UN PO' DI LUCE PER NICOLA
(da "il manifesto" del 12 marzo 2005)
Le uniche luci che per ora si sono accese sull'omicidio di Nicola Calipari, avvenuto a Baghdad venerdì scorso, sono quelle che hanno illuminato ieri sera la piazza del Campidoglio a Roma. Dentro il palazzo la commemorazione ufficiale, fuori tante fiaccole portate da uno strano mix composto da colleghi di Nicola ed esponenti dei movimenti contro la guerra. Nell'aula del consiglio comunale hanno preso la parola il sindaco Walter Veltroni, il sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta, il direttore del Sismi Niccolò Pollari, il segretario generale del Cesis Emilio Del Mese e tre colleghi dell'agente del Sismi caduto dopo aver liberato la nostra Giuliana Sgrena. Parole commosse e affettuose, ma anche rigorose, come quelle di Pollari che ha rivendicato il rigore professionale del suo agente. Nel frattempo arriva qualche luce dall'indagine della magistratura romana: era previsto un preciso «dispositivo» per facilitare l'ingresso dell'auto di Calipari all'aeroporto di Baghdad. Se i militari hanno sparato non è certo perché i comandi Usa non sapevano.

«NICOLA HA VINTO»
Il saluto in Campidoglio con parole e fiaccole. Gli interventi di Veltroni, Letta, Del Mese, dei colleghi. Il capo del Sismi Pollari racconta il lavoro difficile degli 007 in Iraq, un paese in cui neppure le zone verdi sono tranquille. In piazza pacifisti e poliziotti.
di Loris Campetti (da "il manifesto" del 12 marzo 2005)
«Una vita spendibile, una vita spesa per salvare Giuliana due volte. Un uomo buono e generoso. Ecco Nicola Calipari, per come lo ricordano i suoi amici, i colleghi di lavoro. Ma è anche così che lo immagina chi l'ha conosciuto soltanto attraverso quel gesto, spontaneo e professionale, di salvare l'ostaggio liberato. Nella sala del consiglio comunale la seduta straordinaria per ricordare il dirigente del Sismi ucciso dai militari americani a Baghdad ha detto molte cose giuste, persino utili a un cronista interessato a capire qualcosa di quel che è successo la sera di venerdì scorso a settecento metri dall'aeroporto della capitale dell'Iraq. Utili a un cronista interessato a schivare le parole provenienti dal «clamore esterno», per riportare un termine usato dal capo del servizio Nicolò Pollari. Anche la piazza del Campidoglio illuminata dalle fiaccole aveva alcune, importanti cose da dire a chi avesse voglia di coglierle. Una piazza non stracolma, attenta, commossa. Una piazza mista, per metà occupata da poliziotti e per metà da volti conosciuti in tante manifestazioni per la pace. Due metà incrociate, mescolate, non separate. Un primo, timido tentativo di guardarsi e capirsi tra diversi che in alcune circostanze si sono vissuti come nemici. Qualcuno mi suggerisce in piazza quel che in molti hanno pensato: che sia un primo, leggero tentativo di cominciare a ricucire lo strappo di Genova?
Il sindaco Walter Veltroni ha citato parole di «un eroe borghese», Giorgio Ambrosoli per raccontare Calipari che gli spiegava come i servizi segreti che abbiamo conosciuto in passato, quelli delle stragi e delle opacità, sono una storia passata, «un'altra storia». Il sottosegretario Gianni Letta ha ripetuto il suo caldo saluto al funerale di Nicola, il segretario generale del Cesis, Emilio Del Mese, ha parlato soprattutto alla famiglia Calipari, alla moglie Rosa e alla madre Rachele presenti in Campidoglio insieme a Silvia, la figlia del dirigente ucciso. Ma sono le parole del responsabile del Sismi, Nicolò Pollari, il momento forse più importante della cerimonia. Parlando del suo vice Nicola, l'«antitesi dell'indecoroso modo di dire "armiamoci e partite"», Pollari dice di parlare degli uomini del suo servizio che oggi vivono con «la sindrome dei sopravvissuti perché Nicola aveva rifiutato che andassero al suo posto» a liberare Giuliana. E spiega: «Cos'è uno 007 che opera in Iraq? E' un uomo solo che non può contare su nessuno e su nessun sostegno, su nessun dispositivo». Dice che lì si è obbligati a interagire con quel paese, con quelle persone, con chi ha rapito Giuliana Sgrena. Con soggetti pericolosi e si muove nelle "zone verdi" e zone che tanto verdi non sono. E le "zone verdi", come racconta la cronaca, tanto verdi non sono». Un paese dove non c'è la guerra? Un paese che si sta pacificando? E ancora: l'ideologia della fermezza vale più della vita delle persone?
Pollari è andato oltre e ha raccontato la terzultima telefonata di Nicola da Baghdad, in cui diceva «va tutto bene, sto lavorando, datemi qualche ora di silenzio. Staccherò i telefoni, devo farlo». «Devo farlo», ribadisce Pollari. Per liberare Giuliana dai suoi rapitori in un territorio sotto il controllo degli americani, Nicola ha dovuto staccare il telefono. Lo ascolta con dolore e affetto Rosa Calipari, ogni tanto coprendosi il volto, ogni tanto facendo un gesto d'affetto nei confronti della figlia Silvia o dei colleghi del marito che, commossi, hanno terminato la loro testimonianza ed è come se si aspettassero una carezza da Rosa. Anche le autorità che intervengono avranno da Rosa una carezza. Rosa è una donna straordinaria, dicono in molti, che vale per quel che è e non per essere la moglie di. Anzi, se Nicola era quel che era lo si deve anche al fatto di avere avuto vicine due donne speciali, Rosa e la mamma Rachele, quasi pentita di aver insegnato al figlio «a essere generoso».
Pollari ha ricordato anche gli incontri ristretti con Nicola, Gianni Letta, Emilio Del Mese, Pier Scolari, Gabriele Polo e Valentino Parlato in cui Nicola ribadiva di «non dar peso alle parole che venivano dal clamore esterno. L'unica cosa, l'unico impegno era salvare una vita umana, a qualunque costo, a qualunque prezzo». Forse era un messaggio anche a noi, oggi che c'è chi fomenta l'odio e fa volare gli stracci, a non dar peso al «clamore esterno». Pollari conclude: «Nicola ha raggiunto il suo scopo. Nicola ha vinto».
Sono parole che rimbalzano fuori dall'aula del consiglio comunale e raggiungono piazza del Campidoglio, dove persone diverse si guardano, e non in cagnesco.
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