Da "Il Messaggero" dell'11 marzo 2002
Montella nella leggenda.
Una Roma strepitosa raggiunge l’Inter al comando dopo avere schiacciato la Lazio. Da fantascienza il centravanti: quattro gol nel derby, nessuno c’era mai riuscito. E Totti dipinge la cinquina giallorossa. Nesta, stravolto, non torna in campo nel secondo tempo.
di ROBERTO RENGA
ROMA - Cose dell’altro mondo, quello in cui si realizzano i sogni. In questo caso i sogni dei tifosi romanisti e di un centravanti piccolo e furbo e bravo come pochi, che si chiama Montella e ama andare in aeroplanino. Vincenzino fa quattro gol, due di testa e due di sinistro e non era mai successo in un derby e sì che se ne sono giocati tanti. Il quinto gol della trionfale serata dei campioni d’Italia è di Totti e forse è il più bello: indimenticabile pallonetto per il 5-1 finale.
Rileggiamo la partita dall’inizio, perché resti in testa a tutti, vincitori e vinti. Gioca Montella e raramente una scelta fu più felice. Batistuta è a casa, immerso in un giallo. Sta male? Si è arrabbiato? Si riposa in attesa del Galatasaray, diciamo e non se ne parli più. Per la Roma non è serata da polemiche: deve solo approfittare del pareggio consumato sabato sera a Milano da Inter e Juventus. Zaccheroni ha poi messo in piedi sul serio la difesa a tre, che si rivela però spesso e malvolentieri a cinque. Mihajlovic fa il libero, Nesta gioca a destra e Couto a sinistra. Alla destra di Nesta, Baggio, che viene preso d’infilata da Delvecchio e Candela.
Capello chiama Totti e gli dice di mettersi accanto ai due compari e la Roma gioca così solo sulla sinistra. Ma non gioca: vola, si accende, non trova ostacoli, dilaga. Zaccheroni sposta Stankovic e lo piazza su Candela. La Roma allora riscopre Cafu e si sposta a destra. Ha molte frecce e le tira come e dove vuole. Non c’è partita, già dai primi minuti. La Roma ha carattere, è forte e sa di esserlo, vuole solo chiudere subito la serata, prima possibile. La Lazio trema, ha le gambe molli, non sa che cosa fare e come fermare la valanga romanista.
Nesta è stordito e in una serata che non s’era mai vista. Zaccheroni, privo di tutti, non aveva alternative, ma si sapeva che con la difesa a tre ci avrebbe rimesso soprattutto il capitano. Che a zona e a quattro si trova benissimo, in marcatura si perde. E gli succede spesso di uscire dal guscio, di spostarsi e di trovare sulla sua strada avversari lanciatissimi. Già al nono minuto Rosetti potrebbe fischiare un rigore a favore della Roma: è proprio Nesta a trattenere Delvecchio e l’abbraccio è focoso e tenero insieme. Un minuto ed Emerson colpisce al volo di destro: la palla se ne va di poco a lato.
Al dodicesimo il primo gol. Ed è uno splendore. Totti di tacco su Candela. La palla passa tra Fiore e Stankovic e Candela si ritrova solo. Colpisce, come solo lui e pochi altri sanno fare: con l’esterno destro. Ne vien fuori un pallone perfetto per Montella, che è piccolo però di testa segna come un gigante. Montella va incontro alla palla, anticipa Nesta (notte di streghe) e centra l’angolo alla sinistra di Peruzzi. Giusto e inevitabile, diremmo. Al 24’ Cafu è solo e crossa male. Tre minuti dopo per la prima volta si vede la Lazio: punizione, Pancaro devia con la schiena, palla fuori. Ma non si fa sul serio. Al ventisette Totti esagera e realizza ciò che di solito si prova in allenamento quando di fronte ci sono gli esordienti (non gli allievi, con loro già non si può): saltra tre laziali, prende la mira, colpisce di destro. Peruzzi respinge a terra, la palla rimbalza davanti a Nesta, che la copre pensando di essere solo. Arriva non si sa da dove Vincenzino Montella, che infila il sinistro, allunga la gamba come neppure Turamolla sapeva fare, tocca e mette dentro, con Peruzzi e Nesta che si guardano e non capiscono.
Al minuto trentasei viene abbattuto Cafu. Punizione da destra. Capello, che certe cose deve sentirle, chiama Totti e gli dice: batti tu. Totti batte e indovinate chi trova? Trova ancora Montella, il piccolissimo Montella, che arriva un’altra volta in paradiso e anticipa ancora Nesta e segna per la terza volta e per la terza volta sotto la Su-d plana l’aeroplanino preferito dcalla tifoseria romanista. L’ultima tripletta in un derby l’aveva infilata Manfredini nel novembre del 1960. Batistuta da casa avrà saputo e se ne sarà fatto una ragione: questa è la vita, questo è il calcio. Resta il rimpianto per ciò che poteva essere e non è stato, in particolare contro la Juve.
La Lazio risponde finalmente. Punizione di Mihajlovic e palla nell’angolo alto e sembra gol. Antonioli ci arriva. Siamo al secondo tempo ed entra una Lazio senza Nesta e Dino Baggio. Al loro posto Gottardi e Poborski. E’ all’improvviso un’altra partita: la Lazio trova nell’orgoglio forze che non sapeva di avere. E Stankovic colpisce direttamente da Marte trovando l’angolo con un destro micidiale. La Lazio preme, sembra crederci, la Roma sbanda. Capello non ci pensa neppure e toglie Delvecchio per inserire Tommasi: anticipa la pioggia. Ma Montella dov’è? Al 18’ si trova al limite dell’area e dunque in posizione per lui buona: tira alla Stankovic e fa quattro e il record e passa alla storia del calcio e del derby. E Totti dov’è? Al 26’ si trova dove si trovava Montella prima e lascia partire il più velenoso dei pallonetti. La sfera bacia la traversa e finisce dentro. "6 unica", si legge sulla sua maglietta bianca.