IL DIALOGO DELLA SPERANZA LA SPERANZA DEL DIALOGO
Un liceo romano difronte al conflitto israelo-palestinese
"Il dialogo della speranza, la speranza del dialogo" è il titolo di un progetto di educazione alla Pace, attuato presso il Liceo Ginnasio Statale "Augusto" di Roma durante l'anno scolastico 2002/03 e patrocinato dall'Ufficio per la Pace a Gerusalemme del Comune di Roma. Si è trattato - come riassunto anche nell'articolo del "Messaggero" uscito a progetto in corso e riportato più sotto in questa pagina - di un percorso di scambio tra ragazzi italiani (studenti dell'Augusto) e ragazzi israeliani e palestinesi.
Nell'ambito del progetto è stato attivato tra gli studenti del liceo Augusto e i loro coetanei israeliani e palestinesi, fin dall'autunno del 2002, uno scambio via internet tramite un forum telematico, su cui i ragazzi hanno iniziato a confrontarsi in inglese, tutti insieme e senza barriere di sorta, tanto sui temi della loro vita quotidiana quanto sulle grandi problematiche che affliggono il pianeta, non ultimi il conflitto che insanguina la terra di Israele e Palestina e la terrificante guerra in Iraq. Dai messaggi di tutti i ragazzi coinvolti in questo scambio (che continua tuttora tramite email) emerge fortissima la voglia di vivere in un mondo senza più guerre, terrore e spargimenti di sangue.
A maggio del 2003 è poi scattata la fase culminante del progetto, cioè l'ospitalità a Roma, per una settimana, di 23 ragazzi israeliani e palestinesi-israeliani presso altrettante famiglie dei ragazzi del liceo Augusto. Le conoscenze e le amicizie già intraprese nei mesi precedenti tramite i contatti telematici si sono quindi tradotte in un incontro non più limitato al virtuale, con i ragazzi italiani impegnati ad offrire almeno UNA settimana di Pace ai loro nuovi amici d'oltre Mediterraneo, guidandoli a visitare le bellezze della nostra città, giocando tornei sportivi insieme, passeggiando tra le vie di Roma con un gelato o un pezzo di pizza al taglio, divertendosi al concerto del Primo Maggio a San Giovanni, il tutto con la naturalezza e la spontaneità di un gruppo di ragazzi e ragazze che scoprono e
cementano un'amicizia confrontandosi e confondendosi tra loro, senza distinzioni di sorta e al di là di qualsiasi steccato ideologico.
E soprattutto gridando tutti insieme, italiani, israealiani e palestinesi, NO ALLA GUERRA, dando un ennesimo esempio di convivenza possibile tra persone così diverse.
In definitiva, una importante ed istruttiva iniziativa (peraltro totalmente autofinanziata) del mondo scolastico, una scommessa finalizzata a mettere in moto quella diplomazia dal basso che rappresenta un mattone fondamentale negli equilibri tra i popoli e nella costruzione di un mondo di pace.
Una frase scritta in Oriente nel 600 a.C. recita:
Se progetti per un anno, semina grano.
Se progetti per 10 anni, pianta degli alberi.
Se progetti per la vita, forma ed educa dei giovani.
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Gli studenti coinvolti nel progetto hanno realizzato un cd-rom che racconta questa indimenticabile esperienza di educazione alla Pace, presentandone in forma multimediale l'articolazione, la scansione e gli obiettivi. Tale ipertesto, che raccoglie anche una selezione delle mail scambiate durante il forum telematico fra gli studenti italiani, israeliani e palestinesi e alcune delle foto scattate durante la settimana di incontro a Roma, è visualizzabile sul sito del Liceo Augusto: cliccate qui per far partire l'animazione in Flash!
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Tutta l'esperienza del progetto è stata poi raccolta e raccontata in un libro ("Il dialogo della speranza / La speranza del dialogo" di Isabella Marinaro, ed. com nuovi tempi - pp. 127, 13 euro), pubblicato a giugno 2004. Il testo, fra le altre cose, raccoglie una selezione significativa delle mail che gli studenti si sono scambiati durante l'inizio della guerra in Iraq, alcune delle foto scattate dai ragazzi durante la settimana di ospitalità e fornisce materiale di riflessione per tutte le persone sensibili al dramma del conflitto tra israeliani e palestinesi e che vogliano abbattere pericolosi stereotipi antisemiti e islamofobici. Clicca qui per leggere altri dettagli sul libro e informazioni su come ordinarlo.
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Il progetto "Il dialogo della speranza, la speranza del dialogo" è stato raccontato anche su "Il mondodomani", bimestrale del Comitato Italiano per l'UNICEF, che dopo aver recensito nel n°3/2004 il libro pubblicato a conclusione del progetto, ha poi intervistato nel n°6/2004 alcuni degli studenti coinvolti, facendosi raccontare la traccia profonda lasciata nei ragazzi da quell'esperienza di incontro e di confronto con i loro coetanei israeliani e palestinesi, scoprendo quanto occasioni di questo tipo possano essere importanti per formare giovani capaci di pensare senza pregiudizi e barriere ideologiche, pronti quindi a tendersi la mano per costruire un mondo che superi qualunque integralismo (l'intervista è riportata anche più sotto in questa pagina).
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Da "Il Messaggero" di mercoledì 19 febbraio 2003
Israeliani e palestinesi parlano di pace. Al liceo.
Serie d'incontri nella palestra del classico Augusto e forum telematico, in inglese, con i coetanei.
di Raffaella Troili
"Voglio vivere in un mondo con la pace". L'ha scritto una ragazza chattando con uno studente romano. Non ha detto altro, non era importante da che parte stesse, la sua era una dichiarazione d'intenti. Mentre in Italia e nel mondo si parla di guerra, studenti romani del liceo Augusto e coetanei israeliani e palestinesi, in un Forum telematico si raccontano i loro sogni. "In inglese, parlano di guerra, ma anche di vita quotiana. E crollano le barriere..." spiega la professoressa d'inglese, Isabella Marinaro. E' lei che ha avuto l'idea di avviare fin da novembre una serie d'incontri durante l'orario di lezione, sotto la voce "Pace", nella palestra dell'Augusto, liceo classico dell'Appio Latino.
"Ad aprile in cattedra saliranno studenti israeliani, arabo israeliani e palestinesi. Sempre se non scoppia la guerra, perché se vengono interrotti i collegamenti aerei si blocca tutto...". I 28 ragazzi per una settimana saranno ospitati dalle famiglie di alcuni studenti: spiegheranno cosa vuol dire studiare assediati dal terrorismo o dai tank, cosa significa crescere sognando la pace. Il progetto dell'istituto di via Gela è completamente autogestito ("tant'è che cerchiamo sponsor"): ogni mese per 2 ore e anche più, 220 studenti delle 12 classi di liceo si riuniscono nella nuova palestra per ascoltare come si deve e si può costruire la pace. Sono intervenuti, a titolo gratuito, giornalisti, parlamentari, sindacalisti, rappresentanti delle associazioni Italia-Israele e Italia-Palestina, Franco La Torre, dell'ufficio per la Pace a Gerusalemme del Comune.
Si è parlato della costruzione dello Stato di Israele e di Ben Gurion, Arafat e Sharon; solo un incontro è saltato (l'ambasciata d'Israele non ha voluto partecipare a un dibattito in presenza della controparte palestinese). Il 31 marzo, si terrà una tavola rotonda con parlamentari ed europarlamentari per capire cosa fanno le istituzioni in favore della pace.
Il corso produrrà un cd-rom e un libro, a disposizione delle scuole interessate all'educazione alla pace.
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Dal n°6/2004 de "Il mondodomani", bimestrale del Comitato Italiano per l'UNICEF:
Il dialogo della speranza, la speranza del dialogo
Un progetto di studio e scambio tra studenti italiani, israeliani e palestinesi, realizzato presso il liceo ginnasio Augusto di Roma, ha dato vita a un libro che parla di pace
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Eleonora Riccioni, Luca Bisante, Silvia Fratini, Marta Michelini sono alcuni dei ragazzi del liceo ginnasio Augusto di Roma che, due anni fa, su un progetto della loro professoressa di inglese Isabella Marinaro, hanno ospitato per una settimana ragazzi israeliani e palestinesi. Da questa esperienza, arricchita da un vasto scambio di e-mail, è nato il libro "Il dialogo della speranza, la speranza del dialogo". I ragazzi intervistati, ora studenti universitari, ricordano con emozione quel progetto e in particolar modo quella settimana, affermando con convinzione che è proprio con queste iniziative che si può creare una coscienza che possa portare con il tempo alla fine della guerra.
D.: Avete notato molta differenza tra i ragazzi italiani della vostra età e i ragazzi israeliani e palestinesi?
R.: «Una differenza, per esempio, può essere che noi la sera possiamo uscire tranquillamente e andare per locali, mentre loro sono spaventati dal fatto che potrebbero esserci attentati. Però con il ragazzo che ho ospitato a casa mia - dice Eleonora - mi sono trovata benissimo, ascoltavamo la stessa musica e avevamo gli stessi interessi, non mi sarai mai aspettata di incontrare una persona tanto simile a me». La differenza è quindi solo dal punto di vista quotidiano, che è condizionato dalle paure della realtà in cui vivono, dalla diffidenza verso tutti, compresi i loro coetanei.
Anche per Luca c'è stata la condivisione degli stessi gusti musicali, spesso di idee: «più tardi, dopo esserci conosciuti a Roma, scrivendoci per e-mail, abbiamo capito di somigliarci più di quello che potevamo pensare». Aggiunge Marta che in linea di massima differenze non ce n'erano: «eravamo tutti ragazzi di 17, 18 anni, con una gran voglia di stare tranquilli e sereni per una settimana. Eravamo molto più simili di quanto pensavamo inizialmente. Io ospitavo un ragazzo musulmano. Il pensare che non mangiava un certo tipo di carne, e tutta una serie di problemi che la mia famiglia si era posta, si sono poi rivelati molto più semplici da affrontare di quanto si pensasse».
D.: Avevate dei pregiudizi prima di incontrarli?
R.: Interviene Silvia: «Tutti siamo concordi nel dire che non avevamo pregiudizi, sapevamo di trovare persone che non avevano una situazione facile, e c'era la coscienza di incontrare ragazzi che vivevano in una situazione di costante paura. C'era invece una grande curiosità, una gran voglia di vedere delle persone provenienti da una realtà così diversa».
«Forse più che pregiudizio - continua Luca - direi un po' di cautela su certi argomenti. Tutta la settimana che sono stati qui abbiamo solo scherzato, non abbiamo mai affrontato argomenti seri, solo dopo, per e-mail, mi sono accorto che non c'erano grossi problemi e che si potevano affrontare anche discorsi sulla loro condizione. Alcune difficoltà sono nate soprattutto nell'affrontare discorsi di tipo religioso. Quando, insieme a loro, visitando la Cappella Sistina, i ragazzi ospiti trovavano difficile capire Dio che crea Adamo o la crocifissione di Gesù».
Prosegue Eleonora: «Forse avevamo paura di trovare degli integralisti, qualcuno che non fosse disposto a discutere la propria idea. Tra di loro poi c'erano atteggiamenti diversi, per esempio un ragazzo che non voleva fare il militare, quindi con il rischio di andare in prigione, e dall'altra parte una ragazza che non vedeva l'ora di partire per far parte dell'esercito».
D.: Che tipo di relazioni c'erano tra loro?
R.: «Inizialmente molto diffidenti, ci sono stati anche dei piccoli screzi. Incomprensioni, come è normale in un gruppo di 50 persone, ma che con il tempo si sono risolte», afferma Marta.
Racconta Eleonora: «C'è stata una giornata in cui siamo stati molto uniti, era la giornata celebrativa della shoah, dove noi ragazzi dell'Augusto abbiamo avuto la possibilità di partecipare come uditori, con l'aiuto di un traduttore. È stata un'esperienza molto bella, c'erano israeliani, palestinesi, arabi, cattolici, ebrei e ognuno esponeva la sua... C'era una domanda che ricorreva spesso: che cosa ti porteresti se la tua casa stesse andando a fuoco? E tutti questi ragazzi discutevano su cosa si sarebbero portati via: diari, fotografie, lettere... è stato bello vedere che sceglievano le stesse cose che avremmo scelto noi».
D.: C'è, per voi, un modo per porre fine alla guerra israelo-palestinese?
R.: Risponde Silvia: «Un modo è appunto quello sperimentato da questo progetto, fargli conoscere una realtà esterna, diversa dalla loro, come hanno fatto questi ragazzi venendo in Italia a incontrare altri ragazzi ...e quindi, salire su un autobus senza avere il timore che questo scoppi, senza dover temere in metropolitana un attacco di virus o altro, ti aiuta a renderti conto che la realtà a cui sei abituata sia in realtà fuori dal mondo. Se non fosse stata un'iniziativa valida non staremmo ancora a parlarne dopo due anni, e se ne parliamo ancora così entusiasticamente dopo tutto questo tempo significa che per noi ha lasciato un segno. Sono sicura che per loro ha avuto più effetto ed è stata più entusiasmante perché li sento ancora e hanno ancora un ricordo molto vivo. E improvvisamente anche l'inglese è diventata la nostra lingua, per magia, tornavo a casa e mi veniva di parlare in inglese con mia madre perché non pensavo più in italiano, pensavo in inglese».
I ragazzi sono concordi nel dire di aver trovato tanti nuovi amici. Così i ricordi di Eleonora, Marta, Silvia e Luca si accavallano e, con emozione non velata, dicono che in quella settimana hanno stretto rapporti molto forti, più di quanto si potessero stringere in mesi o in anni di conoscenza. Ricordano di essere stati molto male dopo la loro partenza e che piangevano tutti. I saluti infatti sono stati la parte più dolorosa, perché sapevano di salutare persone che probabilmente non avrebbero mai più rivisto: «...anche con l'angoscia di sapere che può succedergli qualcosa, che tu li chiami e che sono rimasti vittime di un attentato».
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(dal blog "Italians" di Beppe Severgnini)
aprile 2003
Israele-Palestina: la pace vera è nelle mani dei giovani
Ciao Beppe,
sono una studentessa del Liceo Classico Statale "Augusto" di Roma (tanto per fare un po' di pubblicità) e frequento il quarto anno. Vorrei parlarti di un progetto portato avanti dalla mia scuola, che mi sta molto a cuore e che credo sia un segnale positivo in un periodo in cui la guerra, ormai fortunatamente agli sgoccioli, è il tema del giorno. Si tratta di un gemellaggio con una scuola di Tel Aviv frequentata da ragazzi palestinesi ed ebrei, insieme con il mio istituto. Il progetto, che ha incontrato non pochi ostacoli soprattutto finanziariamente, ha finalmente ottenuto l'avallo ed il patrocinio del Comune di Roma, e tra meno di 2 settimane, 27 ragazzi israeliani e palestinesi arriveranno qui a Roma, ospiti di alcuni di noi. L'ambizioso disegno, che ha il fine primo di riuscire ad avvicinare culture, religioni e pensieri diversi e troppo spesso in contrasto, è stato simbolicamente chiamato "Il dialogo della speranza, la speranza del dialogo". Personalmente ci tengo veramente molto, e sono fiera di prendervi parte, e questa volta attivamente.
Credo che in questo particolare momento storico che stiamo vivendo, e con la drammatica situazione del Medio Oriente, almeno questo rappresenti un gesto di pace concreto, che va al di là delle tante, troppe parole a cui in questi giorni si è dato fiato. D'altra parte non mi illudo che quello che stiamo portando avanti modifichi la situazione, ma che almeno sia un segnale di aiuto e di impegno che dimostri a questi popoli come non siamo indifferenti di fronte al dramma che vivono. Il fatto, poi, che coinvolga noi giovani è importante perché è un progetto rivolto ai "futuri costruttori", di pace, questa volta. Temo di essermi dilungata troppo, ma l'entusiasmo è tanto; più che altro spero vivamente di aver suscitato almeno un po' del tuo interesse.
Emanuela Mei
Ottima iniziativa, Emanuela. Ce ne vorrebbero migliaia, come la vostra. Credo infatti che il dolore e il sangue rendano impossibile una vera riconciliazione tra adulti israeliani e adulti palestinesi.
Solo persone con occhi lunghi e grande cuore - gente come Amos Oz - possono infatti scegliere di mettersi dietro le spalle le cose orrende che sono accadute in questi anni: le prepotenze (insediamenti israeliani), le falsità (libri di testo palestinesi), le occasioni perdute (Rabin, Barak), fino all'orrore puro dei kamikaze: una scelta sconvolgente che, secondo me, ha allontanato la soluzione, invece d'avvicinarla.
Certo, un accordo di compromesso è necessario, e speriamo arrivi presto, ora che gli americani, ringalluzziti dall'Iraq, hanno deciso di mettersi di buzzo buono. Ma per arrivare alla vera riconciliazione penso occorrano vent'anni, e sia necessario ripartire dalle nuove generazioni. E' quello che voi state facendo, Emanuela. Questi scambi e queste esperienze aprono infatti la mente dei ragazzi (di tutti i ragazzi, di qualsiasi nazionalità): nessuno ritorna indenne da un'esperienza così. Bravi, dunque. Tutte le scuole della UE dovrebbero imitarvi. Per l'Europa, è un modo di contribuire a un futuro pacifico per il Vicino Oriente. Uno dei pochi a disposizione.
b.s.
giugno 2004
Il dialogo della speranza, la speranza del dialogo
Ciao Beppe,
circa un anno fa ti ho inviato una lettera che tu gentilmente hai pubblicato sul sito di "Italians", in cui ti parlavo in toni entusiasti del progetto portato avanti dal mio liceo, non senza difficoltà, di ospitare per una settimana a Roma, nelle nostre famiglie, 23 ragazzi israeliani e palestinesi. Incredula, ho ricevuto e-mail di sinceri complimenti e incoraggiamenti, provenienti dall'Italia, dagli Stati Uniti e perfino dal Kazakistan, testimonianza reale di come il problema drammatico del conflitto israelo-palestinese tocchi tutti da vicino. Questa mattina, a distanza di un anno, nella palestra del liceo Augusto c'è stata la presentazione ufficiale del libro che raccoglie le testimonianze più significative di questa eccezionale avventura resa possibile dall'incredibile tenacia della prof.ssa Isabella Marinaro che ha fortemente creduto in questo progetto portandolo avanti con successo, nonostante le numerose difficoltà organizzative ed economiche incontrate. Il sostegno del ministero degli Esteri, dell'Alitalia, dell'Anas e il patrocinio del Comune di Roma e dell'Ufficio per la pace a Gerusalemme, si è rivelato di fondamentale importanza sia per la realizzazione effettiva dell'iniziativa che per la stampa del libro stesso.
Il nostro desiderio è quello di poter avvicinare quante più persone possibili a quella che speriamo non rimanga un'esperienza unica e di incoraggiare e di poter essere un punto di riferimento per chi volesse scoprire un mondo non così lontano e diverso dal nostro. Avevo quindi il piacere, Beppe, approfittando della tua disponibilità, di incentivare la vendita di questo volume che per il momento si può acquistare solo presso la libreria Valdese di piazza Cavour a Roma con un contributo di 13 euro (edizioni Nuovi Tempi) sperando che in questo modo possa poi godere di un mercato più ampio. «Il dialogo della speranza, la speranza del dialogo» presenta al suo interno una prefazione di Walter Veltroni, sindaco di Roma, delucidazioni sull'ambizioso progetto e sulla sua realizzazione, le voci di noi ragazzi (e-mail e articoli sul giornalino della scuola) e infine le foto più belle del soggiorno romano dei nostri amici e cartine geopolitiche dei territori coinvolti.
Un ringraziamento speciale va a te, Beppe, che hai contribuito a diffondere questo messaggio di speranza, veramente importante in questo momento. Un caro saluto,
Emanuela Mei
Ecco qui: quando vengo a Roma ne compro una copia anch'io.
b.s.
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