che ieri pomeriggio si sono riunite in un sit-in improvvisato davanti al Senato le associazioni che si oppongono alla modifica della legge 185 del `90. A palazzo Madama, infatti, era previsto per ieri il voto finale sul disegno di legge 1547, poi slittato a questa mattina. Dal presidio si alzano tante voci: ci sono attivisti di Lilliput, degli Obiettori non violenti, di Basta guerra, di Amnesty international, Medici senza frontiere, Pax Christi, Attac, Mani tese e anche i Verdi. Ma sono tutti d'accordo nel condannare la riforma della 185, che eliminando la trasparenza e le garanzie nel commercio delle armi favorisce l'impresa militare. Unanime anche la condanna del «colpo di mano» con cui il parlamento italiano fa passare sotto silenzio l'approvazione della legge, in un momento in cui l'opinione pubblica è concentrata sulla guerra in Iraq. «C'è da vergognarsi - commentava ieri il missionario comboniano Alex Zanotelli - e io mi vergogno di questa politica». «Mentre il mondo inorridisce guardando le immagini che arrivano dall'Iraq i nostri parlamentari non trovano di meglio da fare che approvare una legge che liberalizza il commercio delle armi», accusa Nella Ginatempo di Basta guerra. E mentre in aula si procedeva a ritmo serrato per arrivare al più presto all'approvazione della legge, sono scesi a protestare anche i senatori Verdi Francesco Martone e Loredana De Petris, per i quali «la riforma della 185 favorisce pericolose triangolazioni verso paesi che violano i diritti umani». Come sottolinea Andrea Banares di Attac, infatti, «la riforma consente di esportare armi anche ai paesi dell'est europeo, come la repubblica Ceca, che negli ultimi due anni ha esportato sistemi missilistici a lungo raggio proprio nell'Iraq di Saddam Hussein. Inoltre, mentre la 185 impone di rendere nota la destinazione finale delle esportazioni, la 1547 elimina il certificato d'uso finale delle armi e la trasparenza sulle transazioni bancarie legate al commercio bellico». I prossimi passi, annuncia Riccardo Troisi di Lilliput, saranno la creazione di un network permanente per monitorare la produzione e il commercio delle armi e una campagna contro le armi leggere, le maggiori responsabili di vittime civili.




ARMI, DALL'ITALIA A SADDAM

Come la legge 185 ha bloccato il commercio di missili ed elicotteri con l'Iraq


di Luciano Bertozzi (da "il manifesto" del 27 marzo 2003)

Quando Saddam Hussein era il baluardo dell'Occidente nella guerra contro il fondamentalismo islamico di Khomeini, gli arsenali iracheni erano pieni di armi italiane. Allora l'Italia riuscì a ritagliarsi una fetta cospicua dell'appetitosa torta bellica dell'Iraq. Assieme a Urss, Francia e Cina era infatti fra i principali fornitori. Il nostro paese nel solo periodo 1981-85 (in piena guerra Iran-Iraq) ha esportato armi, secondo fonti ufficiali Usa, per 490 milioni di dollari. Allora non era in vigore la legge 185 che oggi disciplina il delicatissimo settore del commercio bellico, che il Parlamento si appresta a stravolgere e quindi non c'erano tanti vincoli a vendere strumenti di morte a paesi belligeranti o retti da regimi liberticidi. L'Italia ha venduto di tutto a Baghdad, come si legge nella scheda dell'Archivio Disarmo di Roma «Aiuti militari italiani a Iran ed Iraq» del 1987: elicotteri, missili, blindati, munizioni, pistole e un'intera flotta, oltre all'addestramento di piloti e marinai nelle nostre scuole di guerra. La flotta, costituita da sei corvette e quattro fregate totalmente costruite in Italia, non è mai state consegnata a causa dell'embargo connesso alla guerra del Golfo. Due di queste navi sono ancora al porto di La Spezia con alcuni marinai iracheni a bordo. Non solo, il nostro paese ha consentito, mediante la vendita di licenze di produzione di pistole Beretta negli anni `70, la nascita di un'industria bellica locale. Ma soprattutto ha fornito una marea di mine della Valsella, che hanno colpito gli iraniani e che ancora oggi costituiscono un grave pericolo per i kurdi. Nell'arsenale sono anche compresi bulldozer Fiat-Allis, si legge nel libro Armi. Rapporto sul commercio delle armi italiane di Amnesty international, «usati presumibilmente dall'esercito iracheno per radere al suolo interi villaggi popolati dai kurdi».
Sembra che l'Italia abbia avuto, in passato, un ruolo di supporto anche nella costruzione di armi chimiche. Falco Accame, ex presidente della commissione Difesa della Camera, affermò che «abbiamo anche consentito agli iracheni, attraverso la vendita di elementi per l'agricoltura come defolianti e diserbanti, di produrre armi chimiche che hanno causato migliaia di morti fra gli iraniani». Ma come pagare tutte queste armi? Grazie anche alla filiale della Bnl di Atlanta, che concesse prestiti a Baghdad per diverse migliaia di miliardi delle vecchie lire. Questo scandalo impose l'introduzione di norme finalizzate a rendere trasparenti le operazioni bancarie di supporto alle vendite di armi, proprio quello che governo e maggioranza vogliono togliere dalla legge 185.




COMMERCIO ARMI: BAVAGLI NERI AL SENATO CONTRO NUOVA LEGGE. MANIFESTAZIONE DAVANTI A PALAZZO MADAMA, NO A RIFORMA 185/90

Roma, 26 mar. - (Adnkronos) - Bavagli neri e striscioni a lutto davanti a palazzo Madama contro l'approvazione della riforma della legge 185/90 che regola la vendita delle armi nel nostro Paese. Una riforma, sottolineano gli attivisti che manifestano di fronte al Senato, ''che favorisce l'impresa militare, elimina la trasparenza e le garanzie'' e ''liberalizza il mercato favorendo cosi' pericolose triangolazioni verso i Paesi 'a rischio''', denuncia il senatore dei Verdi Francesco Martone, tra i parlamentari presenti alla manifestazione. Promossa dalla campagna 'contro i mercanti di armi', l'iniziativa ha ottenuto l'adesione di Amnesty International, Emergency, Associazione obiettori non violenti, rete Lilliput e comitato 'Fermiamo la guerra'.
''Ci mettiamo il bavaglio nero -dice Massimo Paolicelli, presidente dell'Associazione obiettori non violenti- perche' la maggioranza ha deciso di non ascoltare la voce della societa' civile e di dare il via libera ad una legge che liberalizza il commercio delle armi e toglie gli opportuni vincoli che erano stati introdotti dalla legge del 1990''.
A giudizio di Nella Ginatempo, dell'associazione 'Basta guerra', poi, ''non ci potrebbe essere un momento peggiore per varare una legge del genere. Il mondo inorridisce di fronte alle immagini della guerra in Iraq e i nostri parlamentari non trovano di meglio che approvare una legge che liberalizza il commercio delle armi''.
Contrario alla riforma legislativa anche padre Alex Zanotelli, secondo cui ''purtroppo sta fallendo l'obiettivo di salvaguardare una legge che vincola il commercio delle armi italiane a criteri etici e di trasparenza''. Per Zanotelli ''quello che sta avvenendo in Senato ad opera della maggioranza che governa l'Italia e' gravissimo''. Il missionario comboniano si impegna a ''far conoscere all'opinione pubblica quali senatori hanno votato per silurare la 185 e chiedero' a tutti di non votarli piu'''.




IRAQ: MANIFESTANTI SI IMBAVAGLIANO DAVANTI AL SENATO CONTRO ACCORDO SU INDUSTRIA ARMI

(ANSA) - ROMA, 26 MAR - Bavagli neri sugli occhi e sulla bocca per esprimere lo sdegno contro ''un disegno di legge che liberalizza i traffici d'armi e che portera' l'Italia, in un momento in cui cadono le bombe in Iraq, ad armare le zone calde del mondo''. Cosi' una decina di manifestanti, esponenti di un cartello di associazioni aderenti alla campagna ''Fermiamo i mercanti di morte'' ha manifestato questo pomeriggio davanti al Senato mentre in aula era in corso la discussione sulla ratifica dell'accordo di Farnborough sull'industria della difesa.
I dimostranti, aderenti ad Amnesty International, Obiettori nonviolenti, Social Forum, Emergency, Rete Lilliput, hanno disteso a terra e sulle transenne due striscioni neri ''in segno di lutto - hanno spiegato - verso la condanna a morte di una legge, la 185, raggiunta con l'accordo delle associazioni umanitarie e cattoliche e che limitava la vendita di armi in situazioni a rischio, come ad esempio a paesi dove non esiste il rispetto dei diritti umanitari o dove sono in corso dei conflitti''.
Per Massimo Paolicelli, dell'associazione ''Obiettori nonviolenti'', ''la maggioranza con la scusa di ratificare l'accordo di Farnborough vuole smantellare una legge che fino ad oggi ha impedito all'Italia di foraggiare paesi in guerra''. Ed e' un paradosso, hanno denunciato i manifestanti, ''che si spiani la strada - ha detto Nella Ginatempo di ''Basta Guerra'' del Social Forum - alle industrie delle armi in un momento in cui si parla di guerra al terrorismo, di aiuti umanitari e di centinaia di vittime di missili e bombe''.
Alla manifestazione ha partecipato il senatore dei Verdi Francesco Martone, uscito dall'aula in una pausa dei lavori, e un messaggio e' stato inviato dal missionario comboniano padre Alex Zanottelli, che ha puntato l'indice contro le forze cattoliche della maggioranza. ''Eravamo convinti - ha scritto il religioso - che l'Udc assumesse i tre emendamenti presentati dalla campagna 'Contro i mercanti d'armi'. Nonostante le promesse, anche l'Udc si e' allineato alla maggioranza. Tutto questo mi fa male perche' si tratta di senatori cattolici che il 5 marzo avevano digiunato e pregato per la pace''.




EXPORT ARMI/ PADRE ZANOTELLI CONTRO L'UDC: DIRO' NON VOTARLI

Roma, 27 mar. (Ap.Biscom) - "Come missionario farò di tutto per fare conoscere all'opinione pubblica quali senatori hanno votato per silurare la 185 e chiederò a tutti di non votarli più". Padre Alex Zanotelli accusa l'Udc di non aver agito a difesa della legge 185 sul commercio di armi: "Eravamo convinti - dichiara - che l'Udc, in particolare i senatori Francesco D'Onofrio, Alessandro Forlani e Ivo Tarolli, assumesse i tre emendamenti presentati dalla campagna. Nonostante le promesse, anche l'Udc si è allineato alla maggioranza. Non solo, proprio il senatore D'Onofrio sta agevolando l'approvazione del disegno di legge che stravolge la 185".
"E pensare che più volte - lamenta Zanotelli - un sacerdote inviato dalla Conferenza Episcopale Italiana ha parlato con D'Onofrio esortandolo a operare perché fossero conservati gli aspetti qualificanti della 185. Tutto questo mi fa male perché si tratta di senatori cattolici che il 5 marzo hanno digiunato e pregato per la pace. Mi chiedo con quale coraggio possano invocare il Signore e poi votare così. Che razza di cattolici sono? Vedo un'incoerenza tremenda tra fede e azione politica".




COMMERCIO ARMI: SENATO RATIFICA ACCORDO FARNBOROUGH SU DIFESA

(AGI) - Roma, 27 mar. - L'assemblea del Senato ha approvato la ratifica del Trattato con 134 voti a favore, 95 contrari e due astenuti. Il provvedimento ora torna alla Camera per il voto definitivo in quanto Palazzo Madama ha soppresso l'art. 11 che aboliva l'autorizzazione del Ministero del Tesoro alle transazioni bancarie.
L'accordo prevede che l'Italia non potra' vendere armi verso Paesi nei cui confronti sia stato dichiarato l'embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte dell'Onu o dell'Ue. Sara' vietato vendere armi ai governi responsabili di "gravi violazioni" in materia di diritti umani.
La ratifica modifica anche la legge 185 sul commercio delle armi che vietava il commercio di armi con tutti i governi responsabili di violazione dei diritti umani, piu' o meno gravi. Gli operatori del settore non dovranno piu' esibire il certificato d'uso finale che consente di individuare il destinatario finale delle armi.




COMMERCIO ARMI/ COSA PREVEDE L'ACCORDO DI FARNBOROUGH
Scopo è armonizzare legislazione Ue e integrare industria difesa


Roma, 27 mar. (Ap.Biscom) - Costituzione di un organismo di difesa comunitario. E' quanto prevede il cosiddetto "accordo ombrello" che fu firmato a fine luglio del 2000 al Salone aeronautico internazionale di Farnborough e che oggi è stato ratificato in Senato. Si tratta di un'intesa siglata da sette Paesi (in principio erano sei, poi si aggiunse l'Irlanda del Nord) per la ristrutturazione dell'industria della Difesa europea.
Siglato dai ministri della Difesa di Italia, Francia, Gran Bretagna, Germania, Spagna e Svezia, l'accordo - che rinfrescava gli impegni della Letter of Intention del 1998 - individua sei aree d'intervento: armonizzazione delle procedure per l'esportazione di materiale d'armamento, sicurezza degli approvvigionamenti, requisiti militari, trattamento delle informazioni tecnologiche, sicurezza delle informazioni e ricerca tecnologica dei Paesi aderenti alla Loi.
La finalità principale, che per l'Italia si è tradotto con le modifiche alla legge 185 del 1990, è quella di armonizzare la legislazione comunitaria, integrando inoltre l'industria della Difesa. Due obiettivi propedeutici alla creazione di un corpo militare dell'Unione Europea.
L'accordo di Farnborough, inoltre, prevedeva in principio anche l'acquisto di 225 aerei A400M (velivoli di trasporto militare) che registrò però una marcia indietro da parte dell'Italia che si era impegnata, con l'allora ministro Mattarella, all'acquisto di 16 aerei.




COMMERCIO ARMI, IL SEN. PALOMBO SULLE MODIFICHE ALLA 185: IL PRIMO A VOLERLE FU IL GOVERNO D'ALEMA

(AGI) - Roma, 27 mar. - Soddisfazione per l'approvazione del provvedimento stata espressa per Alleanza Nazionale dal sen. Mario Palombo, vicepresidente della Commissione Difesa. "Si tratta -ha spiegato Palombo- di un provvedimento necessario per adeguare la nostra legislazione a quella degli altri Paesi europei e procedere ad una difesa comune. Oggi facciamo parte dell'UE e non possiamo certo tirarci indietro, seguendo vecchie logiche massimaliste di chi guarda al passato, dimenticando peraltro l'operato del governo D'Alema, e cerca di contrabbandare il provvedimento come il via libera ad un'associazione di trafficanti d'armi.
Infatti il primo a voler modificare la 185 che poneva in condizione di svantaggio la nostra industria degli armamenti stato il governo D'Alema con un ddl presentato nel gennaio 2000, sette mesi prima della firma dell'accordo di Farnsborough. Provvedimento ora disconosciuto dalla vecchia maggioranza visto che non esistono affatto differenze sostanziali. Il disegno di legge nei primi due articoli ratifica l'Accordo intercorso a Farnborough per la razionalizzazione e concentrazione dell'industria europea di difesa e per il commercio ed il transito di armamenti; mentre nei successivi articoli adegua la legge n. 185 del 1990 e la omogeneizza alla normativa degli altri Paesi firmatari dell'Accordo, con l'eccezione della Svezia che mantiene una normativa più restrittiva. Tra le innovazioni l'art.3 prevede il divieto di esportazione di transito di armi verso Paesi nei confronti dei quali sia stato dichiarato l'embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte delle Nazioni Unite o dell'Unione europea e verso i Paesi i cui governi sono resposnabili di gravi violazioni delle convenzioni interanzionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell'Ue o del Consiglio d'Europa. Inoltre vengono trasferite allUE le competenze dell'UEO. Altre norme riguardano il rilascio della licenza globale di progetto a imprese che partecipino a programmi congiunti di ricerca e produzione con altri Paesi dell'Unione e della NATO ed al puntuale sistema di controllo sull'industria militare".




COMMERCIO ARMI: BERSELLI, SI' A MODIFICHE DA GOVERNO D'ALEMA

(ANSA) - ROMA, 27 MAR - Le modifiche alla legge 185 per il commercio delle armi ''erano state ritenute necessarie anche dal Governo D'Alema, che aveva presentato nel gennaio del 2000 apposita iniziativa parlamentare, resa, peraltro, ancor piu' impellente dopo l'accordo di Farnborough del luglio dello stesso anno''. A dichiararlo e' il sottosegretario alla Difesa Filippo Berselli, che ha seguito sin dall'inizio l'iter legislativo del provvedimento approvato oggi dal Senato.
''La legge approvata da Palazzo Madama non stravolge affatto i principi informatori della legge 185, che disciplina i controlli di importazione, esportazione e transito dei materiali di armamento - assicura Berselli - ma tende ad adeguare la normativa alle esigenze di cooperazione integrata tra gli Stati firmatari dell'Accordo di Farnborough e piu', in senso lato, tra tutti i Paesi dell'Unione Europea e della NATO''.
''Si tratta di specifiche e limitate modifiche alla vigente normativa del settore - spiega il sottosegretario - che mirano alla razionalizzazione ed alla concentrazione delle attivita' e delle procedure previste''.
Berselli conferma inoltre come ''il Governo sia sempre stato aperto e disponibile a confrontarsi con le forze in Parlamento e con l'associazionismo cattolico e laico accogliendo con ordini del giorno ed emendamenti proposte e suggerimenti meritevoli di attenzione''. Il sottosegretario alla Difesa ricorda, infine, ''che l'approvazione del disegno di legge risponde alle aspettative di decine di migliaia di addetti all'industria per la Difesa che meritano la stessa tutela e considerazione di tutti gli altri lavoratori''.




IRAQ: OBIETTORI, DA GOVERNO SETTIMANA PIU' BUIA DELLA STORIA
DA APPOGGIO ALLA GUERRA A RIFORMA LEGGE ARMI, PASSI INDIETRO


Roma, 27 mar. - (Adnkronos) - La maggioranza ''ha scritto nel giro di una settimana una delle pagine piu' buie della nostra storia repubblicana, con l'appoggio ad una guerra che viola il diritto internazionale e l'enorme passo indietro sul controllo del commercio delle armi''. Lo sottolinea l'Associazione Obiettori Nonviolenti.
''Il voto al Senato che ratifica l'accordo di Fairborough e modifica la legge 185/90 sul commercio delle armi -dice Massimo Paolicelli, presidente dell'Associazione Obiettori Nonviolenti- e' la cartina di tornasole che le guerre combattute oggi da alcune nazioni non sono contro il terrorismo ma sono a favore dell'industria bellica, per il controllo delle risorse primarie e per imporre una supremazia geopolitica''.
''Infatti, sia l'accordo che le modifiche alla 185/90, considerata da tutti una delle leggi piu' avanzate in materia di controllo della vendita di armi -prosegue Paolicelli- vanno nella direzione di una facilitazione della vendita di armi, quando non e' difficile capire che senza un adeguato controllo la triangolazione con dittature o terroristi e' dietro l'angolo''.




COMMERCIO ARMI: DURA CRITICA DI MEDICI SENZA FRONTIERE

(AGI) - Roma, 27 mar. - "Il Parlamento italiano si e' assunto la responsabilita' di distruggere una delle leggi piu' avanzate in materia di commercio delle armi". E' il commento Nicoletta Dentico (Direttore generale Medici Senza Frontiere), uno dei portavoce della campagna "Fermiamo i mercanti di armi - in difesa della 185", alla notizia che al Senato e' passato il disegno di legge 1547 di modifica della legge 185/90. "Con le modifiche della legge 185 - afferma - non verra' piu' reso noto il certificato finale di destinazione d'uso e sara' consentito intrattenere rapporti con Paesi che commettono violazioni dei diritti umani definite 'non gravi'".
"E' scandaloso - aggiunge invece Tonio Dell'Olio, coordinatore nazionale Pax Christi - che l'Italia, in un momento cosi' delicato come quello che stiamo vivendo, abbia deciso di procedere all'eliminazione di quelle importanti forme di garanzia e controllo che hanno regolamentato il commercio di armi fino ad oggi".




COMMERCIO ARMI: COSA E' L'ACCORDO DI FARNBOROUGH
LA RATIFICA DELL'ACCORDO CHE RIVEDE LEGGE SUL COMMERCIO


(ANSA) - ROMA, 27 MAR - Il disegno di legge approvato oggi dal Senato ratifica l'accordo di Farnborough firmato il 27 luglio 2000 dai ministri della Difesa di sei Paesi europei, (Francia, Germania, Regno Unito, Italia, Spagna e Svezia) per facilitare la ristrutturazione e le attivita' dell'industria europa della Difesa. Questi sei Paesi coprono il 90% dell'intera produzione europea degli armamenti convenzionali e di fatto tale accordo finisce per assumere un'importante dimensione politica all'interno dell'Unione anche in considerazione della non ancora compiuta politica comune di sicurezza e di difesa tra i Quindici.
L'accordo quadro prevede uno sforzo congiunto dei Paesi aderenti per omogeneizzare, attraverso un meccanismo di consultazione dei Governi e delle amministrazioni, le rispettive azioni in sei campi nel processo di integrazione e di ammodernamento dell'industria europea della difesa: la sicurezza degli approvvigionamenti, le procedure di trasferimento e di esportazione, la sicurezza delle informazioni, la ricerca e la tecnologia del settore della difesa, il trattamento delle informazioni tecniche, l'armonizzazione dei requisiti militari e la tutela delle informazioni sensibili a livello commerciale. L'accordo di Farnborough favorisce inoltre la cooperazione industriale nel settore della Difesa prevedendo la non applicazione negli scambi tra i sei Paesi firmatari delle tradizionali procedure di autorizzazione sull'esportazione di armi realizzate in coproduzione, al loro posto viene introdotta ''la licenza globale di progetto''.
In base alla nuova legge, che recepisce l'accordo di Farnborough, l'Italia non potra' vendere armi verso paesi nei cui confronti sia stato dichiarato l'embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte dell'Onu o dell'Unione europea. Sara' vietato vendere armi ai governi responsabili di ''gravi violazioni'' in materia dei diritti umani (la legge 185 vietava il commercio di armi con tutti i governi responsabili di violazioni dei diritti umani, piu' o meno gravi). Gli operatori non dovranno piu' esibire il certificato d'uso finale che consente di individuare il destinatario finale delle armi.
Nel ddl approvato oggi sono previste alcune modifiche alla legge 185 del luglio 1990 sul traffico delle armi. E sono tra l'altro proprio queste modifiche ad innescare polemiche tra maggioranza e opposizione e all'interno dell'opposizione stessa. Quando il provvedimento venne approvato il 26 giugno scorso dalla Camera, Verdi, Rifondazione, Comunisti italiani e Ds votarono contro (ma Ranieri e Minniti si astennero con qualche altro deputato), Margherita si astenne (con l'eccezione dell'ex ministro della Difesa Sergio Mattarella, tra i firmatari dell'accordo di Farnborough a nome dell'allora governo Amato, che annuncio' il voto favorevole dopo l'accoglimento di un emendamento che permetteva la salvaguardia di alcuni elementi di controllo previsti dalla 185), lo Sdi voto' a favore.
Secondo molte organizzazioni, cattoliche ma non solo, tra le quali Amnesty International, l'Associazione Obiettori Nonviolenti, Campagna Italiana contro le mine, Missione Oggi, Nigrizia, Pax Christi, Rete Lilliput, che hanno dato vita alla campagna ''Contro i mercanti di armi - In difesa della 185'' con una raccolta di 62.000 firme, con la nuova legge sono annullati quei meccanismi di garanzia e trasparenza previsti dalla 185. Per tali organizzazioni, si tratterebbe di un passo indietro della nostra legislazione ritenuta molto piu' avanzata di quella degli altri paesi europei, ad esempio non saranno piu' indicate le banche coinvolte nel commercio delle armi e le dogane non saranno piu' tenute a fornire dati sulle merci.
I favorevoli alle modifiche della 185 affermano invece che prima dell'accordo poteva succedere, tra l'altro, che l'Italia si doveva ritirare dal mercato di un Paese perche' non compatibile con la legge 185 favorendo cosi' l'ingresso di un altro Paese venditore. Con la nuova legge nessuno dei sei Paesi firmatari puo' vendere armamenti al Paese non legittimato ad acquistarli.




IRAQ: ARMI; FORNITURE DA USA NEL 2002, RIVELA RAPPORTO
GIORNALE RUSSO DENUNCIA IRAQGATE, MENTRE PROSEGUE POLEMICA USA-RUSSIA


(ANSA) - MOSCA, 27 MAR - Sarebbero state ben 24 le aziende americane coinvolte nei mesi scorsi in forniture di armi all' Iraq, nonche' di altro materiale vietato dalle sanzioni Onu e utilizzato da Baghdad nell'ambito militare. Lo sostiene oggi il giornale russo Gazeta, citando un rapporto attribuito al Dipartimento di Stato degli Usa.
La rivelazione e' accompagnata da un commento tagliente, nel quale Gazeta ironizza sulle accuse che proprio il Dipartimento di Stato ha appena indirizzato nei confronti di Mosca, denunciando il mancato controllo di transazioni illecite recenti di tecnologie militari prodotte da aziende russe e filtrate poi in Iraq.
La polemica e' ancora aperta: nelle ultime ore il segretario di Stato americano, Colin Powell, ha rilanciato le accuse, paventando conseguenze negative nei rapporti di partnership con Mosca, mentre il ministro degli esteri russo, Igor Ivanov, e' tornato per l'ennesima volta a smentire quanto meno l'esistenza di forniture dirette di armi russe a Baghdad.
''Invece di subissare Mosca di proteste, Washington potrebbe indagare piu' a fondo sulle forniture illegittime all'Iraq di armamenti e tecnologie di uso militare prodotte da numerose aziende americane'', scrive da parte sua Gazeta in un lungo e dettagliato articolo dal titolo ''Iraqgate'' nel quale compaiono ampi stralci di un rapporto segreto che il Dipartimento di Stato avrebbe presentato al Congresso nel febbraio di quest'anno. Un rapporto - prosegue il giornale - che cita 13 episodi avvenuti nel 2002. Essi riguarderebbero l'acquisto da parte irachena di tecnologie sensibili prodotte da 24 aziende americane, tra le quali marchi importanti come Rockwell, Honeywell, Hp o Tetronics.
Si tratta, secondo il giornale, di forniture di mezzi di comunicazione e strumentazione informatica destinati a usi militari, ma anche di armi leggere, munizioni e persino missili anticarro TOW. Non solo: sarebbero stati fatti arrivare a Baghdad anche visori notturni ''made in Usa'' e centraline per il disturbo dei sistemi di navigazione satellitare delle ''bombe intelligenti'' (i cosiddetti jammer), vale a dire quegli stessi prodotti che - secondo le indignate proteste di Washington - anche un'azienda bielorussa e una russa avrebbero dirottato in qualche modo verso l'Iraq in tempi recenti.
Se autentici, i contenuti di questo rapporto spiegherebbero perfettamente la reazione che il presidente russo Vladimir Putin ha avuto di fronte alle rimostranze telefoniche fattegli tre giorni fa da George W. Bush: una reazione che non si e' limitata alla difesa, ma che lo ha portato - secondo quantoil Cremlino si e' premurato di far sapere - a ritorcere ''interrogativi analoghi'' in materia di traffici d'armi.
La questione resta in ogni caso al centro dell'attenzione e neppure Mosca - al di la' delle smentite rituali e delle eventuali colpe altrui - sembra poter mettere la mano sul fuoco per conto delle sue aziende belliche. Le accuse americane sulla cessione all'Iraq di missili anticarro russi 'Kornet' appaiono ad esempio credibili all'analista Pavel Felghenauer, che sul periodico Novaia Gazeta, scrive di probabili forniture avvenute a partire dalla seconda meta' degli anni '90 attraverso triangolazioni con la Siria, e di altre operazioni sospette che potrebbero essere state rese possibili da molti intermediari: inclusi alleati storici degli Usa come la Turchia e Stati della 'nuova Europa' come Bulgaria, Repubblica ceca o Romania, che pure aderiscono alla 'coalizione dei volenterosi'.