Letter to President Bush
October 13, 2001
His Excellency Mr. George W. Bush
President
United States of America
Dear Mr. President,
Citizens of Hiroshima watched the most inhumane and tragic terrorist attacks in New York and Washington, D.C. in disbelief and shock. Having learned the extent of loss and depth of suffering in the United States, we know no appropriate words to express the feelings of sadness and sympathy that engulf Hiroshima. Nevertheless, we would like to offer words of condolence, however inadequate, to the families, friends and colleagues of the victims of this tragedy, to you and to all American people.
We would also like to commend the selfless devotion exhibited by citizens and rescue workers in New York and Washington, as well as those who struggled heroically to thwart the terrorists' intentions on the hijacked flights.
However, our feelings run deeper. Most of us in Hiroshima share the feeling that it was not only the United States or the two cities but democracy itself that was attacked. To put it simply, we feel that we have also been targeted, and we will do everything we can to help restore democratic practices and procedures. We offer our help in reconstructing not only the damaged cities but also the sense of wholeness and hope of all American people. We stand with you in our mutual efforts to identify the perpetrators, capture them and bring them to justice, and will work with you to prevent future terrorist attacks.
For this purpose it is necessary for all of us to realize that these attacks ---- let me emphasize once again that they were despicable and the worst form of terrorism ---- are the most recent additions to the long chain of "retaliations" motivated by hatred and violence that has persisted in the world for centuries. It is imperative that we break the vicious cycle of hatred and violence somewhere, somehow. And the time is now.
In last year's Peace Declaration I appealed to the rest of the world as follows:
"(...) we will continue to call on individuals everywhere (...) to do everything in their power to break the chain of hatred and violence, to set out bravely on the road to reconciliation (...)"
In this year's Peace Declaration again I emphasized the same point:
"Humanity (...) means valuing reconciliation in creating the human family's common future. It means rejecting violence and reaching peaceful agreements through the power of reason and conscience."
We do understand and share your sorrow, anger, frustration and even despair in witnessing loved ones perish in such a tragedy and in not being able to prevent such tragedies from happening. We do understand the gut feeling of many who wish more than anything else to strike back.
We understand because, having experienced a similar tragedy fifty-six years ago, we cannot separate the attacks this year from what happened to us. I am not referring to this historic fact to revive that period of hatred and violence. All I seek here is to explain the human frame of reference by which we understand your tragedy.
Many hibakusha (Japanese word for survivors of the Atomic bombings) have successfully severed the chain of hatred and violence and have been working with people all over the world, including many American citizens, to abolish nuclear weapons and create true world peace.
We fully expect the American people to rise above this ordeal to become a beacon of hope for the new century. Instead of resorting to direct military force, let us be guided by the words of the great sages of human history. Let us try all other possibilities. It is not too late. Let us, for example, mobilize a mechanism similar to the International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia. Citizens of Hiroshima will do everything we can to make sure that justice is served through such a process. Furthermore, if, by UN resolution, an international criminal tribunal be established in Hiroshima, we are prepared to cooperate fully and enthusiastically.
Again we would like to offer our deepest condolences to those whose lives were lost in these atrocious attacks and hope that those injured physically and emotionally will recover soon.
Sincerely yours,
Tadatoshi Akiba
Mayor
The City of Hiroshima
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Lettera al Presidente Bush
13 ottobre 2001
A Sua Eccellenza George W. Bush
Presidente degli Stati Uniti d'America
Egregio Signor Presidente,
I cittadini di Hiroshima hanno assistito agli attacchi terroristici assolutamente inumani e tragici di New York e di Washington DC con incredulità e shock. Innanzi all'enorme quantità di perdite umane e di profondo dolore di tutti gli Stati Uniti, non riusciamo a trovare le parole adatte per esprimere il nostro sentimento di tristezza e partecipazione in cui Hiroshima è sprofondata. Nonostante ciò, desideriamo ugualmente esprimere parole di cordoglio, sebbene sappiamo che risulteranno inadeguate, alle famiglie, agli amici e ai colleghi delle vittime di questa tragedia, a Lei e a tutto il popolo statunitense.
Vorremmo anche esprimere parole di commozione per la devozione altruistica mostrata dai cittadini e dai soccorritori a New York e Washington, così come da coloro che hanno lottato strenuamente per impedire di portare a termine quei voli dirottati.
Tuttavia i nostri sentimenti vanno oltre. La maggior parte di noi ad Hiroshima crede che sia stata attaccata la stessa democrazia, non solo gli Stati Uniti, o le due città coinvolte. Per dirla in breve, ci sentiamo anche noi degli obiettivi a ci adopereremo in ogni modo per contribuire a ripristinare le consuetudini e la vita democratica. Ci offriamo in aiuto per la ricostruzione non solo delle due città danneggiate, ma anche del senso di interezza e di speranza della gente negli USA. Siamo al vostro fianco nello sforzo condiviso per identificare gli organizzatori, catturarli e consegnarli alla giustizia e lavoreremo con voi per prevenire futuri attacchi terroristici.
Per questo scopo è necessario per tutti noi comprendere che questi attacchi - lasciatemi evidenziare una volta ancora che si è trattato delle più deplorevoli forme di terrorismo - sono l'ennesimo anello di "ritorsioni" motivate dall'odio e dalla violenza che hanno imperato nel mondo per secoli. E' un fatto imprescindibile che dobbiamo spezzare il ciclo vizioso dell'odio e della violenza partendo da qualsiasi punto e in qualsiasi modo. E dobbiamo farlo ora.
Nella Dichiarazione di Pace dello scorso anno mi sono rivolto al mondo con queste parole:
"(...) Continueremo ad appellarci agli individui ovunque (...) affinché facciano tutto quanto sia nelle loro possibilità per spezzare la catena dell'odio e della violenza, per intraprendere coraggiosamente la strada della riconciliazione (...)"
Nella Dichiarazione di Pace di quest'anno ho insistito sullo stesso concetto:
"Umanità (...) significa dare valore alla riconciliazione nella creazione di un futuro comune della famiglia umana. Significa, inoltre, il rifiuto della violenza e il raggiungimento di accordi pacifici attraverso l'uso della ragione e della coscienza."
Comprendiamo e condividiamo il vostro dolore, la vostra rabbia, la vostra frustrazione nonché la disperazione nell'assistere alla perdita di persone care in questa tragedia e nel non essere stati in grado di prevenirla. Comprendiamo il sentimento viscerale di quanti non desiderino altro che vendicarsi.
Lo comprendiamo perché, avendo fatto l'esperienza di una simile tragedia 56 anni fa, non riusciamo a non vedere negli attacchi di quest'anno quanto accaduto a noi. Non sto facendo riferimento a questo fatto storico per far rivivere quel periodo di odio e violenza. Quello che cerco di dire è spiegare la cornice umana di riferimento grazie alla quale comprendiamo la vostra tragedia.
Molti hibakusha (parola giapponese per definire i sopravvissuti delle bombe atomiche) sono riusciti a troncare la catena di odio e di violenza e hanno lavorato incessantemente con persone di tutto il mondo, compresi molti cittadini statunitensi, per abolire le armi nucleari e creare un vero mondo di pace.
Ci aspettiamo che il popolo statunitense si risollevi da questa durissima prova per divenire un faro di speranza per il nuovo secolo. Invece di confidare unicamente nell'intervento militare diretto, facciamoci guidare dalle parole dei grandi saggi della storia umana. Tentiamo tutte le altre possibilità. Non è troppo tardi. Mobilitiamo, per esempio, un meccanismo simile al Tribunale Criminale Internazionale dell'ex-Yugoslavia. I cittadini di Hiroshima si adopereranno in ogni modo possibile per assicurare che sia resa grazie attraverso una simile istituzione. Inoltre, se, per mezzo di una risoluzione ONU, questo tribunale criminale militare verrà stabilito ad Hiroshima, siamo pronti a collaborare pienamente e con entusiasmo.
Ancora una volta desideriamo esprimere il nostro più profondo dolore per coloro le cui vite sono state distrutte in questi atroci attacchi e la nostra speranza di pronta guarigione a coloro che sono stati feriti fisicamente e psicologicamente.
Sinceramente
Tadatoshi Akiba
Sindaco di Hiroshima
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